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Vi spiego come formare la classe dirigente. Gli appunti di Panizzi

Di Giorgio Panizzi

Giorgio Panizzi raccoglie la proposta di Giuseppe Pennisi di aprire un dibattito sulla formazione della classe dirigente e cerca di dare alcune soluzioni, venendo dall’esperienza della formazione in alcune istituzioni italiane fra cui Censis, Formez e Cnite

Il quesito che viene costantemente riproposto dà talvolta valide soluzioni però astratte e nel migliore dei casi di lungo periodo. Il riferimento è a esperienze passate o a progetti parziali.

Tra le esperienze passate c’è immancabilmente quella delle Frattocchie che Letta rievoca pensando a una Università Democratica che non può non intendersi se non come scuola di partito.

Credo che per individuare un programma generale di formazione della classe dirigente che dia in tempi ragionevolmente rapidi risultati immediati e sia utile per una impostazione di lungo periodo occorre fissare mete che abbiano valenza generale e individuare chiare strategie.

Allora una prima meta è quella di una formazione immediata dei quadri intermedi inseriti nelle amministrazioni pubbliche – dalla scuola alla sanità alla Pa in generale.

Programmi di formazione basati sulla conoscenza dei contesti, sulla indicazione, illustrazione e specificazione delle innovazioni, ivi comprese forme di addestramento, tecnico e tecnologico, su criteri di gestione avanzati da applicare a casi concreti determinerebbero nei partecipanti una consapevolezza dei propri ruoli sul lavoro ed una motivazione alla crescita e all’innovazione e anche all’assunzione di ruoli e di responsabilità sociali.

Un esempio immediato: la riforma dell’esame di maturità introdotto dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, potrebbe essere un utile approccio procedendo immediatamente alla formazione dei docenti delle ultime due classi delle scuole superiori – quadri inseriti – per indicare loro l’impostazione nuova del progetto degli studenti per il loro esame di maturità e per la considerazione e valutazione del curriculum degli studenti.

I docenti impegnati in tale ruolo acquisirebbero subito le informazioni necessarie per un nuovo tipo di insegnamento valorizzando le loro competenze. Riconoscerebbero le proprie competenze in un processo di “contaminazione dei saperi” che è diverso dalla interdisciplinarietà in genere costituita da mere complementarietà e scarse integrazioni. In una maturazione di questo tipo i docenti – questi quadri inseriti – oltre a dare immediata applicazione nella trasmissione del sapere potrebbero proficuamente intervenire insieme all’intera istituzione scolastica nella progettazione dell’offerta formativa, prevista dall’autonomia scolastica e dalla legge 107/2015 in collaborazione con le istituzioni locali.

Quindi una meta produttiva ma anche una funzione strategica della formazione.

Esempi analoghi si possono fare per le altre amministrazioni. Forse è il caso di ricordare il ruolo che ebbe il Formez nella formazione dei quadri inseriti delle amministrazioni locali del Mezzogiorno, nei successivi progetti di formazione, tra cui il progetto Ripam. La istituzione di un’ampia rete di servizi culturali in tutto il Mezzogiorno – ancora esistenti in vari comuni – a complemento delle strutture e dei servizi scolastici ma anche validi per le intere città.

Anche nella sanità le carenze organizzative suggeriscono attività di formazione che “contaminino” le professionalità tipiche del settore con le funzioni logistiche sempre più necessarie all’attuazione di una rete di servizio pubblico.

Queste note sono sicuramente sommarie e circoscritte. Tuttavia intendono essere un primo contributo per poterne trarre elementi per confronti propositivi di progetti per interventi ampi ed immediati.

 

 

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