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Garofoli è il nuovo Mr. Spazio. Ecco le sfide, da Bruxelles alla Luna

Da Riccardo Fraccaro a Roberto Garofoli. Come Conte prima di lui, anche Draghi ha affidato al suo sottosegretario la delega per le politiche spaziali e aerospaziali, compresa la guida del Comint, con tanti dossier sulla scrivania. Si va dal Pnrr alla nuova governance europea, fino al rafforzamento dei rapporti con Washington per il programma Artemis

Sarà il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli ad affiancare il premier Mario Draghi nella direzione della politica aerospaziale nazionale. Dopo aver sentito ieri il Cdm, il presidente del Consiglio ha assegnato all’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato la delega per il settore, come previsto dalla legge di riforma della governance spaziale approvata alla fine della scorsa legislatura. Sul tema, Garofoli potrà avvalersi delle competenze di Alessandro Aresu, consigliere del premier con esperienza su politica estera a tutto tondo, compreso lo spazio.

I COMPITI

Riconoscendo la centralità del settore spaziale e aerospaziale per industria e ricerca, la legge 7 del 2018 ne assegna l’alta direzione e il coordinamento al presidente del Consiglio, coinvolgendo in un apposito comitato (il Comint) tutti i ministeri interessati proprio al fine di garantire il maggior ordine nella politica nazionale. Questi ultimi, con la divisione tra Istruzione e Università, e il probabile inserimento della Transizione digitale affidata a Vittorio Colao, potrebbero essere salire a tredici rispetto a quanto previsto dalla normativa.

LA STRUTTURA

Salvo l’eccezione di Paolo Gentiloni nei primi mesi della legge, la delega è sempre stata assegnata: a Giancarlo Giorgetti (oggi titolare del Mise) nel primo governo di Giuseppe Conte; a Riccardo Fraccaro nel secondo. La stessa scelta è nelle disponibilità dei vari componenti del Comint, che possono decidere se tenere la delega o affidarla a un sottosegretario o vice ministro. In ogni caso, su questa materia Draghi e Garofoli dovrebbero essere coadiuvati dal consigliere militare, il cui ufficio a palazzo Chigi è stato individuato da tempo quale struttura di supporto e segreteria al Comint, carica ricoperta fino a qualche settimana fa dall’ammiraglio Carlo Massagli, passato alla vice direzione dell’Aise, l’agenzia per l’intelligenze esterna.

LA PARTITA PNRR

Tra i dossier da gestire c’è il ruolo del settore nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), del quale lo Spazio è capitolo importante. La versione redatta dal governo precedente prevede 900 milioni (per lo più per una nuova costellazione di osservazione della Terra e in un istituto ad essa dedicato), frutto dei lavori coordinati dal Mise. In attesa di capire se il governo Draghi vorrà confermare o modificare tale parte di Pnrr, Garofoli dovrà intanto intanto occuparsi di coordinare tutto il resto. Entro i confini nazionali si attende un’accelerazione del Piano Space economy, nell’alveo delle competenze Mise. Nato da diversi anni, ma proceduto a rilento, potrebbe beneficiare proprio del Next Generation Eu.

TRA ESA…

Ci sono poi i grandi programmi internazionali. Lato europeo, spiccano Copernicus, Galileo, il nuovo progetto GovSatCom per le comunicazioni sicure, nonché la prosecuzione degli impegni sottoscritti alla ministeriale dell’Esa nel 2019 per cui, poche settimane fa, è arrivata l’ufficialità di un secondo volo sulla stazione spaziale per Samantha Cristoforetti (in programma il prossimo anno). A inizio marzo al vertice dell’Esa si è insediato il nuovo direttore generale, l’austriaco Josef Aschbacher. Ha promesso il rapido lancio di un’Agenda 2025, in cui saranno ridefiniti i rapporti con l’Ue, desiderosa di accrescere il proprio ruolo, di dotarsi di una sua agenzia (l’Euspa) e di lasciare all’Esa la parte esecutiva.

… E UNIONE EUROPEA

A Bruxelles il dossier è gestito dal commissario francese Thierry Breton, nelle cui competenze rientrano i fondi per Difesa (7,9 miliardi) e Spazio (14,8 miliardi). Sarà insomma l’Ue ad avere la gestione strategica dello Spazio continentale nei prossimi anni, significando un cambio di peso da attenzionare anche per l’Italia. Se, infatti, nell’Esa vige la regola dell’equo-ritorno (per cui gli investimenti degli Stati membri devono rientrare in forma di contratti industriali), lo stesso non accade per l’Ue. Numeri da guarda con attenzione, tenendo conto che l’Italia ha accresciuto il proprio ruolo in Esa nella ministeriale di Siviglia, portando l’investimento a 2,3 miliardi di euro. Di quella cifra, a dicembre 2020, si registravano già ritorni per 1,3 miliardi in contratti all’industria italiana.

L’ATTENZIONE PER ARTEMIS

Lato americano, l’attenzione è tutta per Artemis, il programma lunare che l’amministrazione di Joe Biden ha già detto di voler sostenere. Bisognerà far fruttare il posizionamento maturato in ambito Esa e nei rapporti bilaterali con gli Usa, considerando che le ambizioni italiane coprono tutte le fasi del progetto, dalla stazione in orbita, ai moduli in superficie, fino alle telecomunicazioni Terra-Luna. Su questo sono già arrivati risultati importanti, da consolidare anche alla luce dell’accresciuto carattere geopolitico della sfida lunare (recente l’intesa tra Russia e Cina per un programma parallelo).

L’ATTESA DEL SETTORE

L’ambizione dello Spazio italiano su tutto questo ha vissuto negli ultimi anni il supporto pressoché trasversale delle forze politiche e dei governi che si sono succeduti, grazie anche alla suddetta legge di riforma introdotta nel 2018. E così, un paio di settimane fa, il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Giorgio Saccoccia spiegava di aspettarsi e auspicare, dall’esecutivo a guida Mario Draghi, “continuità e sostegno alle attività spaziali italiane”. Risultava allora ancora “presto” per capire come il governo avrebbe affrontato il tema (e lo è tuttora), ma il consolidamento euro-atlantico mostrato da Draghi appariva già un segnale. “Mi aspetto – aggiungeva Saccoccia – una continuazione in futuro del forte supporto avuto, sia in Europa, sia nelle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti”.

IL PROFILO

Se ne occuperà dunque Roberto Garofoli, scelto da Draghi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Presidente di sezione del Consiglio di Stato, vanta una lunga carriera accademica e nelle istituzioni. 54 anni, nato a Taranto il 20 aprile 1966, ha ricoperto incarichi istituzionali in ben sei governi. Capo di gabinetto del ministero dell’Economia e delle finanze nel governo Conte I e nel governo Gentiloni, ha avuto lo stesso incarico con il governo Renzi. Con Pier Carlo Padoan alla guida del Mef, Garofoli ha coordinato il tavolo di lavoro congiunto con l’Anac che ha stilato la direttiva anti-corruzione nelle società partecipate del dicastero. È stato inoltre segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri e presidente della Commissione per l’elaborazione di misure di contrasto alla criminalità nel governo Letta.


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