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Come siamo messi con la libertà di informazione in Italia? I dati Emrg

Di Michele Zizza

L’Euromedia Research Group è una rete di ricercatori nata nel 1982 inizialmente come seminario sulla politica dei media nell’ambito dell’European Consortium for Political Research. Oggi valuta lo stato di salute del nostro Paese dal punto di vista dell’indipendenza dell’informazione. Ecco cosa dice l’ultimo report nell’analisi di Michele Zizza, Università La Sapienza di Roma

Fresco di stampa, come si diceva un tempo, è arrivato il report sulla libertà di informazione 2021 dell’Emrg. L’Euromedia Research Group è una rete di ricercatori nata nel 1982 inizialmente come seminario sulla politica dei media nell’ambito dell’European Consortium for Political Research (Ecpr). Da allora i progetti sono stati tanti e anche i tavoli tecnici a cui Emrg ha preso parte, cambiando nel tempo il numero dei membri, ma non perdendo mai le modalità di lavoro e le finalità. Il team ha lo scopo di raccogliere e scambiare informazioni; di sviluppare e applicare protocolli che aiutano a descrivere e analizzare gli sviluppi nelle strutture e nelle politiche dei media in Europa.

L’attività principale del gruppo, ancora oggi, resta quella di incontrarsi regolarmente nei rispettivi Paesi e di produrre pubblicazioni tecnico-scientifiche. Tra i tanti lavori il report sulla libertà di informazione torna estremamente interessante e utile per analizzare il “quadro clinico” del giornalismo italiano, compararlo con gli altri modelli internazionali e “diagnosticare” le eventuali criticità che lo rendono cagionevole. Per arrivare a questo documento scientifico i ricercatori hanno posto alla base della loro indagine l’importanza della libertà della comunicazione e dell’informazione, ritenendo, dunque, questa libertà un parametro necessario per garantire la democraticità di uno Stato.

18 Paesi analizzati, oltre 50 ricercatori coinvolti, più di 20 università interessate e 3 interrogazioni: i media devono fungere da guardiani del flusso di informazioni; i media devono garantire spazi per la discussione pubblica seppur con idee diverse e spesso contrastanti; i media devono agire come cane da guardia pubblico contro l’abuso di potere nelle sue varie forme. Senza addentrarci nei tecnicismi sulla metodologia, le teorie di framework, i dati delle survey e gli indicatori, entriamo nel vivo del rapporto e vediamo il nostro Paese come sta messo.

Pensiamo al punteggio di 60 come la sufficienza. Dei 18 Paesi monitorati non tutti raggiungono la sufficienza e tra questi vi è anche l’Italia con 56 punti. Altri Paesi dell’area mediterranea sono messi come noi o forse peggio, mentre a superare di gran lunga la sufficienza sono la gran parte degli Stati del Nord Europa: Finlandia, Danimarca, Svezia, Uk. Anche la Germania fa meglio mentre in coda troviamo la Grecia e altri stati extra Ue come Cile, Hong Kong, Australia. All’Italia diversi 1 (punto più basso su una scala da 1 a 3), tra cui quello all’attività di controllo (C1) poiché da noi non esiste una tradizione di controllo dei controllori (media). Ciò è dovuto a un modello autoreferenziale di giornalismo, o modello “polarizzato pluralista” del rapporto tra media e politica, tipico del Mediterraneo. Altro punteggio basso alla voce (C2) indipendenza dei mezzi di informazione dai detentori del potere.

L’indipendenza dei mezzi di informazione è un aspetto critico del giornalismo italiano, nato da rapporti di lunga data con i poteri politici ed economici. Alla voce (C5) sicurezza del lavoro dei giornalisti, otteniamo un altro 1. Si riscontrano molte lacune in termini di pagamenti e regimi di tutele. Anche alla voce (E10) regole e pratiche sul pluralismo interno otteniamo il punteggio più basso. Anche la finestra (F9) parità di genere nei contenuti multimediali totalizza un solo punto: i mezzi di informazione italiani sono sempre più presentati e prodotti da giornaliste donne. Tuttavia, sono ancora soprattutto gli uomini a “fare notizia” mentre le donne continuano a essere emarginate dall’agenda delle notizie. Nella maggior parte degli studi comparativi sulle parità di genere l’Italia ottiene ancora punteggi inferiori alla media europea e globale anche se, finalmente, negli ultimi anni si può riscontrare una virata positiva. Un punteggio alto, 3, lo troviamo alla finestra (F2) modelli di utilizzo dei media (consumo di notizie). Quasi tutta la popolazione italiana accede ai media per essere informata e oltre l’80% dei cittadini accede regolarmente alle informazioni. Solo una nicchia di italiani (circa il 5%) non è affatto informata. La televisione è il mezzo con il maggior valore informativo.

Alla ricerca, per l’Italia, hanno partecipato docenti e ricercatori del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale CoRiS della Sapienza, delle Università di Padova, di Torino, di Napoli, di Siena e di Milano. Un report che ci offre la possibilità, ancora una volta, di riflettere su due assunti: A) l’importanza del ruolo del giornalismo nel mantenere/rafforzare il processo democratico; B) in un’organizzazione democratica, come possiamo notare, gli Stati che superano la sufficienza sono quelli con i migliori risultati in termini di Pil, Welfare, riforme. Pertanto, possiamo asserire, dati alla mano, che un Paese con maggiore libertà di informazione è un Paese che cresce e diventa competitivo nel panorama internazionale.

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