Dopo le sanzioni contro i parlamentari europei, Pechino colpisce anche i deputati britannici che difendono la libertà degli uiguri. Arriva la condanna del premier Johnson, che però ora rischia che il suo partito finisca nelle mani dei falchi anticinesi
Nei giorni scorsi il governo cinese aveva risposto alle sanzioni europee per la repressione della minoranza uigura nello Xinjiang in maniera sproporzionata: Bruxelles aveva annunciato restrizioni contro quattro funzionari e un’entità cinese; Pechino ha rilanciato colpendo con dieci parlamentari e quattro entità europei. Ma la mossa europea faceva parte di una strategia occidentale coordinata che ha visto impegnati anche Canada, Regno Unito e Stati Uniti. E così nelle ultime ore il ministero degli Esteri cinese ha annunciato sanzioni contro nove cittadini britannici e quattro organizzazioni. L’accusa è sempre quella: minacciare la sovranità e gli interessi della Cina attraverso “menzogne e disinformazione”.
GLI OBIETTIVI
Nel mirino: cinque membri della Camera dei Comuni (tutti del Partito conservatore: Tom Tugendhat, presidente della commissione Affari esteri, l’ex leader Iain Duncan Smith, Neil O’Brien, Tim Loughton e Nusrat Ghani); due lord (il liberal-democratico David Alton e la laburista Helena Kennedy); l’avvocato Geoffrey Nice; Joanne Nicola Smith Finley, esperta della questione uigura della Newcastle University. Le organizzazioni colpite, invece, sono il China Research Group (gruppo dei conservatori guidato da Tugendhat e O’Brien), la Conservative Party Human Rights Commission, il Tribunale uiguro e lo studio legale Essex Court Chambers. I soggetti e le loro famiglie non potranno entrare in Cina, a Hong Kong e a Macao. Inoltre, loro e le società e istituzioni a essi collegate non potranno fare affari con la Cina.
LE REAZIONI
Per Iain Duncan Smith e Nusrat Ghani è “un medaglia d’onore”. “Il Regno Unito impone sanzioni alle persone che violano i diritti umani dei cittadini cinesi. La Cina impone sanzioni alle persone che difendono i diritti umani dei cittadini cinesi. La differenza è netta”, ha twittato Tom Tugendhat. “Non rimpiango di aver parlato e non mi metteranno a tacere”, ha scritto Joanne Nicola Smith Finley. “Onorata” si è detta la Conservative Party Human Rights Commission.
LE PAROLE DI IDS A FORMICHE.NET
Uno dei sanzionati, l’ex leader tory Iain Duncan Smith, intervistato da Formiche.net a luglio, pochi giorni dopo la decisione del governo britannico di bandire Huawei dalla rete 5G, spiegava: “Questo governo cinese è una minaccia reale e crescente, e dobbiamo affrontarlo sulla base del fatto che non vogliamo diventare prigionieri della loro tecnologia e dei loro prodotti”. E invitava “ogni Paese nel mondo libero” a “condurre un’indagine strategica della sua dipendenza dalla Cina”.
LE DIFFERENZE
Ci sono due differenze tra le sanzioni cinesi contro l’Unione europea e quelle contro il Regno Unito. Nel primo caso, infatti, sono stati colpiti anche un think tank (il tedesco Merics) e un ‘pezzo di potere’ (il Comitato politico e di sicurezza, struttura a supporto dell’Alto rappresentante).
LE CONSEGUENZE
Le sanzioni cinesi giungono a meno di due settimane dalla pubblicazione del documento “Global Britain in a Competitive Age”, la review strategica integrata di sicurezza, difesa, sviluppo e politica estera. Come raccontato su Formiche.net, il documento presentato dal primo ministro Boris Johnson è stato criticato dai falchi anticinesi del Partito conservatore che hanno poco gradito il linguaggio soft su Pechino, specie sei paragonato a quello riservato a Mosca. La Russia viene identificata come il nemico numero uno e definita “il più grave pericolo per la nostra sicurezza”. Con la Cina, vista come “la più grande minaccia statuale” alla sicurezza economica britannica, bisogna invece “impegnarsi” e “rimanere aperti al commercio e agli investimenti”.
IL TWEET DEL PREMIER JOHNSON
“I parlamentari e gli altri cittadini britannici sanzionati dalla Cina oggi stanno svolgendo un ruolo vitale facendo luce sulle gravi violazioni dei diritti umani perpetrate contro i musulmani uiguri. La libertà di denunciare gli abusi è fondamentale e io sono fermamente al loro fianco”. Con questo tweet il primo ministro Johnson è intervenuto in difesa dei sanzionati, tra cui diversi esponenti di spicco del suo partito. A questi Pechino potrebbe aver servito un prezioso assist: dopo gli equilibrismi di Johnson – basti pensare, oltre alla review strategica, alla questione 5G, su cui è stato costretto a un’inversione a U in sei mesi dopo l’iniziale apertura alle compagnie cinesi – ora i falchi anti Cina hanno l’occasione di cambiare la rotta al Partito conservatore portandolo a una completa inversione di marcia rispetto alla cosiddetta “epoca dell’oro” delle relazioni con la Cina, coincisa con il mandato di David Cameron e del suo fidato cancelliere George Osborne. Un po’ come sta accanendo al Parlamento europeo, dove le sanzioni di Pechino offrono un argomento in più ai critici dell’accordo sugli investimenti tra Unione europea e Cina che nei prossimi mesi dovrà essere sottoposto al voto in Aula.