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Biot e 007, perché è solo la punta dell’iceberg. L’analisi di Savino

Nella ormai dettagliata ricostruzione della spy story russa a Roma qualcosa torna, qualcosa no. La pubblicità data dal governo Draghi al caso Biot è segno di un riallineamento atlantico iniziato più di un anno fa. L’analisi di Giovanni Savino (Accademia presidenziale russa, Mosca)

L’arresto del capitano di vascello Walter Biot, colto in flagrante in un parcheggio romano nella consegna di documenti dello Stato Maggiore all’ufficiale russo Dmitrii Ostroukhov in cambio di cinquemila euro ha riaperto la discussione sui rapporti tra Mosca e Roma, e sulle alleanze e gli schieramenti nello scacchiere europeo e globale.

In realtà il caso Biot non è di per sé una novità, nemmeno per i tempi recenti. Il 19 marzo a Sofia son stati messi in arresto sei ufficiali del ministero della Difesa e dei servizi bulgari, sospettati di esser stati reclutati dai russi per attività di spionaggio, e anche da Mosca nel corso degli ultimi anni son stati espulsi diplomatici in servizio presso le sedi dei paesi occidentali con accuse simili.

Anche in altri Paesi avvengono operazioni simili, giusto per restare in Europa orientale, a inizio aprile si è venuti a conoscenza di uno scambio di espulsioni tra la Cina e l’Estonia alla fine della scorsa estate, tenuto nascosto fino a qualche giorno fa.

L’attenzione dei media italiani si è concentrata su elementi certamente interessanti, anche di colore, come la condizione economica del capitano Biot, e si son lette non poche affermazioni discutibili e inesatte, tra chi sostiene la diversità totale tra Russia e Europa e chi piazza Odessa sotto il controllo di Mosca, ma sfuggono però le questioni fondamentali che emergono da questa storia.

Ha fatto bene Mara Morini a porre in rilievo come sia necessario porre lo scandalo spionistico all’interno del nuovo periodo inaugurato dalla presidenza Biden, che vede la ridefinizione della strategia statunitense verso Cina e Russia e, di conseguenza, anche verso l’Europa. Un problema che investe l’Italia in primo luogo, dove vi è una tradizione storica di partecipazione attiva allo schieramento atlantico ma capace di dialogare (e fare affari) anche con altri, siano essi arabi, russi o cinesi di volta in volta.

Tale riallineamento in realtà nello scenario politico italiano è cominciato anche prima delle elezioni americane del 2020, e lo si vede anche in alcuni dettagli non da poco, tra cui l’inversione di marcia compiuta dalla Lega, attiva per un lungo periodo nel promuovere contatti molto ravvicinati non solo con la Russia, ma anche con ambienti politici e finanziari ultranazionalisti e estremi rappresentati dall’oligarca ortodosso Konstantin Malofeev e da Aleksandr Dugin, e poi rientrata sulle più sicure e conosciute sponde atlantiche.

L’Italia rappresenta non terra di conquista, ma pedina essenziale nel nuovo contesto geopolitico, fatto spesso anche sottovalutato nella psicologia collettiva italiana, abituata a cucirsi addosso un ruolo ben più piccolo di quello che potrebbe avere il paese. Servirebbe anche ascoltare di più cosa pensano dell’Italia gli altri, e come ne analizzano la situazione.

Elena Maslova, docente all’università del Ministero degli Esteri MGIMO e specialista di politica italiana, ha sottolineato l’importanza di Roma come parte essenziale dell’Alleanza atlantica. In Italia c’è l’Allied Joint Force Command dislocato a Napoli, quindi non si tratta di un paese dove vi è semplicemente la presenza di base militari, ma di un membro fondamentale della Nato. Un vero e proprio hub nel centro del Mediterraneo, e per questo centrale in ogni tipo di riconsiderazione delle strategie politico-militari e economiche.

L’incidente lavora a favore del rafforzamento della solidarietà atlantica e nell’allineare Roma ancora maggiormente a Washington. Resta da capire che strategia voglia perseguire Mosca verso l’Italia, e se il caso Biot possa incidere nel cambiare una lunga storia di rapporti amichevoli, ma su posizioni diverse.

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