Skip to main content

Il SofaGate dimostra che per Erdogan non c’è posto in Europa. Scrive Gancia (Lega)

Di Gianna Gancia

L’episodio della sedia mancante per la presidente von der Leyen in visita ad Ankara è l’ennesima dimostrazione che la Turchia di Erdogan è l’antitesi dei valori fondanti l’Unione europea. L’intervento di Gianna Gancia, europarlamentare della Lega

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen trattata come una presenza marginale per la quale non è nemmeno prevista una sedia. È successo ieri ad Ankara, durante l’incontro con il presidente turco Recep Tayyp Erdogan in occasione di una visita ufficiale alla quale ha partecipato anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

“Le donne sono le nostre madri”, ama ripetere il presidente turco, per sottolineare quanto le rispetti e le consideri. Ma evidentemente devono saper stare al loro posto. Senza distinzione: persino se sono al vertice di un’istituzione come l’Unione europea.

Dopo il ritiro dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, Erdogan dimostra, ancora una volta con i fatti, la sua considerazione della figura femminile.

Nella storia recente, Erdogan ha dimostrato al mondo intero che il suo potere, oltre a fondarsi sulla spregiudicatezza in politica estera e su una gestione abbastanza discutibile delle finanze del Paese che lo hanno fatto piombare in una profonda crisi economica, ha una matrice profondamente misogina e patriarcale.

I dati sulla violenza nei confronti delle donne nel Paese sono sempre più preoccupanti. Diverse organizzazioni stimano che il numero di donne uccise in Turchia nel 2021 – a soli tre mesi dall’inizio dell’anno – è di 78. Ma il governo non fornisce numeri ufficiali. Sono appunto le varie organizzazioni ed esponenti della società civile, come la scrittrice Esmahan Aykol, che raccogliendo i dati della stampa denunciano donne uccise ogni giorno da un parente maschio: padre, fratello, marito, fidanzato.

Numeri drammatici, testimonianze che non possono lasciarci indifferenti e che, se sommati al trattamento riservato ai giornalisti e ai media, fa della Turchia di Erdogan l’antitesi dei valori fondanti l’Unione europea. Basti pensare, non da ultimo, al caso dell’avvocatessa Ebru Timtik, 42 anni, morta dopo 238 giorni di sciopero della fame nonostante la richiesta di un “processo equo” per lei e per tutti in Turchia. In totale, si stima che nel Paese ci siano più di un centinaio di giornalisti arrestati.

Come europei, non possiamo permetterci di chinare il capo dinanzi a chi usa i migranti come arma di scambio politica ed economica. Non c’è interesse che tenga davanti alla violenza e alla violazione costante dei valori fondanti una società libera e democratica. Valori che sono il cuore pulsante dell’Unione europea e lo devono essere per tutti coloro che abbracciano il progetto europeo.

Per tutti gli altri, e per gente come Erdogan, non ci sarà mai posto in Europa.



×

Iscriviti alla newsletter