“Ben venga Sputnik, ma ben venga pure Sinovac”, dice il sottosegretario Sileri. Peccato che il vaccino cinese abbia qualche problema negli Emirati (in alcuni casi è servita una terza dose) e che i dati sull’efficacia siano top secret
Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, intervistato dal Messaggero ha voluto rassicurare sulla campagna vaccinale nel nostro Paese: “entro la fine di giugno i due terzi di coloro che vogliono vaccinarsi avranno ricevuto almeno la prima dose. E a metà del prossimo mese registreremo un sensibile miglioramento, con una riduzione dei ricoveri”. Poi la promessa: “Termineranno le zone rosse nelle Regioni”.
Come fare? “Da aprile conteremo su rifornimenti aggiuntivi di Pfizer-BioNTech e arriverà il vaccino di Johnson&Johnson, diciamo nella terza decade del mese”, ha spiegato. E il vaccino russo Sputnik? “Utilissimo, ovviamente solo dopo autorizzazione di Ema. Ben venga Sputnik, ma ben venga pure Sinovac, di produzione cinese. Ci può essere anche un’autorizzazione emergenziale di Aifa, ma in quel caso si potrebbe ragionare su un numero più limitato di dosi”.
Dichiarazioni, però, che fanno a pugni non soltanto con quelle del commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, che ieri sera a TF1 ha spiegato che “non avremo assolutamente bisogno del vaccino Sputnik V”.
Ma anche con quelle delle autorità sanitarie di uno dei primi Paesi a collaborare al siero cinese e poi utilizzarlo, gli Emirati Arabi Uniti, che, come riportava già una settimana fa il Wall Street Journal, hanno deciso di inoculare in alcuni casi anche una terza dose di Sinovac poiché le prime due non hanno generato anticorpi sufficienti. Addirittura, in alcuni casi gli anticorpi erano a zero, hanno spiegato alcuni medici al quotidiano statunitense.
Le rivelazioni della stampa americano hanno innervosito, e non poco, Pechino: basti leggere la copertura dell’organo di propaganda Global Times che è corso in aiuto definendo la terza dose”parte della ricerca di follow-up per monitorare e migliorare l’efficacia”.
E non è tutto. Il vaccino Sinopharm ha un tasso di efficacia del 79%, più che adeguato secondo gli esperti. Peccato che a rendere noto il tasso sia stato l’Istituto di Pechino per i prodotti biologici controllato dalla stessa società società farmaceutica statale cinese e che i dati non siano stati resi pubblici.
E in queste condizioni, la strada per il vaccino cinese appare quantomeno in salita. Probabilmente anche più di quella per il siero russo.