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Phisikk du role – Fenomenologia della rimozione da Covid

Sui morti per Covid si può fare qualcosa di più, oltre manifestare la giusta mestizia istituzionale nelle ricorrenze del ricordo e nei commiati toccanti, evitando di nascondere i numeri in un bisbiglio. La rubrica di Pino Pisicchio

Se non la vedi non c’è. E, se l’unico modo di vederla è puntare gli occhi sui tiggì, basta rimuovere l’incongruo da lì e passare subito allo spot successivo per negarne persino l’esistenza. Di che si tratta? Dei decessi da Covid in questo tempo totalmente vocato alla celebrazione della pandemia. Prendete un telegiornale, specie servizio pubblico statale, e guardateci dentro: praticamente è tutto Covid, dalle necessarie informative sui divieti del governo, alle tante disgraziate piccole storie di vite pandemiche – a volte con intento edificante per buonismo di maniera, a volte, mi si perdoni, stucchevoli per come sono confezionate -, dalle zoomate su come va (preferibilmente insistendo sul peggio) nel mondo globale, alla declinazione aggiornata del metamessaggio che l’anno scorso andava esposto sulle lenzuola sciorinate dai balconi: “Ce la faremo”.

E poi solo un cenno, poco più di un bisbiglio, a chiusura del commento al bollettino sanitario della protezione civile, ai decessi. Che già in tabella non vengono mai riportati nel loro incremento giornaliero (anche qui per pudore del numero sempre troppo grande), cosicché resta impresso il numero dei contagi, quello dei tamponi, ben messi nella videata, ma non quello dei morti. Solo bisbigliato appena appena. Morti che sono tanti, troppi, ogni giorno. Soprattutto perché, nonostante le rassicurazioni degli esperti arruolati a tempo pieno dai talk show e la disseminazione (rapsodica, per la verità) dei vaccini, continuano ad essere non meno che 4/500 al giorno? Vogliamo fare qualche conto? In tutta la drammatica e violentissima prima ondata, all’altezza del 21 giugno i decessi erano 35894. Oggi, il venerdì di passione del 2021, sono diventati 110328.

Negli ultimi sei mesi, dunque, quasi 75.000 morti, registrati non di fronte all’evento disgraziato e nuovo, ma a ridosso della pandemia di cui avevamo preso le misure almeno dal mese di febbraio. Tra i 400 e i 500 morti al giorno: un’entità insopportabile che, salvo il caso inglese prima delle vaccinazioni a tappeto (inoculazioni di massa che hanno fatto fare a Londra i primi brindisi per il raggiungimento dello zero deceduti), non ha paragoni possibili in Europa. Si può fare qualcosa di più, forse, oltre manifestare la giusta mestizia istituzionale nelle ricorrenze del ricordo e nei commiati toccanti. Ci sarà tempo per parlare della sgangheratezza del sistema sanitario nazionale, delle responsabilità delle regioni, della politica e dei tecnici. Per il momento, però, almeno evitiamo di cancellare chi incolpevolmente se ne sta andando via (numeri che sono più grandi di città come Vicenza, Terni, Bolzano), evitando di nascondere i numeri in un bisbiglio e, soprattutto, spiegandoci perché questo avviene. Visto che nel resto d’Europa non sembra un destino così ineluttabile.

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