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Un anno di pandemia. Il bilancio (ottimista) di Becchetti

L’8 marzo del 2020 fu l’ultimo giorno senza restrizioni. Poi sul Paese è calata la notte. Ma la vita rimane la cosa più preziosa e l’immane sfida si può ancora vincere. Il commento di Leonardo Becchetti

Un anno fa l’inizio della pandemia cambiava in modo radicale il nostro mondo. In questo anno abbiamo pagato un prezzo drammatico (quasi centomila morti). Vediamo ora la luce in fondo al tunnel se, superando problemi logistici, riusciremo a vaccinare gran parte della popolazione entro l’estate. La tragedia ci ha insegnato tantissime cose.

Possiamo lavorare molto di più a distanza, utilizzando strumenti digitali, diventando più ricchi di tempo e capaci di conciliare vita di relazioni e lavoro. Mai più (spero) la follia di viaggi andata e ritorno Roma-Milano con sei ore di treno per partecipare ad una sola riunione. Se abbiamo imparato la lezione saremo più produttivi (la velocità di circolazione di conoscenze e incontri aumenta perché a distanza è possibile incontrarsi in più e più frquentemente) e più padroni del nostro tempo.

Cambieranno le città e saremo più capaci di riconciliare bellezza e creazione di valore economico. Nasceranno smart hub di quartiere che ridurranno i divari di accesso alle tecnologie digitali e consentiranno di lavorare alcuni giorni alla settimana a distanza non da casa. La tragedia sanitaria del Covid è stata anche tragedia economica con effetti molto eterogenei tra settori.

Per giudicare il valore di un’attività economica in futuro ci domanderemo quanto è esposta al rischio ambientale e pandemico (come già stanno facendo i mercati finanziari). Abbiamo imparato molto anche in materia di politiche macroeconomiche. Le Banche Centrali si sono “giapponesizzate” sterilizzando di fatto circa un quarto del debito pubblico dei paesi. Abbiamo bisogno di continuare questo percorso per avere risorse economiche ed energie per ripartire senza un fardello troppo pesante sulle spalle.

La pandemia ci ha insegnato che la prosperità e ricchezza di senso di un sistema economico e sociale è quanto di più lontano ci possa essere dell’idea del laissez faire dove ciascuno seguendo esclusivamente la massimizzazione dei propri benefici monetari contribuisce anche al bene della società. Per affrontare sfide terribili come quelle della pandemia, e oggi e domani della transizione ecologica, ci vuole molto lavoro di squadra e un lavoro a quattro mani che mette assieme meccanismi di mercato, istituzioni benevolenti in grado di avviare processi partecipativi, cittadinanza attiva in forme individuali ed organizzate e imprese responsabili.

Il modo in cui abbiamo affrontato la sfida della pandemia deve indicarci la strada per la sfida del riscaldamento climatico. Ad oggi non abbiamo tutte le tecnologie necessarie per azzerare i più di 50 miliardi di tonnellate di emissioni di Co2 equivalente entro il 2050 come un anno fa non avevamo la risposta al Covid-19. Sappiamo però che l’impegno globale in ricerca per affrontare e risolvere il problema ci porterà il “vaccino” di innovazione e progresso economico fondamentale per accompagnare i tanti cambiamenti di stili di vita che cittadini ed aziende stanno già realizzando.

Quest’anno ci ha insegnato che la vita è preziosa e può essere affascinante e ricca di opportunità se affrontiamo la sfida assieme facendo squadra. La ripartenza deve essere resiliente e su nuove basi. E i progetti che a livello individuale , imprenditoriale e di istituzioni stiamo approntando dovranno essere in grado di fare strike: più valore economico, più lavoro, meno rischio ambientale, meno rischio sanitario, più ricchezza di tempo e senso del vivere. Non possiamo mancare di colpire nessuno di questi cinque birilli.


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