Per quanto possa risultare impopolare, forse una discussione a porte chiuse sarebbe stata una scelta strategica migliore. Si sarebbe potuto prima analizzare i dati e poi, a posteriori, condividerli con la popolazione, magari in presenza di una decisione definitiva. Il commento di Luca Pani, già direttore generale dell’Aifa e professore di Farmacologia presso l’Università di Miami e presso l’Università di Modena e Reggio Emilia
L’Aifa, com’è noto, e come altre agenzie regolatorie europee, ha sospeso in via precauzionale la somministrazione del vaccino anti-Covid di AstraZeneca. Una decisione probabilmente comprensibile, se i dati in loro possesso confermeranno l’aumentato rischio, ma che solleva al contempo alcuni interrogativi.
Il primo è legato alle conseguenze di questa scelta. Mi chiedo se prima di procedere con la sospensione ci si è chiesti quali conseguenze questa avrebbe avuto sui cittadini. Temo che i costi potrebbero rivelarsi più alti dei benefici. L’impatto sulla gente, da un punto di vista psicologico, sarà importante e anche il timore – già fin troppo grande – che le persone nutrono nei confronti dei vaccini non potrà che aumentare. Per quanto possa risultare impopolare, forse una discussione a porte chiuse sarebbe stata una scelta strategica migliore. Si sarebbe potuto prima analizzare i dati e poi, a posteriori, condividerli con la popolazione, magari in presenza di una decisione definitiva.
Se giovedì l’Ema confermerà, come peraltro ha già detto, che il vaccino non è pericoloso, la campagna vaccinale potrà riprendere. Ma con danni enormi da un punto di vista dell’immagine. Stiamo lottando da mesi per ripristinare e alimentare la fiducia delle persone nella scienza, nei vaccini, nelle competenze. E rischiamo di buttare tutto giù per un sospetto, tra l’altro, non confermato da alcuna evidenza. Nella migliore delle ipotesi la campagna vaccinale riprenderà senza ripercussioni agli stessi ritmi di prima. E in questo caso potremo dire di aver perso solo 72 ore. Ma se la gente non vorrà più vaccinarsi con AstraZeneca il danno sarà molto più grande. E allora ne pagheremo le conseguenze.
La seconda osservazione, invece, riguarda la possibilità che avremmo avuto di confrontarci con l’ente regolatorio britannico prima di procedere con la sospensione del vaccino. L’Inghilterra, infatti, ha già somministrato circa 26 milioni di dosi di cui oltre 11 solo di AstraZeneca. I dati di farmacovigilanza all’ultimo aggiornamento disponibile, di fine febbraio rilevano 194 reazioni gravi (0,002%) su 9,7 milioni di somministrazioni e nessun decesso.
Un’analisi attenta dei loro risultati, dunque, avrebbe potuto rappresentare un passo intelligente e strategico da fare prima della sospensione anche momentanea, che invece dovrebbe rappresentare l’ultima strada percorribile. Inoltre, ed è una considerazione a latere, ritengo che se l’Inghilterra avesse rilevato effetti collaterali critici avrebbe sospeso anch’essa la somministrazione, godendo di un apparato di farmacovigilanza molto efficiente.
Infine, l’ultima considerazione riguarda la questione delle competenze, da sempre croce dell’Italia. C’è stata infatti una sovrapposizione di competenze che non può essere trascurata. Intanto l’Aifa, sia chiaro, può sempre per ragioni di urgenza ed emergenza e per una situazione critica a livello nazionale, scavalcare l’Agenzia europea e sospendere momentaneamente la somministrazione di un farmaco o di un vaccino. Ma non è la soluzione auspicabile, che invece è quella di attendere l’Ema, responsabile della procedura centralizzata. Non sono convinto, dunque, che procedere autonomamente sia stata la soluzione migliore, anche perché un intervento congiunto, guidato dall’Ema, fra tutti i Paesi, avrebbe risposto maggiormente a quell’idea di Europa unita verso cui tanto sembriamo protendere, ma spesso solo sulla carta.
La cosa poi risulta di ancora maggiore curiosità se consideriamo le tempistiche con cui è avvenuto tutto. Alle 15.50 l’Ema ha dichiarato l’assenza di rischi sul vaccino. Meno di un’ora dopo l’Aifa – e con essa anche la Germania e la Francia – senza tenerne conto in alcun modo, hanno deciso di sospenderlo. Per tutta risposta, quindici minuti dopo, l’Ema ha ribadito che i benefici del vaccino sono comunque al di sopra dei rischi. Ecco, ora mi chiedo. Come possiamo pensare di mandare un’immagine chiara ai cittadini che assistono impotenti e confusi a queste comunicazioni paradossali? Come possono fidarsi delle istituzioni se sono le prime a contraddirsi tra di loro?
Ma la questione delle competenze è poi riverberata anche a livello interno. Ieri tutti comunicavano con soddisfazione che la scelta dell’Aifa fosse stata presa di concerto con il presidente del Consiglio Mario Draghi e con il ministro della Salute Roberto Speranza. Ma la sospensione di un vaccino non è competenza di nessuno dei due. È competenza solo ed esclusiva dell’Agenzia regolatoria, che in questo caso è l’Aifa. Il supporto fornito da Draghi o da Speranza può essere fondamentale da un punto di vista formale, emotivo, politico, di immagine. Ma non può e non deve esserlo da un punto di vista tecnico.
E poi c’è un’ultima considerazione da fare. Pare che si stia parlando di 37 casi di “eventi tromboembolici”, su circa 17 milioni di vaccinati – tra l’altro senza dimostrazione alcuna della correlazione fra i due eventi. È valsa davvero la pena sospendere una campagna vaccinale contro una pandemia per questi numeri? Io non credo.