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Come sostenere la transizione ecologica. Le indicazioni di Pirani

I progetti di riconversione e una strategia mirata in tal senso possono generare in Italia almeno un milione di posti di lavoro, ma bisognerà utilizzare al meglio le risorse rese disponibili dal Next Generation Eu. Il commento di Paolo Pirani

Non ci può essere sostenibilità ambientale senza economia circolare. In tal senso vanno gli investimenti delle aziende. Va valorizzata ampiamente la portata del progetto europeo in atto verso l’economia circolare nonostante le difficoltà durature determinate dall’emergenza sanitaria tuttora in atto. Ci aspettiamo conferme e novità condivisibili nel Piano nazionale di ripresa e resilienza che l’esecutivo guidato da Mario Draghi presenterà ai vertici europei a fine aprile.

L’ITALIA GUIDA IL GIRONE EUROPEO DELLA SOSTENIBILITÀ

I progetti di riconversione e una strategia mirata in tal senso possono generare in Italia almeno un milione di posti di lavoro, ma bisognerà utilizzare al meglio le risorse rese disponibili dal Next Generation Eu. L’Italia mostra dati di tutto valore: per il terzo anno consecutivo è in testa nel confronto della circolarità tra le cinque principali economie dell’Unione europea.

Anche le performance nazionali si confermano migliori rispetto alle altre quattro principali economie europee. Si prendano ad esempio la produttività delle risorse: il nostro paese crea il maggiore valore economico per unità di consumo di materia: ogni kg di risorsa consumata genera 3,3 euro di Pil, contro una media europea di 1,98 euro; la produttività energetica si attesta a 8,1 euro di prodotti per kg equivalente di petrolio consumato; il tasso di utilizzo circolare di materia in Italia è al 19.3% nel 2019, superiore alla media UE che è di 11.9%.

Questi mesi di emergenza sanitaria non hanno purtroppo favorito un ulteriore slancio, sottovalutando la portata del cambiamento europeo in atto verso l’economia circolare. Il nuovo ministero della Transizione ecologica istituito con il governo Draghi, ha il compito di migliorare e completare l’attuale bozza sul tema in questione. Non è solo una questione di tutela ambientale, ne va della competitività delle aziende italiane.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza anche in questo aspetto può dare una spinta importante per superare gli ostacoli che frenano l’innovazione e valorizzare al meglio le potenzialità italiane, e per la ripresa degli investimenti e dell’occupazione.

LA FASE DI STALLO DEGLI INVESTIMENTI

L’Italia, infatti, risulta essere al quarto posto per investimenti e occupazione, dopo Spagna, Polonia e Germania, e l’ultima tra le grandi economie europee per numero di brevetti depositati. Nel corso del 2020 sono entrati in vigore i decreti legislativi di recepimento delle direttive europee in materia di rifiuti ed economia circolare e la Legge di bilancio del 2020 ha previsto specifiche agevolazioni per gli investimenti delle imprese nell’ambito delle misure di Transizione 4.0.

C’è preoccupazione proprio per la fase di stallo che attraversano gli investimenti, a causa della pandemia e della crisi economica: ‘impasse’ da cui si potrebbe uscire, come più volte sostenuto, grazie al corretto investimento delle risorse europee.

È necessario, infatti, prevedere e favorire un grande coinvolgimento di aziende e imprese per la formazione di nuove figure professionali specializzate e per l’aggiornamento delle competenze tecnico-professionali dei dipendenti, al fine di garantire condizioni di lavoro eque, dignitose e sostenibili, ma anche funzionali al nuovo modello di business circolare; nonché per tutte le innovazioni necessarie per la competitività e le modifiche tecnologiche dei processi produttivi.

LE SINERGIE DA REALIZZARE

Il modello circolare di economia presuppone una costante collaborazione tra diversi attori e settori, con la creazione di un ecosistema che coinvolge sempre di più gli stakeholder; le aziende e le imprese hanno, quindi, un forte impatto e si devono ripensare i collegamenti tra le funzioni che le compongono come ricerca e sviluppo, ‘supply chain’, ‘procurement’, ‘manifacturing’ e ‘marketing’.

Si tratta, quindi, di un cambiamento culturale, in cui le tecnologie 4.0 risultano fondamentali per garantire miglioramenti sull’efficienza interna, sul servizio al cliente e sulla sostenibilità ambientale. Parliamo certamente di sistemi produttivi avanzati che consentono un approccio ragionato anche in termini di condizioni “protettive” dei lavoratori nel contesto di un sistema di regole e di prassi, in particolare per questi ambiti già consolidato in Italia.

