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Una tregua per il Kashmir. La sua durata dipende dallo scontro Usa-Cina 

Di Vas Shenoy

Dopo 18 anni è stato raggiunto un accordo per il cessate il fuoco nel Kashmir. È davvero l’inizio di un percorso verso la pace è o una tregua verso un nuovo e più ampio scontro?

Dopo 18 anni, i direttori generali delle operazioni militari delle forze armate di India e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco nella zona del Kashmir. Questa scelta dopo dieci mesi di scontri, insieme ai continui battibecchi delle truppe di India e Cina nella zona di Ladakh, sconvolge non poco gli analisti, che si interrogano ora sulla fattibilità, sulla durata e sulle ragioni che si celano dietro questa inaspettata mossa pacifica. Mentre alcuni la vedono come parte di una strategia geopolitica più complessa, altri sono certi che siano avvenimenti del tutto scollegati fra loro.

La data dell’effettivo ordine di cessate il fuoco arriva non a caso all’anniversario dell’attacco di Pulwama, in Kashmir, avvenuto il giorno di San Valentino del 2019. Un kamikaze fece esplodere una bomba per uccidere 40 uomini dell’indiana Central Reserve Police Force: attacco rivendicato da Jaish e Mohamed, gruppo terroristico che opera in Pakistan. Questo evento è stato seguito da vari cambiamenti nella politica indiana, molto criticati dal Pakistan, per quanto riguarda la status dello Stato di Jammu e Kashmir. Solo nel 2020, sono state registrate 5.133 violazioni della tregua da parte del Pakistan, contro le 3.097 violazioni indiane.

La dichiarazione congiunta di adesione alla tregua dalle forze armate non può essere stata presa solo dai tecnici, ha un timbro di approvazione che proviene da altissimi livelli politici. Moed Yusuf, il consigliere del premier pachistano Imran Khan, ha dichiarato che questa decisione è frutto di una politica diplomatica parallela che aprirà nuove strade per il futuro di entrambi i Paesi. Ovviamente, questi nuovi sviluppi hanno suscitato un certo interesse a livello internazionale, soprattutto perché si parla del futuro di un terzo della umanità che vive tra India-Cina e Pakistan e di tre potenze nucleari: la più grande democrazia mondiale circondata da una “democrazia” fondamentalista islamica e una dittatura comunista.

Una tregua coordinata tra Pakistan e Cina?

Il conflitto in Kashmir non è solo uno scontro tra India e Pakistan come appare ai nostri occhi. La Cina è un altro attore coinvolto nel teatrino come partner del Pakistan, visto che possiede un pezzo di Aksai Cin di Ladakh e ha diversi investimenti nel corridoio di Gilgit Baltistan. Dal 2019, la pressione cinese su varie frontiere con l’India nella zona di Ladakh può essere il risultato della revoca dell’articolo 370, nonché la riorganizzazione del territorio indiano che è avvenuta ad agosto 2019.

Dall’inizio degli scontri tra India e Cina dieci mesi fa, Nuova Delhi si aspettava un attacco coordinato da Pakistan e Cina, specialmente quando sono emerse prove che le brigate della Repubblica popolare coordinavano i loro attacchi contro gli indiani con l’azione dei gruppi jihadisti sponsorizzati dal Pakistan. La tregua tra India e Cina è sicuramente scomoda, ed esistono tanti punti di frizione tra le due forze armate. Ma in questo momento l’India ha bisogno di tutte le sue risorse per contrastare la Cina, quindi una tregua con il Pakistan è fondamentale. Tuttavia, è molto probabile che il nuovo cessate il fuoco tra India e Pakistan sia collegato con il ritiro delle truppe di India e Cina da Ladakh.

