I cittadini europei vogliono un euro digitale che ne tuteli la privacy, ma l’obiettivo è affermare la sovranità monetaria europea rispetto a big tech e paesi stranieri
È terminata la consultazione pubblica sull’euro digitale avviata dalla Banca Centrale Europea lo scorso autunno e i risultati che emergono non sorprendono. La principale caratteristica che i cittadini europei chiedono alla futura moneta unica digitale è, infatti, quella di garantire la privacy delle transazioni (43%), seguita al 18% dalla sicurezza e via via dalle altre. La consultazione conferma quindi le prime indiscrezioni sul progetto comunicate tempo fa dal membro del Board BCE Fabio Panetta, secondo il quale “l’euro digitale affiancherebbe il contante senza sostituirlo”.
A questo punto, è del tutto evidente che la sperimentazione sarà indirizzata fortemente su questo aspetto, anche perché, come dichiarato dallo stesso Panetta: “un euro digitale può avere successo soltanto se risponde alle esigenze dei cittadini europei”. “Faremo del nostro meglio per assicurare che un euro digitale sia in linea con le aspettative dei cittadini che sono emerse dalla consultazione pubblica.”
Per Panetta, l’euro digitale è, di fatto, un indispensabile strumento di affermazione e tutela della sovranità economica, monetaria e politica, da contrapporre in particolare alle imprese tecnologiche internazionali che potrebbero in futuro governare l’offerta di servizi di pagamento ma anche alla crescita delle criptovalute e ai giganti Cina e Stati Uniti che, nel frattempo ( in particolare la Cina), fanno passi da gigante nella sperimentazione delle rispettive valute digitali. Convinta di questa necessità, ma non ad ogni costo, è Christine Lagarde che giorni fa ha confermato la determinazione nel portare avanti il progetto ribadendo però che i tempi di realizzazione non saranno brevi come qualche volta era sembrato addirittura possibile. Di recente, di opinione parzialmente critica sul progetto è stato anche l’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi il quale, interrogato in merito al ruolo geopolitico della moneta ha risposto “l’euro digitale è importantissimo ma dubito che aumenti significativamente l’importanza internazionale dell’euro”.
Nell’esporre i risultati della consultazione, Panetta ha poi fatto un richiamo all’unità delle istituzioni finanziarie europee attorno alla moneta ribadendo che “La convergenza delle autorità e delle istituzioni europee, attente ai rispettivi mandati e alla propria indipendenza, sarà fondamentale affinché un euro digitale sia accettato”. Con questo passaggio, si ribadisce quindi che l’euro digitale è sicuramente uno “strumento dei popoli” europei ma anche, e per certi aspetti soprattutto, uno strumento a disposizione della sostenibilità di governi e banche centrali per cui sono chiamati in prima persona a contribuire.
Digitalizzare la moneta unica o meno, probabilmente, non è neanche più un’opzione ma un passaggio da compiere “Whatever it takes”, prendendo in prestito proprio le famose parole di Mario Draghi.
Sta andando costituendosi, infatti, un nuova Bretton Woods e l’Europa deve necessariamente farne parte senza remore, considerato anche che in termini di presenza sul mercato digitale il nostro continente è quasi del tutto assente e che le recenti iniziative di sviluppo assunte dalla Commissione sono ben lungi dal produrre effetti.