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Bruno Arpaia racconta Luis Sepúlveda, tra amicizia e passioni

È passato un anno dalla morte di Luis Sepúlveda, portato via improvvisamente dal Covid. Bruno Arpaia nel suo volume “Luis Sepúlveda. Il ribelle, il sognatore” (Guanda) racconta il lato umano dello scrittore cileno tra nostalgia, ricordi, impegno politico e amicizia

“Amico mio, tutta questa amicizia che non vuole sentirsi orfana accompagnerà per sempre le persone che ami. Qualunque cosa succede”. Queste le parole di José Manuel Fajardo rivolte a Luis Sepúlveda sul gruppo whatsapp creato dalla moglie Carmen con tutti gli amici sparsi per il mondo per stargli vicino emotivamente durante gli ultimi giorni.

A raccontare gli attimi concitati prima di capire che non si sarebbe più svegliato è Bruno Arpaia, scrittore, giornalista e traduttore, nel suo volume “Luis Sepúlveda. Il ribelle, il sognatore”, pubblicato da Guanda, che oggi ha raccontato la potenza dello scrittore e la grandezza dell’uomo anche su Radio Rai 3, a un anno dalla morte.

IL 16 APRILE 2020

Sepúlveda è stato il primo caso di coronavirus nelle Asturie, dove ha inaugurato purtroppo il reparto Covid dell’ospedale, accompagnato dalla moglie, che aveva il tampone negativo e alla quale ha riservato teneramente le ultime parole: “Magnifico, amore mio, magnifico”. Una morte che lacera e che coglie tutti, in quel periodo, quasi impreparati forse perché ancora l’impatto della pandemia era ben lontano dalla reale comprensione. Lui, abituato ad essere sempre circondato da tante persone care, si ritrova a morire isolato, per la crudeltà di questo virus.

Lucho, come lo chiamavano gli amici, aveva capacità di premonizione, forse anche al suo ultimo compleanno, festeggiato in Italia con tutta la sua grande famiglia editoriale, tra cui la sua traduttrice italiana, Ilide Carmignani, a ottobre del 2019. Sul suo volto la stanchezza, ma anche un’ombra per l’età che avanzava, le preoccupazioni. Ma forse solo un’inquietudine che lo stava accompagnando a quel 16 aprile 2020 che non avremmo mai voluto.

LA VITA E IL SUCCESSO

Il successo per Sepúlveda era qualcosa che accoglieva con gratitudine, ma da cui non veniva travolto, spiega Arpaia nel suo libro. Continuava ad essere sempre cittadino del mondo, persona attiva politicamente, che continuava a indignarsi per le ingiustizie, ma anche “un signor romanziere”.

La sua fu “una vita di formidabili passioni” per citare una sua opera, perché nacque in maniera rocambolesca già fuggitivo durante la fuga d’amore dei suoi genitori: una mamma minorenne e il papà denunciato dal nonno materno. Tutto questo poi rientrò, la sua gioventù fu felice.

Da giovanissimo però la sua vita scelse la politica, tanto che entrò fieramente nel Gap, la Guardia personale del presidente Allende, e nel frattempo si sposò con Carmen, ebbe il primo figlio Carlos e continuò gli studi con una tesi su Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello. Ma il golpe di Pinochet cambiò tutto. Fu arrestato, torturato e infine esiliato.

La sua vita fu errante, ma questo suo essere sempre in giro per il mondo era dovuto alle circostanze, al lavoro, non perché si sentisse davvero un “cileno errante”, come lo aveva definito in un libro Pino Cacucci. In fondo Lucho, racconta Arpaia, appena arrivato a Gijón in Spagna capì che era quella la sua casa: lì riuscì a far parte di una comunità.

SEPÚLVEDA E L’ITALIA

Bruno Arpaia, amico di Sepúlveda per quasi trent’anni, racconta anche il forte legame con il nostro Paese che si salda quando nel 1996 pubblicò “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”. Enzo D’Alò nel 1998 diresse il film tratto da questa suggestiva favola e consacrò l’enorme successo dell’autore, che prestò la sua voce al lungometraggio.

Un successo sano, che non riusciva a spiegarsi e che veniva dalla passione dei lettori, ma anche di tutti quelli che ci avevano lavorato, come gli editori, i librai, i traduttori che non finiva di ringraziare. In fondo questa favola la considerava la più sovversiva perché i temi erano quelli da lui sempre amati: l’amicizia, la solidarietà, in un mondo dove non tutto è così scontato. Un mondo che sapeva guardare e narrare da dentro, non come scrittore “impegnato” come non amava definirsi, ma come scrittore “coinvolto” nel suo tempo.

EVOCAZIONE E LEGGEREZZA IN UN GRANDE SCRITTORE

Luis Sepúlveda, non è retorica, rimarrà vivo grazie ai suoi romanzi e alle sue favole, sia per un pubblico di adulti, sia per un pubblico di bambini e ragazzi, con la sua preziosa leggerezza, da non confondere mai con la superficialità, anzi. Come ricorda Arpaia, la sua grande capacità di evocazione rende tutta la narrazione semplice e leggera ma capace di un tocco di profondità che solo i grandi riescono a dare.



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