L’Ue impone sanzioni per abusi sui diritti umani in sei Paesi. Nel mirino quattro funzionari e un’entità cinesi per la repressione degli uiguri nello Xinjiang. Pechino reagisce con misure restrittive ben più dure dimostrando quanto il tema sia delicato per il regime
Il Consiglio dell’Unione europea ha imposto oggi nuove misure restrittive per abusi in Cina, Corea del Nord, Eritrea, Libia, Russia e Sud Sudan in virtù del regime globale di sanzioni in materia di diritti umani con il via libera dei ministeri degli Esteri riunitisi oggi al Consiglio affari esteri. A inizio marzo l’Unione europea aveva annunciato – congiuntamente con gli Stati Uniti – le prime sanzioni nel quadro del cosiddetto “Magnitsky Act” europeo contro quattro ufficiali russi per il caso di Alexey Navalny. Oggi sono finiti nel mirino undici personalità e quattro entità.
Parallelamente, il Consiglio dell’Unione europea ha imposto sanzioni (travel ban e asset freeze) – non all’interno del regime globale di sanzioni in materia di diritti umani – contro undici persone responsabili del colpo di Stato militare organizzato in Myanmar a inizio febbraio e della successiva repressione militare e di polizia contro manifestanti pacifici.
LE SANZIONI PER LO XINJIANG
Nel mirino dell’Unione europea per la violazione dei diritti umani della minoranza musulmana uigura nella regione dello Xinjiang, regione nord-occidentale cinese fondamentale snodo della Via della Seta vista la sua posizione geografica, quattro cittadini cinesi: Zhu Hailun, ex numero due del Partito comunista cinese nello Xinjiang; Wang Junzheng, segretario del Partito nella Xinjiang Production and Construction Corps; Wang Mingshan, membro del comitato permanente del Partito comunista cinese dello Xinjiang; Chen Mingguo, direttore dello Xinjiang Public Security Bureau. Sanzionato anche lo Xinjiang Production and Construction Corps Public Security Bureau. Non è stato sanzionato Chen Quanguo, numero uno del Partito comunista cinese nel Xinjiang, che invece è sotto sanzioni americane.
LA MINISTERIALE NATO
Alle sanzioni annunciate dall’Unione europea si sono sommate quelle di Canada, Regno Unito e Stati Uniti, come rivelato da Politico. Le misure arrivano alla vigilia della ministeriale Nato a cui parteciperà il segretario di Stato americano Antony Blinken, atteso a Bruxelles con il dossier Cina in cima alle sue priorità. E, come notavamo su Formiche.net, la rabbiosa reazione cinese alle sanzioni occidentali potrebbero far saltare buona parte delle riserve dei Paesi dell’Unione europea a che soltanto a fine dicembre ha firmato un accordo sugli investimenti con la Cina (qui la nostra analisi).
LA REAZIONE DI PECHINO
Il governo cinese ha reagito alle prime sanzioni dai tempi di piazza Tienanmen con delle controsanzioni annunciate dal ministero degli Esteri per colpire chi “danneggia gravemente la sovranità e gli interessi della Cina e diffonde maliziosamente menzogne e disinformazione”. “L’Unione europea vuole prevenire le violazioni dei diritti umani. La Cina vuole mettere a tacere le critiche”, ha efficacemente fotografato la situazione l’analista di politica estera Ulrich Speck su Twitter.
