Skip to main content

Il coraggio e la trasparenza di Franco Marini nel libro di Merlo

Di Giorgio Merlo
Franco Marini

Pubblichiamo un estratto da “Franco Marini il Popolare” (Edizioni Lavoro), scritto da Giorgio Merlo, giornalista ed ex parlamentare. La democrazia, l’antifascismo, il valore della dignità del lavoro, la centralità della persona umana e l’unità del paese: questi sono stati i principali ideali interpretati, vissuti e declinati da Marini

Franco Marini è stato un grande dirigente sindacale diventato anche un autorevole e prestigioso leader politico. E delle istituzioni. Un esempio raro nel panorama pubblico italiano. Perché quando si parla, o si ricorda o si cita Franco Marini, il pensiero corre immediatamente al dirigente e al segretario generale della Cisl che è diventato il punto di riferimento più autorevole del popolarismo di ispirazione cristiana tra l’inizio degli anni ‘90 sino alla sua scomparsa. Un binomio che non ha trovato eguali in altri partiti ed altre esperienze politiche e sindacali.

Certo, sono stati molti i dirigenti sindacali, e anche di primo piano, che hanno incrociato nel loro percorso biografico la strada della politica e, il più delle volte, delle istituzioni. In molti partiti e nelle diverse fasi storiche. Ma l’esperienza di Marini, al riguardo, resta quella più significativa non solo perché ha ricoperto il prestigioso incarico di presidente del Senato e lambito quello di Presidente della Repubblica ma per la semplice ragione che quella di Marini è stata una vita che ha visto proprio nell’impegno sindacale, e in quello politico ed istituzionale, un intreccio molto forte legato da un filo rosso: la strenua difesa degli interessi, delle istanze e delle domande dei ceti popolari e, al contempo, la promozione delle classi dirigenti popolari a ceto dirigente del nostro paese. E tutta la vicenda umana, culturale e politica di Marini ruota attorno a questo postulato essenziale: e cioè, non vi è distinzione di piani – seppur nel rigoroso rispetto dell’autonomia e del non collateralismo tra politica e sindacato – quando in gioco c’è la difesa di un principio, di un valore, di una cultura.

Una lezione, questa, che affonda le sue radici nella storia, gloriosa e nobile, del cattolicesimo popolare. E, come ha giustamente detto Annamaria Furlan, si può tranquillamente definire Franco Marini uno “dei padri nobili” nel nostro paese. E proprio nella Cisl, dove ha trascorso gran parte della sua vita e del suo impegno pubblico, è sempre stato un convinto sostenitore e un baluardo dei valori democratici e un intransigente sostenitore del ruolo autonomo e riformista del sindacato e anche della sua necessaria unità per guidare le trasformazioni della società. E quindi, la democrazia, l’antifascismo, il valore della dignità del lavoro, la centralità della persona umana e l’unità del paese: questi sono stati i principali e decisivi ideali che sono stati interpretati, vissuti e declinati da Marini nel corso della sua lunga e ricca esperienza sindacale, politica ed istituzionale.

Valori, del resto, che hanno contrassegnato l’intera storia della Cisl, da Pastore in poi, del cui pensiero proprio Marini è stato uno dei più fedeli e coerenti interpreti. Per ripercorrere la sua lunga stagione nel sindacato sarebbe necessario affrontare, uno ad uno, tutti i passaggi cruciali che si sono sintetizzati negli accordi firmati, nelle vertenze portate a termine, negli accordi e negli scontri con le altre organizzazioni sindacali e, soprattutto, nel rapporto e nelle intese raggiunte con i governi che man mano si succedevano. E proprio nella Cisl ha sempre perseguito l’obiettivo, riuscendo a centrarlo, per un nuovo modello organizzativo e per una rinnovata strategia sindacale finalizzata a tutelare i redditi da lavoro e affrontare le sfide del cambiamento, con la caduta del muro di Berlino, la fine del comunismo e l’arrivo dell’Europa di Maastricht.

Ecco perché scelse da subito e con naturale coerenza e forte determinazione la corrente sociale di Forze Nuove di Carlo Donat-Cattin, per potere trasferire concretamente in politica e nelle istituzioni l’esigenza di giustizia sociale, di equità e di solidarietà che hanno sempre accompagnato e caratterizzato la sua iniziativa. E la miglior definizione a conferma del ponte culturale e politico che lega la sua lunga e attiva presenza nel sindacato con la sua militanza politica e il successivo impegno istituzionale, la offre proprio Marini quando rispose alla domanda su quale fosse la professione che ha svolto nella sua vita. Marini, tranquillamente, rispose che fu “il sindacalista, perché sono e sempre sarò un sindacalista per stare in mezzo alla gente, per la gente, per i lavoratori e per le lavoratrici, per i nostri giovani”.

Ecco, in questo passaggio, semplice ma essenziale, risiede la bussola che ha sempre accompagnato il magistero pubblico di Marini. Valori scolpiti nella sua azione quotidiana, principi che, affrontati e declinati sempre in modo laico e senza approcci moralistici o ideologici, hanno fatto di Franco Marini un interlocutore essenziale nel sindacato e nella politica italiana. E anche nella politica Marini ha confermato di essere un leader. Leader della sinistra sociale nella Dc dopo la scomparsa di Donat-Cattin di cui è stato l’erede politico naturale. Ma, soprattutto, leader dei Popolari. Dando vita prima al Partito Popolare Italiano dopo la fine traumatica della Dc, per poi facendo confluire – non senza difficoltà ed appassionate discussioni – la carovana dei Popolari prima nella Margherita e, infine, nell’esperienza del Partito democratico.

Due sfide, quella della Margherita e quella del Pd, che hanno visto, però, sempre Marini difendere e salvaguardare l’identità popolare e cattolico sociale. Perché anche nell’esperienza dei cosiddetti “partiti plurali” Marini non ha mai ceduto su un punto che l’ha sempre contraddistinto: la strenua difesa della cultura e della tradizione del popolarismo di ispirazione cristiana. Un modo d’essere e uno stile che ha fatto di Marini, dalla prima esperienza nella Dc e sino a quando ha avuto un ruolo attivo nel Pd, quasi il punto di rifermento per eccellenza dei Popolari e dei cattolici popolari nei rispettivi partiti di appartenenza. E questo anche perché Marini era un leader naturale dove la leadership era riconosciuta e mai imposta come avviene negli attuali partiti personali o del capo. Una leadership sempre accompagnata da un coraggio e da una trasparenza maturati in ambito sindacale e che lo hanno sempre portato lontano da qualsiasi mediazione al ribasso e da atteggiamenti equivoci ed oscuri. Una cultura politica proiettata alla ricerca del “bene comune” e ad un metodo di azione sempre improntati alla franchezza e alla trasparenza. Elementi, questi, che lo hanno reso simile al suo indiscusso “maestro politico” Carlo Donat-Cattin come amava sempre ripetere. Una trasparenza e una franchezza di carattere semplicemente incompatibili con i franchi tiratori del Pd – partito che aveva contribuito a fondare – che lo avevano vigliaccamente fermato nella corsa al Quirinale nel 2013 nel segreto dell’urna attraverso l’antico metodo dei franchi tiratori.

Ma, al di là di questa brutta e triste pagina, il magistero politico, culturale e sociale di Franco Marini è destinato ancora a segnare, e in profondità, il cammino di una tradizione e di una corrente ideale – quella del cattolicesimo sociale e popolare – che conserva una vibrante attualità e una bruciante modernità anche nella stagione contemporanea. E questo anche grazie a uomini come Franco Marini e alla loro preziosa testimonianza civile.

×

Iscriviti alla newsletter