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Vaccini, la debolezza europea e la forza della farmaceutica italiana

Di Domenico Mastrolitto e Giovanni Scanagatta

Il ritardo dell’Ue nelle campagne vaccinali ha costretto alcuni paesi a comportamenti individuali, come il blocco delle esportazioni e la spinta ad una produzione nazionale, come nel caso dell’Italia con il nuovo governo Draghi. E meno male che possediamo un ottimo settore farmaceutico, scrivono Domenico Mastrolitto, Direttore Generale Campus Bio-Medico SpA, e Giovanni Scanagatta, Docente di Politica economica e monetaria, Università di Roma “La Sapienza”

Nel 2021 si dovrebbero produrre 3 miliardi di dosi di vaccini anti-covid. Uno sforzo produttivo e distributivo mai visto nella storia del settore farmaceutico. Si tratta di un numero che è quasi la metà della popolazione mondiale.

Di fronte a questa immane sfida, abbiamo visto muoversi i grandi imperi dell’economia mondiale: America, Cina, Russia, Europa.

Gli Stati Uniti si sono mostrati i più veloci con Pfizer/Biontech e Moderna, sostenuti con fondi del governo americano. L’Europa, anche in questa competizione, si è rivelata l’anello debole, affidandosi agli impegni di acquisto dalle multinazionali della farmaceutica che hanno di fatto imposto le loro condizioni. Un errore grave che doveva essere evitato puntando sulla produzione interna dei grandi della farmaceutica europea, a partire dal colosso del gruppo tedesco Bayer.

La debolezza dell’Unione Europea è apparsa subito quando la Germania ha acquistato fuori-quota 30 milioni di dosi del vaccino Pfizer/Biontech, iniziativa in parte compensata dalla Commissione Europea con la prenotazione di dosi a livello centralizzato. Risultato: l’Unione Europea si trova a corto di dosi per vaccinare tutta la sua popolazione di 450 milioni di abitanti, trovandosi alla mercè del potere delle grandi multinazionali del farmaco. E, in tutto questo, l’Inghilterra, che ha lasciato l’Unione Europea e non è soggetta alla burocrazia dell’EMA (l’Agenzia europea per i medicinali), si trova al primo posto per vaccinazioni.

La mossa della Germania può essere spiegata con la nazionalità tedesca di Biontech, a cui il Governo della Merkel ha concesso notevoli sostegni finanziari. La Biontech è una società tedesca che ha sede a Magonza, fondata da due medici turchi. Ha un fatturato di circa 130 milioni di euro e 1300 dipendenti. Il finanziamento ottenuto dalla Biontech dal Governo tedesco è di quasi 400 milioni di euro per accelerare le ricerche e i test sul vaccino anti-covid.

Questi gravi errori dell’Unione Europea hanno costretto i Paesi aderenti a comportamenti individuali, come ad esempio il blocco delle esportazioni di vaccini e la spinta ad una produzione nazionale, come nel caso dell’Italia con il nuovo Governo di Mario Draghi. E meno male che l’Italia possiede un ottimo settore farmaceutico, come mostra il capitolo 3 del recente libro “Ripensare il futuro, Salute ed economia per uno sviluppo integrale e sostenibile – Domenico Mastrolitto, Over Edizioni” su un nuovo modello di sviluppo sostenibile basato sull’educazione e sulla salute dei cittadini.    

Come è noto, il settore farmaceutico si caratterizza per l’alta tecnologia, per un’incidenza molto elevata degli investimenti in ricerca e sviluppo sul fatturato, per una qualità dell’occupazione ai più alti livelli di formazione e specializzazione. L’esito delle ricerche e dello sviluppo è molto incerto e per fare fronte agli elevati rischi si rivela necessario l’intervento con fondi pubblici, tenuto conto che si tratta della salute dei cittadini.

Le multinazionali che operano nei settori dell’alta tecnologia si sono rivelate ancora una volta, nello scenario della globalizzazione, estremamente potenti e in grado di condizionare la politica e i Governi.

Lo abbiamo già visto nell’oligopolio delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con capitalizzazioni di borsa delle prime cinque multinazionali che nel complesso raggiungono il prodotto interno lordo della Germania. E’ il capitalismo che nella storia mostra la sua straordinaria capacità di evolversi e di assumere sempre nuove forme. Si parla ora di capitalismo immateriale con il passaggio dalle rivoluzioni industriali alla rivoluzione digitale e di un nuovo conflitto sociale tra intermediari e intermediati delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Per superare questo pericoloso conflitto sociale determinato dal capitalismo immateriale abbiamo bisogno di una profonda presa di coscienza che si traduca in azione politica con un grande respiro a livello mondiale. Diversamente assisteremo, come già cominciamo a vedere, alla distruzione dei valori su cui si fonda la civiltà umana: libertà, responsabilità, dignità, creatività. Con il trans-umanesimo e il post-umanesimo ci stiamo purtroppo sempre più allontanando da un’economia non separata dall’etica e da un’etica fondata sull’inviolabile dignità dell’uomo. Sono i frutti amari del capitalismo immateriale e del nuovo conflitto sociale. In tutto questo, l’immagine dell’Europa appare sempre più appannata e priva di valori, di fronte all’espansionismo globale dell’America, della Cina e della Russia.

Tutti questi Paesi sono arrivati primi nella corsa al vaccino anti-covid, mentre l’Europa è rimasta al palo, invischiata in pesanti meccanismi burocratici e incapace di avviare per tempo una produzione autonoma, pur possedendo colossi farmaceutici globali.

Se si continua in questo modo, si rischia veramente, come ha affermato Benedetto XVI, di uscire dalle grandi traiettorie della storia. Per evitare questo rischio, occorre riunire le migliori forze dell’Unione Europea, con un grande salto di qualità e di coesione come hanno saputo fare i nostri Padri fondatori con la ricostruzione e il grande sviluppo dell’Europa dopo il secondo conflitto mondiale.   

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