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Fake news sull’immigrazione e reputazione nazionale. Il caso Italia

Di Antonino Vaccaro

Come percepiscono gli altri Paesi l’Italia rispetto al fenomeno dell’immigrazione? Percezione e fatti nell’analisi del prof. Antonino Vaccaro, direttore del Center for Business in Society presso lo Iese Business School, membro del comitato scientifico e presidente della commissione per l’internazionalizzazione della Società Italiana di Intelligence

L’arrivo della bella stagione si accompagna, da oramai parecchi anni, all’annosa questione della gestione dei flussi migratori, in generale, e degli sbarchi sulle nostre coste, in particolare. Considerando l’estrema complessità di tale fenomeno, focalizzerò questo intervento solo sul problema delle manipolazioni informative e dei conseguenti danni alla reputazione del nostro Paese.

Negli ultimi due anni ho svolto una survey informale all’interno di corsi e seminari che ho tenuto in diversi Paesi Europei, negli Stati Uniti e in America Latina. Vale la pena di chiarire che i partecipanti a tali corsi sono manager di aziende pubbliche, imprese sociali, Ong o multinazionali di età assai varia, orientativamente tra i 27 ed i 70 anni, provenienti da più di 40 nazioni.

La semplice survey chiede a ciascun partecipante di menzionare ed ordinare in modo decrescente i sei Paesi europei che nell’ultimo anno hanno negato l’accesso al più alto numero di cittadini non europei.

Anche quest’anno, siamo oramai nell’ultima fase dell’anno accademico, il primo Paese citato da oltre l’ottanta percento dei partecipanti alla survey è l’Italia, percepita quindi come la prima nazione per respingimenti di immigranti.

Basta dare uno sguardo alla comunicazione delle principali testate europee negli ultimi anni per non stupirsi di tale impressione. A leggere la stampa estera, l’Italia sembra un Paese razzista e xenofobo, seriamente impegnato in impietose politiche di respingimento dei migranti.

Potrei citare centinaia di articoli dai titoli e dai contenuti assai discutibili, quali: “In Italia, un razzismo esasperato”, come chiosava qualche tempo fa un importante media francese, o: “Aumentano gli attacchi razzisti in Italia”, come allertava un’importante testata spagnola.

Basta fare un rapido controllo su qualsiasi motore di ricerca utilizzando tre, quattro parole chiave per trovare facilmente centinaia di articoli in lingua spagnola, inglese e francese che seguono questa interessante linea argomentativa.

Andiamo ai fatti adesso. Riporto la traduzione del più recente documento dell’Eurostat relativo all’immigrazione in Europa “Enforcement of immigration legislation statistics” (Luglio 2020): “Più di due terzi del numero totale dei respingimenti sono stati registrati in Spagna (493.500; 68.8 %), seguono Polonia (65.400) e Francia (56.600)”. Leggendo con attenzione il documento, si scopre che al quarto posto si trova l’Ungheria (2%), al quinto la Croazia (1,8%) e solo al sesto l’Italia, con il 1.4%.

Ci troviamo chiaramente di fronte a una mistificazione nei confronti dell’opinione pubblica internazionale (e nazionale), che causa grave danno alla reputazione italiana. Si può parlare tranquillamente di totale ribaltamento della realtà da cui l’Italia esce gravemente denigrata a livello istituzionale, culturale e sociale. Ma la questione non finisce qui. Tale fenomeno prende talvolta delle interessanti declinazioni istituzionali.

Non posso fare a meno di citare il caso della signora Carola Rackete. Negli ultimi anni, la (ex) capitana della Sea Watch ha ricevuto due importanti onorificenze da istituzioni governative spagnole e francesi, rispettivamente: la Medaglia di Onore del Parlamento di Catalogna e la Grand Vermeil, la massima onorificenza della città di Parigi.
Forse non dovrei ricordare al lettore che si tratta, guarda caso, di istituzioni governative delle prime due nazioni nella classifica per respingimenti e che la Francia, proprio quando Rackete aveva richiesto l’autorizzazione all’approdo nel Porto di Marsiglia, non si era degnata nemmeno di rispondere alle insistenti richieste di aiuto.

Ad investir un po’ di tempo ed energie, di simili ed interessanti coincidenze se ne rinvengono a bizzeffe.
Forse è arrivato il momento di trattare la questione della disinformazione con maggiore attenzione, guardando non solo a ciò che avviene all’interno del territorio nazionale, ma anche alle complesse e variegate dinamiche che emergono e si intrecciano pericolosamente al di fuori e contro il nostro Paese. Ne va dell’integrità dell’Italia ma, soprattutto, della verità riguardo una questione che coinvolge tutta l’Europa, anche se alcuni Paesi cercano irresponsabilmente di guardare dall’altra parte.

A buon intenditor, poche parole.

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