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Da AstraZeneca a Pfizer, quale vaccino possiamo (o dobbiamo) fare

vaccino covid

Sono quattro i vaccini autorizzati dall’Ema, ma non sono tutti uguali. Percentuale di efficacia, somministrazioni necessarie e modalità di conservazione li rendono tutti differenti. Ma solo le autorità competenti possono valutare (e decidere) a chi somministrarne uno piuttosto che un altro

Ad oggi i vaccini contro il Covid-19 autorizzati da Ema e Aifa sono quattro. Il primo ad ottenere il via libera (22 dicembre) è stato quello di Pfizer-BioNTech, il cui nome – seppur poco conosciuto – è Comirnaty. Poi è arrivata la luce verde per il vaccino prodotto da Moderna (7 gennaio), seguito da quello di AstraZeneca (30 gennaio), alla cui ricerca hanno collaborato l’Università di Oxford e l’Italiana IRBM, con sede a Pomezia. Un quarto vaccino, infine, è appena stato autorizzato dall’Ema. Si tratta di quello di Johnson&Johnson, particolarmente atteso poiché richiede una sola somministrazione.

COMIRNATY, PRIMO VACCINO AUTORIZZATO

A fine dicembre (il 21 l’Ema e il 22 l’Aifa) il vaccino BNT162b2, meglio noto come Comirnaty, viene autorizzato per la somministrazione. Necessita due iniezioni, a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra, e contiene un RNA messaggero – che ovviamente non può propagare sé stesso nelle cellule dell’ospite, inducendo invece la sintesi di antigeni del virus Sars-Cov-2. Gli antigeni S del virus – come spiega la stessa azienda – stimolano poi la risposta anticorpale della persona vaccinata, che produce anticorpi neutralizzanti. La dose di vaccino somministrata è pari a 0,3 ml e la durata della protezione, stando ai dati ancora parziali, dovrebbe essere di almeno 9-12 mesi. Ovviamente però è impossibile definirla con certezza a causa del periodo di osservazione ancora insufficiente. Unico vero limite del vaccino Pfizer la necessità di essere conservato a una temperatura tra i 68 e i 70 gradi centigradi sotto zero, richiedendo una catena del freddo particolarmente stringente. Ad oggi in Italia sono state somministrate 5.202.990 di dosi di vaccino Pfizer.

PFIZER, EFFICACIA 95%

Di contro, l’efficacia risulta elevatissima. Uno studio clinico di dimensioni molto ampie, che ha coinvolto oltre 44mila persone, e gli studi post-autorizzativi dimostrano infatti un’efficacia pari al 95%. Le reazioni avverse registrate sono state prevalentemente lievi. Meno di 1 persona su 10 ha manifestato dolore e gonfiore nel sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolore ai muscoli e alle articolazioni, brividi e febbre. In porzioni minori (meno di 1 persona su 10) si è registrato arrossamento nel sito di iniezione e nausea, mentre meno di 1 persona su 100 ha registrato prurito nel sito di iniezione, dolore agli arti, ingrossamento dei linfonodi, difficoltà ad addormentarsi e sensazione di malessere mentre meno di 1 persona su 1000 ha registrato debolezza nei muscoli di un lato del viso. L’unica reazione avversa severa registrata è stata l’ingrossamento delle ghiandole linfatiche, una patologia ad ogni modo benigna destinata a guarire da sola in breve tempo.

MODERNA, SECONDO VACCINO A MRNA

Il vaccino Moderna, anch’esso a mRNA e noto come mRNA-1273, viene somministrato in due iniezioni, ciascuna di 0,5ml, a distanza di 28 giorni l’una dall’altra e funziona esattamente come l’omologo Comirnaty. Contiene infatti un RNA messaggero che induce la sintesi della proteina Spike del virus Sars-Cov-2, stimolando appunto la risposta anticorpale della persona vaccinata con produzione di anticorpi in grado di neutralizzare il virus, qualora si venisse a contatto con lo stesso. Sono 493mila le dosi già somministrate in Italia del vaccino a mRNA prodotto da Moderna.

