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Gagarin, lo Shuttle e la Luna. L’avventura spaziale raccontata da Franco Malerba

Sessant’anni dal primo uomo nello Spazio e quaranta dal debutto in orbita del celebre Space Shuttle. Cosa resta di quelle avventure nell’intervista a Franco Malerba, il primo italiano a superare l’atmosfera nel 1992. “Gagarin è riuscito a essere immortale”. L’esplorazione dello Spazio? “Oggi siamo in una nuova era”

All’inizio fu pura competizione geopolitica, poi divenne ricerca scientifica, sviluppo industriale, fino alla convergenza di tutti e tre mondi, oggi protagonisti di una nuova era dell’esplorazione spaziale. È così che Franco Malerba ricostruisce le ricorrenze di questo 12 aprile, dalla celebre “Terra blu” vista da Jurij Gagarin nel suo viaggio del 1961, al volo inaugurale del 1981 dello Space Shuttle, il veicolo che ha fatto la storia del primato americano nel successivo trentennio. Malebra è stato il primo italiano nello Spazio: nel 1992 trascorse circa otto giorni oltre l’atmosfera, tutti a bordo dello Space Shuttle Atlantis per la missione STS-46, con il compito di effettuare l’esperimento Tss-1, anche noto come “satellite al guinzaglio”.

A sessant’anni dal primo uomo nello Spazio, cosa resta del viaggio di Gagarin?

Il volo di Gagarin nel 1961 ebbe soprattutto un grande significato geopolitico. All’epoca della competizione tra superpotenze, la capacità di mandare l’uomo nello spazio poteva alterare gli equilibri mondiali. Oggi, dopo sessant’anni, si vive quel volo come l’inizio di una grande avventura, insieme allo Sputnik e insieme allo sbarco sulla Luna. Un’avventura incredibile nell’esplorazione dello Spazio. Quella competizione permise di allargare il nostro orizzonte: da un orizzonte piatto all’orizzonte sferico del nostro Pianeta visto dall’alto. Se oggi ragioniamo di come realizzare insediamenti abitati su altri corpi celesti (a partire dalla Luna, così vicina, accessibile, ma anche piuttosto inospitale), è grazie alla spinta di quella competizione.

Poi il 12 aprile del 1981, il debutto dello Space Shuttle.

Il programma Shuttle rappresentò un’altra fase della storia dell’esplorazione spaziale. A quel tempo, uno degli elementi preponderanti nella motivazione del volo spaziale era la ricerca scientifica, a differenza delle prime fasi in cui prevale la componente di difesa strategica e geopolitica. I primi astronauti provenivano non a caso dalle Aeronautiche militari, con eccellenti curricula di performance aeree, migliaia di ore di volo e magari anche impegni operativi Vietnam.

E nel programma Shuttle?

Nel programma Shuttle prevaleva, come detto, l’aspetto della ricerca scientifica. Da questo punto di vista, ha dato maggiore solidità al programma spaziale facendo emergere, accanto alla comunità di interessi strategici, il ruolo della comunità scientifica, e con lei di quella industriale. Anche oggi le attività spaziali sono il risultato della straordinaria convergenza di queste tre comunità. Pensiamo a Galileo, il sistema europeo di navigazione e puntamento satellitare: serve a chi vuole fare l’analisi del Pianeta per studiare, ad esempio, l’agricoltura di precisione; serve all’industria, che ha piacere nello sviluppare attrezzature spaziali, ed è utile per la difesa, perché i servizi offerti hanno tante applicazioni in campo militare. Tutto questo è il prodotto di un cambiamento di orizzonte che, con il passare del tempo, ha coinvolto comunità sempre più larghe.

E lei come è arrivato al volo nello Spazio?

Io sono arrivato al volo nello Spazio dalla scienza. Sono un pilota “piccolo”; ho il brevetto, ma non migliaia di ore di volo e performance eccezionali. Potevo però vantare titoli importanti dal punto di vista della ricerca scientifica, dell’attività in laboratorio e dell’abilità di maneggiare apparecchiature sofisticate per operazioni ricche di contenuti scientifici.

Oggi come evolve la comunità spaziale?

Si sta arricchendo ulteriormente della dimensione economica. Tutti siamo ormai convinti del proficuo rapporto tra economia e scienza, e ciò è vero anche in campo spaziale. Assistiamo così all’afflusso di capitali rilevanti da parte di privati che, ovviamente, si aspettano ritorni sugli investimenti in tempi relativamente brevi, e che ipotizzano servizi di turismo spaziale e di utilizzo di risorse extra-terrestri (ad esempio da asteroidi e dalla Luna), iniziando ad affiancare gli investimenti pubblici.

Torniamo a Gagarin. La morte precoce (aveva appena compiuto 34 anni) ha alimentato il mito, ma anche i sospetti e i misteri intorno all’Unione sovietica dell’epoca. Che idea ha del “personaggio” Gagarin?

Non ho conosciuto Gagarin. Attraverso la mia esperienza posso però immaginare alcune delle sensazioni nel momento in cui ci si propone e ci si impegna per un avventura di questo genere. C’è prima di tutto il rischio di perdere la vita. Parliamo di sistemi di trasporto sperimentali, e di una persona che per prima, nella storia, affronta un’avventura del genere con un rischio elevatissimo, oggi giustificabile solo dall’obbedienza con cui il soldato risponde agli ordini, oppure dalla ricerca dell’immortalità, perché per un’avventura simile si è ricordati per sempre. E in effetti, nonostante la breve vita, Gagarin rimane nella storia come un personaggio immortale. A ciò magari si aggiunse anche la sfida professionale di provare qualcosa di ulteriore sfidante. Consideri che all’epoca non si sapeva con certezza quale sarebbe stato il comportamento del corpo umano in condizioni di assenza di peso. Dunque, accanto al rischio del viaggio e del rientro (fasi sempre delicate, affidate ai sistemi di trasporto), ci si chiedeva anche come si sarebbe comportato il suo fisico. Tutto sommato, si è scoperto che non è poi così complicato, ma all’epoca il dubbio esisteva. Ma c’è un aspetto abbastanza singolare della storia di Gagarin che va considerato.

Quale?

Che era un personaggio piuttosto semplice, che improvvisamente si è ritrovato a essere il campione dell’Unione sovietica, quello che stringeva la mano ai massimi leader politici e quello che gli stessi leader si contendevano come se fosse un oggetto prezioso. È una transizione complicata che può rendere la vita difficile. Non so come lui l’abbia vissuta. Anche a me, in parte, è capitato, ospite in trasmissioni televisive (da Costanzo o da Pippo Baudo) per situazioni non strettamente scientifiche. Alla fine ci se ne fa una ragione, interpretando le missioni nello spazio alla luce del sistema che ci manda lassù, alla luce cioè del popolo che vede in noi una parte di lui che affronta la nuova frontiera.

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