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Un osservatorio per il Mediterraneo. La Fondazione Icsa lancia OisMed

La Fondazione Icsa ha lanciato il suo Osservatorio per la sicurezza nel Mediterraneo. Diretto dal professor Andrea Beccaro, monitorerà l’instabilità regionale, dalla minaccia jihadista nel Sahel, fino alle tensioni a est, passando per la Libia, cuore della complessità dell’area. La presentazione dell’iniziativa

Un faro puntato sulle instabilità mediterranee, dalle turbolenze del Sahel alle tensioni tra Turchia e Grecia, passando per la “priorità” della Libia e per i traffici che attraversano il nord Africa. È il nuovo Osservatorio per la sicurezza nel Mediterraneo (OisMed), lanciato la scorsa settimana dalla Fondazione Icsa, il think tank presieduto dal generale Leonardo Tricarico. Promette di monitorare il contesto di riferimento “con rigore scientifico e pubblicazioni agili e a cadenza regolare”, con approccio inter-disciplinare.

UN DIALOGO PER IL MEDITERRANEO

“Negli ultimi trent’anni e in particolare dalla caduta del muro di Berlino – ha spiegato il prefetto Carlo De Stefano, vice presidente della Fondazione – vi sono stati vari tentativi di definire un livello condiviso di sicurezza nell’area del Mediterraneo, mediante una serie di iniziative politiche importanti e di largo respiro”. È il caso del dialogo 5+5 lanciato nel 1990, del “dialogo Mediterraneo” inaugurato dalla Nato nel 1994 ad iniziativa della Nato e del partenariato Euromediterraneo, avviato nel 1995 su impulso della Ue. Tali tentativi, ha aggiunto il prefetto, “non si sono mai concretizzati in programmi chiari e definiti, a motivo della estrema divergenza dei punti di vista e della mancanza di una visione sistematica delle problematiche del Mediterraneo”. Ciò testimonia la difficoltà a un approccio comune, quanto meno europeo, sulla sicurezza mediterranea.

UNO SGUARDO D’INSIEME

Anche di questo si occuperà il nuovo Osservatorio della Fondazione Icsa. “Nasce proprio con la finalità di gettare sull’area in questione uno sguardo sinottico e grandangolare”, ha spiegato Giancarlo Capaldo, consigliere della fondazione. Si punta a “considerare l’area mediterranea come un intero, ossia come un sistema le cui criticità sono correlate e interrelate, con ampie e continue ricadute sulla vita politica ed economica di tutta l’Unione europea”. Sarà dunque una prospettiva d’insieme a guidare l’OisMed, affidato nella direzione al professor Andrea Beccaro. L’Osservatorio, ha detto, “mira a colmare due vuoti significativi nel panorama italiano della ricerca sulla sicurezza nel Mediterraneo allargato: da un lato, l’assenza di un gruppo di ricerca coeso e strutturato, appositamente costituito per lo studio della regione del Mediterraneo intesa come sistema, per quanto caotico”. Dall’altro, “la cronica assenza, in Italia, di analisi approfondite della strategia e della sicurezza nel Mediterraneo”.

NUOVE POTENZE

Al centro dell’analisi ci saranno le instabilità dell’area. A dare l’idea della complessità regionale c’è la Libia, che solo da poche settimane sta dando segnali di stabilizzazione con il nuovo governo guidato da Abdelhamid Dabaiba. Ma ci sono anche le tensioni nel Mediterraneo orientale, “anche conseguenza di un graduale disimpegno militare degli Usa, da sempre presenti nell’area del Mediterraneo dalla fine della Seconda guerra mondiale – ha notato il prefetto De Stefano – negli ultimi anni, tuttavia, si sono registrate importanti novità, come la scoperta di giacimenti di gas naturale ad opera dell’Eni e di altre consociate straniere al largo delle coste cipriote ed egiziane”.

IL SAHEL

C’è poi la regione del Sahel, su cui l’Italia è impegnata a potenziare il proprio ruolo, cercando su questo di trovare un maggiore coordinamento europeo. “Il Sahel – ha spiegato Alessandro Locatelli, ricercatore dell’OisMed – è anche una regione ricca di risorse minerarie preziose, come oro, uranio, metalli rari, che fanno gola a molti attori dell’economia globale e a molti gruppi di potere locali”. È dunque “una regione-chiave per il transito dei traffici illeciti che arrivano in Europa, e non solo, attraverso il Mediterraneo”. L’Osservatorio avrà un focus specifico anche sulla criminalità. “I traffici che si sviluppano nel Sahel – ha detto ancora Locatelli – finanziano gruppi criminali e terroristici dando ossigeno all’ala militare dei gruppi armati di stampo jihadista”. Di più: “Le dinamiche internazionali, le rotte di transito e le modalità di trasporto delle merci e delle persone mostrano una struttura organizzativa transnazionale tutt’altro che improvvisata e una flessibilità operativa unita ad una logistica che pongono in difficoltà le forze di polizia europee”.

LA MINACCIA JIHADISTA

Focus poi sulla minaccia jihadista, soprattutto nel Sahel e nord Africa. “Pur richiamandosi a reti terroristiche internazionali – ha notato Elettra Santori, ricercatrice OisMed – queste formazioni hanno soprattutto carattere di insorgenze; adottano una retorica jihadista internazionale, richiamandosi ad al-Qaeda o all’Isis, soprattutto per rafforzare la propria immagine e per incrementare la loro capacità di reclutamento sul posto”. E se “i governi locali enfatizzano la caratura ideologica transnazionale di questi gruppi, rischiano di adottare un’inefficace strategia di contro-insurrezione, favorendo abusi sulle popolazioni in nome della lotta al jihadismo”.

FOCUS SULLE ARMI

Non mancherà infine “l’attenzione per lo studio del fenomeno bellico nelle sue varie forme”, ha aggiunto Beccaro. Rappresenta d’altra parte “un fattore chiave per comprendere l’attuale instabilità geopolitica del Mediterraneo”, che dipende anche “dal tasso di conflittualità che caratterizza la sponda sud della regione mediterranea, e che si manifesta in varie forme: l’estremismo jihadista, i conflitti civili, l’instabilità strisciante, fino alle più classiche tensioni tra potenze. Per questa ragione, ha concluso Beccaro, “l’OisMed non potrà prescindere dal monitoraggio della strumentazione bellica e tecnologica utilizzata nelle aree di tensione da attori statuali e non statuali; si pensi ad esempio all’impiego dei droni in Libia da parte di Ankara, una metodologia bellica già testata dalla Turchia nel contesto siriano”.

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