Con il cambio di inquilino alla Casa Bianca, tutti i tre Paesi hanno velocemente dovuto cambiare la loro strategia. Il presidente statunitense Joe Biden si è reso conto che la geopolitica mondiale era molto cambiata negli ultimi quattro anni e la vera minaccia era il Dragone, non tanto la Russia. Nella riunione del 4 febbraio del dipartimento di Stato americano uno dei punti trattati era la necessità di rafforzare i rapporti con le democrazie, che l’amministrazione di Donald Trump aveva lasciato disintegrare. Primo nella lista troviamo Khan e il suo Pakistan che, delusi dalla non curanza di Trump, hanno lasciato morire l’alleanza con gli Stati Uniti puntando tutto sull’asse Cina-Pakistan-Turchia-Iran-Qatar.

Ora Biden ha disperatamente bisogno del Pakistan in ottica Afghanistan e, dall’altra parte, la struttura intelligence-militare pakistana vuole cogliere l’opportunità per risanare le povere casse dello Stato. L’estensione della lista grigia del “Financial Action Task Force” dell’Ocse fino a giugno 2021 continua a rappresentare una – non piccola – difficoltà per il Pakistan, soprattutto se vuole accedere ai finanziamenti del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. In questa situazione, un cessate il fuoco con il più importante alleato americano nel Sud Asia, l’India, sembra essere l’unica soluzione logica. Se anche il premier Imran Khan crede di avere potere, in Pakistan il vero potere rimane nelle mani dell’establishment militare-intelligence, che ora cerca il migliore modo per mantenere il controllo nelle terre afghane. Dunque il prezzo da pagare, una tregua temporanea con l’India, è più che accettabile.

Un nuovo inizio per la pace?

Non molti credono che questa pace durerà a lungo. Infatti, sembra che la Cina stia approfittando di questo momento per prepararsi a lanciare una lunga guerra fredda strategica contro gli Stati Uniti e i suoi alleati, specialmente l’India. Il ritiro delle truppe è senza alcun dubbio una mera mossa strategica, per mettere alla prova le intenzioni del nuovo presidente americano. Dal lato pachistano invece, come sempre, le mosse sono opportunistiche. Prima di valutare il prossimo passo verso l’India, il Pakistan osserverà come sarà gestita la situazione in Afghanistan a maggio e se la Casa Bianca manterrà la promessa di una collaborazione, armi e denari compresi. Ma fino a quel punto, la tregua fa comodo a tutti per ricaricare le batterie e riorganizzare le risorse per gestire situazione Kashmir-Afghanistan.

Anche per l’India questa situazione cade a pennello per ricalibrare le sue difese. I prossimi mesi di primavera saranno importanti per far ritornare la normalità in Kashmir, sotto coprifuoco dalla revocazione dell’articolo 370 della Costituzione indiana. Quindi una pace sulla frontiera, anche se solo per pochi mesi, farà tirare un respiro di sollievo alla popolazione del Kashmir in sofferenza da fin troppo tempo. L’India ha bisogno di tempo per organizzarsi prima dell’inizio di una lunga guerra fredda tra Stati Uniti e Cina, dove essa stessa sarà la protagonista sia che a livello terrestre, sia a livello marittimo. La pace sembra destinata a durare fino a maggio, quando la strategia americana e della Nato in Afghanistan sarà chiara e le elezioni in Nepal saranno terminate.

Finalmente questa tregua ha permesso al Pakistan di accettare l’aiuto dell’India per combattere la pandemia, mentre in passato aveva rifiutato vaccini e diversi aiuti offerti dalla South Asian Association for Regional Cooperation (Saarc), associazione intergovernativa dell’Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Bhutan, India, Nepal, Sri Lanka e Maldive. Durante l’emergenza sanitaria globale, tutti i Paesi della Saarc avevano accettato e aderito ai cinque punti di Narendra Modi basati sulla collaborazione dei paesi del Sud Asia per combattere il Covid-19. Il Kashmir si prepara ad affrontare un autunno e inverno bellicoso, temendo che la tregua non durerà così a lungo. A noi basta sperare e tenere le dita incrociate.

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