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Phisikk du role – Brunetta, il merito e l’ope legis

Il corso-concorso bandito dalla Regione Campania nel 2019 prevedeva due distinte fasi, appunto quella del corso e quella del concorso. Chiedere l’eliminazione della fase del concorso, come ricordato dal ministro Brunetta che sottolinea quali erano le regole d’ingaggio del bando 2019, si sposta al di fuori del dettato costituzionale. La rubrica di Pino Pisicchio

Tra i molti straordinari primati che possono essere esibiti dalla nostra Costituzione (nello sfavillio mitologico della sua bellezza e della capacità di dare risposte a tutto), ce ne sono alcuni sicuramente poco commendevoli. Per esempio quello dell’essere la più improvvidamente citata e, al tempo stesso, di soffrire del pietoso velo dell’ignoranza in alcune sue zone messe in ombra da desuetudini o interpretazioni traverse.

Che dire, infatti, di quell’articolo 97 sulla Pubblica Amministrazione che pone a caratteri cubitali un principio: si diventa dipendenti pubblici solo col concorso? Affermazione chiara come il sole eppure non così chiara da scoraggiare rivendicazioni che si muovono esattamente nella direzione opposta, e cioè l’applicazione dell’ ope legis per l’assunzione di qualche migliaia di persone nella PA. Il caso di specie è dato dal corso-concorso Ripam, che, dietro all’acronimo un po’ misterico del burocratese, vuol dire Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni, rimesso in moto dopo il calvario intrecciato di lungaggini borboniche e dalla maledizione del covid.

Vediamo in dettaglio: il corso-concorso bandito dalla Regione Campania nel 2019 prevede due distinte fasi, appunto quella del corso e quella del concorso, con la previsione di un assorbimento di 2.243 posizioni lavorative con vari livelli e mansioni. Le preselezioni hanno portato a ridurre l’enorme numero dei 303.965 candidati a 2.610 ammessi alla formazione, diventati oggi, per mancate accettazioni e rinunce, 1.880. Questo, dunque, è il numero dei partecipanti alla formazione di 10 mesi retribuita con circa 1.000 euro lordi mensili, formazione che si concluderà il 31 maggio 2021, consentendo così ai candidati di partecipare al concorso vero e proprio, in base all’articolo 8 del bando.

Dice, infatti, testualmente l’articolo che al termine della formazione è prevista: “Una prova scritta, valutata dalla commissione esaminatrice, che comporterà l’attribuzione di un punteggio massimo di 30 punti” e che “contribuirà alla determinazione del punteggio complessivo della graduatoria finale della procedura corso-concorsuale. Sono ammessi alla prova orale – continua il bando – tutti coloro che hanno partecipato almeno all’80% delle ore di formazione e che avranno conseguito un punteggio di almeno 21/30 in sede di valutazione”.

Tutto chiaro? I primi due test sostenuti dai candidati servivano soltanto per essere ammessi al corso, ma solo la prova scritta post-formazione e la prova orale costituiscono le selezioni concorsuali per essere assunti nella PA. Probabilmente non così chiaro se il 20 aprile dalle 10 alle 14 è annunciata una manifestazione davanti al Palazzo della Regione Campania a sostegno dei “borsisti del concorso Ripam della Regione Campania per chiedere con forza l’eliminazione dell’inutile prossima prova”, “l’assorbimento nei profili in sovrannumero” e “l’assunzione immediata di tutti i borsisti”, firmato Funzione Pubblica della Cgil. Insomma: la procedura, che nasce come corso-concorso, adesso dovrebbe avere, secondo il sindacato, una torsione come ope-legis.

Francamente facciamo fatica a non condividere la scelta rigorosa assunta dal ministro Brunetta che, con un’adesione senza incertezze al dettato costituzionale, ricorda quali erano le regole d’ingaggio del bando 2019. Brunetta si muove nel principio posto dal già citato art. 97 Cost., ma anche, a ben vedere nel solco del secondo comma dell’art.54, laddove si dice che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con “disciplina e onore”. Disciplina viene da “discere”, che vuol dire imparare e poi restituire nella funzione esercitata quel che si è imparato a regola d’arte.

E chi mai potrebbe verificare la qualità di un corso di studi se non una commissione d’esame? Appunto: è proprio per questo che si fanno i concorsi.

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