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La Nato segue Biden. Così finisce (forse) la missione in Afghanistan

Inizierà dal primo maggio, per concludersi nel giorno del ventesimo anniversario dell’11 settembre, il ritiro delle forze Nato dall’Afghanistan. “Una decisione epocale” per Luigi Di Maio, che segue la linea del “cambio di passo” impressa dagli Stati Uniti. Biden aveva promesso consultazioni con gli alleati e i partner, e così è stato

“Una decisione epocale”. È così che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha preannunciato da Bruxelles il ritiro del contingente Nato dall’Afghanistan (compresi gli 800 italiani attualmente dispiegati nel Paese), che dovrebbe concludersi entro il prossimo 11 settembre, data scelta dall’amministrazione guidata da Joe Biden. Sul tema, il presidente americano aveva promesso coordinamento con gli alleati, e così è stato.

Oggi, per parlare del ritiro, sono arrivati al quartier generale della Nato il segretario di Stato Tony Blinken e il capo del Pentagono Lloyd Austin, giunto dopo la visita in Germania (che è secondo contributore a Resolute Support). Riunione “urgente” con i colleghi dell’Alleanza, alcuni di presenza, altri da remoto, con l’Afghanistan al primo punto dell’agenda e l’Ucraina al secondo, visto il massiccio dispiegamento militare russo ai confini con il Paese est-europeo.

Prima di tutto è andato in scena il bilaterale tra Blinken e il segretario generale Jens Stoltenberg. Poi è stata la volta della riunione tra i ministri degli Esteri delle nazioni “framework” della missione Nato Resolute Support: Stati Uniti, Germania, Italia, Turchia e Regno Unito. Nel tardo pomeriggio la riunione con i colleghi dell’Alleanza, per certificare quanto ormai ben anticipato dalla stampa d’oltreoceano. A chiudere il cerchio, la conferenza stampa congiunta di Stoltenberg, Austin e Blinken. Il ritiro del contingente Nato inizierà il primo maggio, per poi concludersi nel giorno del ventesimo anniversario dell’attacco alle Torri gemelle. Sarà un ritiro “coordinato, ordinato e deliberato”, spiega la nota congiunta rilasciata a margine della riunione.

Nel frattempo, poco dopo le venti italiane è arrivato anche l’intervento del presidente Joe Biden dalla Casa Bianca: “Siamo andati in Afghanistan per un attacco orribile avvenuto vent’anni fa; ciò non spiega perché dovremmo rimanerci nel 2021”. E dunque, “non possiamo continuare a estendere il ciclo o aumentare la nostra presenza militare in Afghanistan sperando di creare le condizioni ideali per il nostro ritiro, aspettando un risultato diverso”. Di più: “Sono il quarto presidente americano a guidare la presenza di truppe americane in Afghanistan, due repubblicani e due democratici, non passerò questa responsabilità a un quinto”.

I nodi aperti sono numerosi, tra la reazione dei talebani allo spostamento del ritiro, e i negoziati di pace convocati in Turchia tra un paio di settimane, che la Nato afferma di sostenere. Ci sono poi le questioni logistiche, per un ritiro che coinvolgerà 36 Paesi e oltre 9.500 unità (l’Italia è terzo contributore). Sarà una prova non indifferente, spiegata nelle sue sfaccettature dal generale Marco Bertolini, già comandante del Coi e della Folgore, primo italiano ad assumere il ruolo di capo di Stato maggiore del comando di Isaf.

Il messaggio trasversale punta a evitare la retorica dell’abbandono. Biden ha assicurato che “il lavoro diplomatico ed umanitario” degli Usa continuerà anche una volta conclusa la presenza militare (ciò permetterà comunque di mantenere una discreta componente di force protection). Parole simili a quelle di Di Maio a margine del vertice: “non abbandoneremo mai il popolo afgano e continueremo ad aiutare, anche di più, con progetti di cooperazione allo sviluppo, con il sostegno alle imprese, con il sostegno alla società civile, con la tutela dei diritti umani”. Il titolare della Farnesina ha parlato del tema già lunedì con Tony Blinken. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini lo aveva fatto con Lloyd Austin nei vari colloqui e incontri, nonché nella visita in Afghanistan a gennaio, sempre ribadendo all’allineamento italiano alla postura della Nato, scandita nell’espressione “in together, adjust together, out together”.

E dunque, “come Italia abbiamo ovviamente condiviso la linea del cambio di passo”, ha detto Di Maio tra le varie riunioni a Bruxelles, aggiungendo il ringraziamento “a tutti i soldati italiani che sono impegnati nelle missioni di pace nel mondo: siamo orgogliosi di loro”. Ci sono anche gli 800 impegnati in Afghanistan, per lo più nella provincia di Herat su cui l’Italia ha responsabilità, con il cappello di Resolute Support, la missione che ha preso in carico l’eredità di Isaf, scattata scattato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, unico caso nella storia della Nato di attivazione dell’articolo 5 del trattato nord-atlantico, relativo alla clausola di difesa collettiva.

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