I PROGETTI IN CORSO SUL TERRITORIO NAZIONALE

Il sindacato in Italia si confronta da tempo con enti e associazioni, oltre che con le principali aziende, chimica e energia in testa per le ovvie ragioni, ma anche con coloro che da tempo hanno pianificato nei loro investimenti una strategia di medio termine per la sostenibilità. Il settore agricolo, che ha a disposizione 50 miliardi di euro per i prossimi sette anni, tra fondi della Pac post 2020, cofinanziamento nazionale e risorse del Pnrr.

Il Piano prevede oltre 3 miliardi di euro per progetti dedicati al settore agricolo e agroalimentare e la gestione delle risorse irrigue. La linea d’azione sull’agricoltura sostenibile prevede 2,5 miliardi. Un esempio è l’iniziativa dell’hub Agri 5.0 in Lombardia, definita la “Silicon valley” dell’agricoltura sostenibile gestita da una fondazione composta, tra gli altri, da TIM, Olivetti, Bayer, Coldiretti.

L’iniziativa medesima, sostenuta finanziariamente da Intesa San Paolo, si pone un duplice obiettivo: sviluppare le tecnologie dell’agricoltura 4.0 e creare una vetrina in cui promuovere la diffusione delle conoscenze tra gli agricoltori lombardi. Altri esempi sono rappresentati dal recupero dei pneumatici pfu, 400.000 tonnellate su base annua: con la gomma riciclata si realizzano prodotti ecosostenibili per diverse filiere, da prodotti per l’edilizia e per lo sport, al settore di strade ed infrastrutture; il recente decreto sul recupero della carta da macero che rientrano nei protocolli “end of waste” del Governo guarda alle politiche di riciclo italiano, che hanno subito una battuta d’arresto legata al surplus di prodotto sui grandi mercati internazionali, con l’innesco di nuove dinamiche commerciali ed alla carenza degli impianti per lo smaltimento degli scarti irrecuperabili.

E, poi, la conversione degli impianti produttivi in siti avanzati per il riciclo e il riuso delle plastiche vergini finalizzate al confezionamento dei beni di consumo. Ultimo in ordine di tempo, il progetto Unilever finanziato anche dal Governo italiano di conversione dalla produzione di detergenti a grande hub europeo per il recupero dei materiali plastici.

L’economia circolare sottintende una vera e propria nuova rivoluzione industriale e culturale, che deve essere accompagnata da meccanismi virtuosi ad ogni livello: dalle amministrazioni ai cittadini (con la chiusura del circolo virtuoso dei rifiuti organici per la produzione, tra le altre, di biocarburanti)- il tutto sotto il coordinamento nazionale che, attraverso norme ed indirizzi (e disponibilità) di risorse economiche, governi il processo con un’azione integrata di tutti gli attori coinvolti per la riconversione e la creazione di filiere, per una sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Il concetto che il rifiuto sia una risorsa intreccia i rapporti tra i settori di produzione, dando vita a nuove catene del valore. Le opportunità del riciclo e del riuso devono, infatti, essere rese chiare e semplici: in questo senso diventa urgente un intervento sul quadro normativo vigente, per sostenere l’adozione di modelli di business “chiusi”.

DOVE INVESTIRE

Insomma, occorre fare di più con scelte precise e con la determinazione di risorse concrete a favore: della tutela delle risorse ambientali, attraverso la trasformazione degli impianti di depurazione in vere e proprie bioraffinerie all’interno delle quali sviluppare filiere orientate alla produzione di materie prime seconde; dell’l’innovazione tecnologica, con sistemi di telecontrollo delle reti idriche e fognarie; della responsabilità sociale per la comunità, con l’accesso universale ai servizi e alla formazione ed educazione dei cittadini e delle future generazioni; della valorizzazione del capitale umano, con il rafforzamento della cultura e dell’identità aziendale, il miglioramento della produttività aziendale, il trasferimento di ‘know-how’ e lo sviluppo degli strumenti di welfare.

Infine è indispensabile garantire gli interventi per aumentare l’efficienza della rete degli acquedotti, per chiudere il ciclo dei rifiuti, per portare innovazione ai sistemi di riscaldamento o modifiche alla mobilità sostenibile”.


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