EFFICACIA ED EFFETTI COLLATERALI

L’efficacia, al momento pari al del 94,1%, si attiva a partire dalla seconda settimana dopo la seconda somministrazione e gli effetti collaterali più diffusi sono stati dolore nel sito di iniezione (92%), affaticamento (70%), mal di testa (64,7%), dolori muscolari (61,5%), brividi (45,4%), nausea/vomito (23%), ingrossamento delle ghiandole linfatiche nello stesso braccio dell’iniezione (19,8%), febbre (15,5%), gonfiore (14,7%) e arrossamento (10%) nel sito di iniezione. Le reazioni sono state generalmente di intensità lieve o moderata e si sono ad ogni modo risolte entro pochi giorni dalla vaccinazione. Anche per Moderna, come per Pfizer, è impossibile definire con certezza la durata dell’efficacia poiché il tempo di analisi avuto a disposizione non arriva a coprire l’efficacia presunta. Secondo quanto riportato dagli organi ufficiali, le fiale contenenti il vaccino devono essere trasportate e conservate tra i meno 25 e i meno 15 gradi centigradi per un massimo di sette mesi. La temperatura, ad ogni modo, non deve essere inferiore ai -40°c. In Italia le dosi già somministrate sono pari a 1.512.000 unità.

ASTRAZENECA, PRIMO VACCINO A VETTORE VIRALE

Il vaccino AstraZeneca, a vettore virale, è composto da un Adenovirus di scimpanzé incapace di replicarsi (ChAdOx1 – Chimpanzee Adenovirus Oxford 1) e modificato per veicolare l’informazione genetica destinata a produrre la proteina Spike del virus Sars-Cov-2. Il vaccino va somministrato in due iniezioni, a una distanza di almeno dieci settimane dalla prima dose. Dopo la somministrazione, l’adenovirus modificato, e incapace di modificarsi, si lega alla superficie delle cellule umane e penetra nel nucleo della cellula, fornendo il codice genetico per produrre la proteina Spike del coronavirus, producendo, come per tutti gli altri vaccini, gli anticorpi in grado di neutralizzare il virus. Il sistema immunitario produce inoltre cellule dotate di memoria difensiva contro la proteina Spike del coronavirus.

EFFICACIA OLTRE L’80%

L’efficacia del vaccino AstraZeneca è pari a circa il 60% dopo la prima somministrazione e a circa l’82% dopo la seconda. Nonostante i timori emersi in seguito alla sospensione della somministrazione da parte di alcuni Paesi e a quella di uno specifico lotto da parte dell’Aifa, la maggior parte delle reazioni avverse segnalate in corso delle sperimentazioni (febbre, il mal di testa, i dolori muscolari o articolari) è stata di severità lieve o moderata e solitamente gli eventi si sono risolti entro pochi giorni dalla vaccinazione. Autorizzato precedentemente solo per i soggetti entro i 55 anni di età, ora il vaccino AstraZeneca può essere dato anche entro i 65 anni, fatta eccezione per i soggetti vulnerabili. Molto snella la procedura di conservazione, che a differenza degli altri vaccini richiede una catena del freddo molto snella: va tenuto in frigorifero a una temperatura compresa tra 2°C e 8°C e non deve essere congelato.

I DUBBI SU ASTRAZENECA

In molti si sono chiesti quale sia la ragione che ha portato all’autorizzazione di un vaccino con una percentuale di efficacia più bassa di altri. Il motivo, come spiega Aifa, è che Il vaccino “mostra un rapporto beneficio/rischio favorevole nelle persone al di sopra dei 18 anni di età”. Inoltre, spiega sempre Aifa, “l’arrivo di un terzo vaccino caratterizzato da una maggiore maneggevolezza d’uso rappresenta un importante contributo alla campagna vaccinale in corso. L’obiettivo – spiega l’Agenzia italiana del farmaco – è quello di ottimizzare l’utilizzo dei vaccini esistenti e di quelli che si aggiungeranno, sfruttandone al meglio le diverse caratteristiche.

JOHNSON & JOHNSON

Il vaccino Johnson&Johnson, appena autorizzato dall’Ema, è a vettore virale e sembra avere un’efficacia pari al 67%. Secondo quanto riportato invece dall’Fda negli Stati Uniti, invece, l’efficacia raggiungerebbe il 72%. Gli studi, effettuati su circa 44mila persone, hanno riportato effetti collaterali lievi o moderati e sono stati tutti risolti entro un paio di giorni dalla vaccinazione. Fra i più comuni, come per gli altri vaccini già autorizzati, vi sono dolore al sito di iniezione, mal di testa, stanchezza, dolori muscolari e nausea. La sicurezza e l’efficacia del vaccino ad ogni modo, come ha precisato l’Ema, continuerà ad essere monitorata attraverso il sistema di farmacovigilanza dell’Ue e dagli studi da parte dell’azienda e delle autorità europee”. Il vaccino della Johnson&Johnson può essere conservato per almeno tre mesi in frigo, il che ne facilita l’uso e la conservazione.

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