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Il 5G italiano parlerà un po’ meno cinese con Ascani. Ecco perché

Giorgetti assegna le deleghe al Mise. Telecomunicazioni e digitale vanno alla vicepresidente dem Anna Ascani, che due anni fa definiva “sottomissione” l’adesione alla Via della Seta. Aziende cinesi del 5G avvisate (di nuovo)

Nella giornata di venerdì, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti (Lega) ha firmato le deleghe assegnando alla sottosegretaria Anna Ascani (vicepresidente del Partito democratico) quella su banda ultralarga, telecomunicazioni, digitale e sistema cooperativo. Alla viceministra Alessandra Todde (Movimento 5 Stelle) sono delegate le azioni sulle crisi aziendali e le cosiddette “città intelligenti”. Invece, il viceministro Gilberto Pichetto Fratin (Forza Italia) si occuperà delle politiche industriali e delle piccole e medie imprese, made in Italy, commercio, concorrenza, consumatori, lotta alla contraffazione.

Il ministro Giorgetti “si riserva in tutte le materie l’attività normativa, l’individuazione delle priorità, nomine, piani e programma e tutte le decisioni di particolare importanza”, si legge nella nota del Mise.

All’indomani della nascita del governo di Mario Draghi su Formiche.net avevamo ricostruito la catena di comando sul 5G – tema al centro delle preoccupazioni (anche) della nuova amministrazione statunitense guidata da Joe Biden –, a cui da pochi giorni si è aggiunta la sottosegretaria Ascani.

La catena parte da Palazzo Chigi. Lì, assieme al presidente Draghi e al sottosegretario Roberto Garofoli, risiede il gruppo di coordinamento per il golden power, i “poteri speciali” che il governo può utilizzare per fermare contratti ritenuti lesivi della sicurezza nazionale. Recentemente li ha esercitati su 5G cinese (forniture Huawei e Zte), fintech e semiconduttori.

Ci sono poi – oltre a Vittorio Colao, a capo della Transizione digitale, che alcune settimane fa in audizione al Senato ha spiegato che l’Italia digitale deve rimanere “chiaramente nel quadro europeo e atlantico” – i ministri che compongono il Cisr. Tra questi, Luigi Di Maio (Esteri) e Lorenzo Guerini (Difesa) che rappresentano un’ulteriore garanzia di atlantismo dell’Italia di Draghi anche sui dossier tecnologici.

La cabina di regia però è al Mise, il ministero che ha assunto i tecnici dei Cvcn e che segue da vicino la sperimentazione, l’assegnazione dei bandi e il rilascio delle licenze, la costruzione delle antenne. Lì c’è Giorgetti, che da sottosegretario a Palazzo Chigi del governo gialloverde si è occupato di telecomunicazioni e ha lavorato per rafforzare il golden power. E che, come aggiungevamo su queste pagine, sulla partecipazione dei fornitori cinesi ha sempre avuto le idee chiare, sposando in pieno la linea del Copasir (guidato da un suo amico e collega di partito, Raffaele Volpi) che ha chiesto di escluderli.

E da pochi giorni c’è, come detto, Ascani. La cui posizione sulla Cina è ben chiara. È sufficiente leggere un suo post su Facebook di due anni fa, in occasione della firma del memorandum d’intesa sulla Via della Seta, definita “un progetto di espansione commerciale globale fondato sulla posizione dominante della Cina rispetto ai Paesi coi quali firma ‘accordi’. Accettarlo significa accettare di essere subalterni”, aggiungeva. E ancora: “Non si tratta di scegliere tra Usa e Cina. Si tratta di scegliere tra sottomissione e libertà”.

Parole che lette oggi, alla luce delle deleghe assegnate e del rilancio delle relazioni tra Italia e Stati Uniti sotto Draghi e Biden, risuonano come un avvertimento alle aziende cinesi che guardano con interesse agli oltre 40 miliardi per il digitale dal Recovery fund.



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