Nel mirino cinque eurodeputati (il verde tedesco Reinhard Bütikofer, il tedesco Michael Gahler della Cdu, il socialista francese Raphaël Glucksmann, il bulgaro Ilhan Kyuchyuk di Renew Europe e slovacca Miriam Lexmann dei cristiano-democratici); i parlamentari Sjoerd Wiemer Sjoerdsma (Paesi Bassi, D66), Samuel Cogolati (Belgio, Ecolo), Dovile Sakaliene (Lituania, socialdemocratica); lo studioso tedesco Adrian Zenz, lo svedese Björn Jerdén; il Comitato politico e di sicurezza del Consiglio dell’Unione europea; la sottocommissione per i diritti dell’uomo del Parlamento europeo; il think tank tedesco Merics; la danese Alliance of Democracies Foundation guidata dall’ex segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. I soggetti e le loro famiglie non potranno entrare in Cina, a Hong Kong e a Macao. Inoltre, loro e le società e istituzioni a essi collegate subiranno restrizioni per gli affari con la Cina. Quattro degli eurodeputati sanzioni (tutti tranne Glucksmann) e il professor Zenz sono i membri e il secondo consulente dell’Inter-Parliamentary Alliance on China, un gruppo trans-parlamentare che sostiene “l’adozione di una postura più rigida verso il Partito comunista cinese” attraverso strategie collettive.
Zenz ha evidenziato su Twitter un particolare: l’Unione europea ha sanzionato “solo” quattro funzionari dello Xinjiang e un’entità. Il governo cinese ha reagito contro dieci e quattro entità europei. Il tutto “nonostante i media statali cinesi parlino di contromisure ‘adeguate’ e limitate”. Ciò “mostra quanto sia delicata la questione dello Xinjiang per Pechino”, ha scritto il professore. La reazione cinese ha suscitato l’indignazione di diversi politici europei come il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, il leader dei popolari Manfred Weber e Bernd Lange, presidente della commissione per il Commercio internazionale del Parlamento europeo chiamata a esprimersi sull’accordo sugli investimenti Ue-Cina. “La leadership cinese mi ha fatto sapere che non mi sarà permesso di visitare la [Cina] continentale, Hong Kong o Macao. Ma poi c’è Taiwan”, ha ironizzato Bütikofer su Twitter provocando Pechino sulla questione dell’isola.
LA MILIZIA LIBICA
Mohammed Khalifa Al-Kani, capo della milizia Kaniyat, il fratello Abderrahim Al-Kani, membro della stessa, e la milizia sono accusati di “esecuzioni extragiudiziali e sparizioni forzate di persone tra il 2015 e il giugno 2020 a Tarhuna”, in Libia. “Sotto la leadership di Mohammed Al Kani, la milizia Kaniyat avrebbe perpetrato sparizioni forzate, torture e uccisioni. Oltre a questo, la missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia avrebbe verificato numerose esecuzioni sommarie avvenute nelle carceri di Tarhouna per mano della milizia Kaniyat il 13 settembre 2019”, si leggeva nella proposta degli Stati Uniti e della Germania di congelare i beni ed emettere un divieto di viaggio nei confronti della milizia bloccata dalla Russia durante un incontro di una commissione per le sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a novembre.
GLI ALTRI
Due ministri nordcoreani – Jong Kyong-thaek (Sicurezza dello Stato) e Ri Yong Gil (Sicurezza sociale) – sono finiti sotto sanzioni per diverse ragioni. Tra queste: repressione dei dissidenti, arresti arbitrari, uccisioni, esecuzioni, sparizioni, lavori forzati e violenza sessuale contro le donne. Nel mirino anche l’Ufficio del pubblico ministero centrale.
L’Ufficio per la sicurezza nazionale del governo dell’Eritrea, guidato dal maggiore generale Abraha Kassa alle dipendenza dell’Ufficio del presidente, “è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani in Eritrea, in particolare arresti arbitrari, esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate di persone e torture commesse dai suoi agenti”.
Aiub Vakhaevich Kataev, capo del dipartimento del ministero degli Affari interni della Federazione russa nella città di Argun, nella Repubblica Cecena, e Abuzaid Dzhandarovich Vismuradov, comandante della Special Rapid-Response Unit e vicepremier della Repubblica Cecena.
Gabriel Moses Lokujo, maggiore generale dell’Esercito popolare del Sud Sudan, è finito sotto sanzioni per “gravi violazioni dei diritti umani”, in particolare “esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie”.