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Le sfide globali al 2040? Per l’intelligence Usa sono tecnologia e clima

Global Trends 2040, il rapporto quadriennale del National Intelligence Council, tratteggia le evoluzioni e i pericoli a cui andiamo incontro. La delicata danza geopolitica tra sviluppo tecnologico e questione climatica è il fulcro del prossimo ventennio. Motivo per cui la risposta umana a queste sfide determinerà gli assetti geopolitici, economici e militari da qui al 2040

Come sarà il mondo tra vent’anni? Global Trends 2040, il nuovo rapporto del National Intelligence Council (ossia il think tank della comunità di intelligence americana) offre cinque scenari che vanno dal più idilliaco al più catastrofico. Le previsioni sono frutto di un’estesa analisi di tendenze geopolitiche, naturali e storiche, perché è dallo studio e definizione di questi parametri che deriva la comprensione delle forze in gioco.

Il rapporto definisce il Covid-19 “la perturbazione globale più significativa dalla seconda guerra mondiale, con implicazioni su salute, economia, politica e sicurezza che riverbereranno per anni”. Eppure si tratta solo di un tassello del mosaico, al pari di – tra le altre cose – i grandi cambiamenti demografici, le migrazioni di massa, l’emergenza climatica, l’evoluzione dei mercati, le tensioni politiche, gli equilibri tra le grandi potenze e, non da ultimo, l’evoluzione della tecnologia.

La delicata danza geopolitica tra sviluppo tecnologico e questione climatica è il fulcro del prossimo ventennio. Motivo per cui la risposta umana a queste sfide determinerà gran parte degli assetti geopolitici, economici e militari da qui al 2040.

 

Lo sviluppo tecnologico…

La tecnologia è una lama a doppio taglio perché offre il potenziale per mitigare alcuni problemi, come malattie e cambiamento climatico, ma può anche portare alla perdita (o la trasformazione) di posti di lavoro. Il rapporto prevede che nei prossimi due decenni assisteremo a un ulteriore aumento del ritmo e della portata di evoluzioni tecnologiche, le quali “trasformeranno una serie di esperienze e capacità umane ma creeranno anche tensioni e perturbazioni dentro e tra le società, le industrie, gli stati”.

I settori da tenere sott’occhio – quelli che più impatteranno il mondo che verrà – includono intelligenza artificiale, iperconnettività e tecnologie spaziali, tre reami interconnessi in grado di moltiplicare la potenza e l’efficacia di una nazione o renderla più vulnerabile rispetto a quelle più avanzate. La tecnologia è anche potenziale generatrice e mitigatrice di minacce esistenziali più difficili da prevedere come IA fuori controllo, pandemie artificiali, armi a nanotecnologia e la guerra nucleare – quelli che il rapporto chiama low-probability, high-impact events.

La dominanza tecnologica è già una priorità strategica per gli stati impegnati sulla scacchiera globale, ma questa tendenza è destinata ad accrescersi. Talento, know how, risorse e accesso ai mercati sono i fattori che possono fare o disfare i campioni tecnologici. La gara è “inestricabilmente legata” all’evoluzione della geopolitica e alla rivalità tra Cina e Usa, secondo il think tank; il successo ultimo sarà solo accessibile alle compagnie con “focus a lungo termine, risorse e portata globale”.

In altre parole, un sistema-Paese più globale e integrato con quelli alleati ha più possibilità di successo. È anche vero che un Paese più autocratico può esercitare un’influenza globale anche ammettendo l’esistenza di un grado di libertà inferiore. I valori dei Paesi costituiscono già la base del possibile scisma tecnologico tra Oriente e Occidente.

Nonostante la disparità di risorse tra i Paesi più sviluppati e quelli emergenti, la convergenza scientifica alimenta l’innovazione, e l’adozione globale di tecnologie già sviluppate potrà beneficiare questi ultimi – basti pensare a biotecnologie capaci di garantire cibo e salute migliori anche ai Paesi più a rischio.

Da qui al 2040 le innovazioni biotecnologiche “permetteranno alle società di ridurre malattie, carestie e dipendenza petrolchimica”, con un potenziale impatto sul 20% dell’economia globale secondo il rapporto.Resta da vedere se gli effetti positivi bilanceranno l’immenso effetto perturbatore della tecnologia sulla vita delle popolazioni.

 

… e la sfida climatica

Secondo il rapporto gli effetti del cambiamento climatico si intensificheranno da qui al 2040, specie a partire dal 2030. La temperatura globale in salita porterà a eventi climatici (come tempeste, tsunami e siccità) più devastanti, l’innalzamento dei livelli dei mari e la scomparsa di calotte glaciali.

Questi impatteranno in modo sproporzionato i Paesi e le regioni più poveri, “intersecandosi con il degrado ambientale per creare ed esacerbare rischi per la prosperità economica, cibo, acqua, salute e sicurezza energetica”. Una delle conseguenze più importanti sarà la cosiddetta migrazione climatica di massa in seguito alla perdita di sostentamento agroalimentare.

Il dibattito su come affrontare l’emergenza climatica si intensificherà al crescere dell’impatto. Il rapporto prevede che le soluzioni proposte saranno più estreme, toccando ambiti come la geoingegneria (misure artificiali per raffreddare il pianeta, come “schermi spaziali” o modifiche alla composizione dell’atmosfera, dalle conseguenze potenzialmente devastanti). È qui che il raccordo tra tecnologia e clima diverrà sempre più cruciale.

Le scelte sempre più drastiche da prendere, assieme alla volontà e il peso specifico degli attori in campo, si tradurranno in oneri disomogenei e costi diseguali tra Paesi, esacerbati da fattori crescenti come competizione, instabilità e prontezza militare. Un esempio è la Cina, che ha posposto il raggiungimento della neutralità carbonica di dieci anni rispetto ad altri Paesi sviluppati per non svantaggiare il proprio progresso pur essendo il produttore di CO2 più grande al mondo.

La conseguenza più naturale sarà più discordia geopolitica sul tema tra coloro che auspicheranno di raggiungere la neutralità carbonica il prima possibile per evitare gli effetti più devastanti e coloro che si faranno promotori di cambiamenti graduali e basati sull’evoluzione tecnologica per mitigare l’impatto della transizione ecologica sulla popolazione (o sulla propria solidità economica, come gli stati basati sul petrolio).

Le tecnologie protagoniste saranno dunque quelle relative alla produzione energetica (fotovoltaica, eolica, nucleare, idrogeno verde) e all’accumulo, unitamente alle tecniche di cattura del carbonio e all’efficientamento generale dei sistemi. Secondo il rapporto gli idrocarburi continueranno a giocare un ruolo importante per i prossimi vent’anni, ma i costi delle rinnovabili in picchiata contribuiranno a guidare la transizione energetica nella direzione giusta.

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