Un documento siglato da centinaia tra le compagnie americane più grandi e gli amministratori più influenti condanna gli sforzi (repubblicani) per limitare l’accesso alle urne. Ecco perchè così tante corporazioni stanno entrando nell’arena politica statunitense
Corporate America si sta scontrando frontalmente con il Partito repubblicano statunitense in difesa del diritto di voto. Centinaia tra le compagnie americane più grandi e gli executives più influenti hanno firmato una dichiarazione congiunta in cui esprimono la loro opposizione a “qualsiasi legislazione discriminatoria” in grado di restringere la platea degli aventi diritto al voto.
La tensione è alle stelle da settimane. Esponenti del Grand Old Party in 47 stati americani stanno compiendo uno sforzo coordinato (più di 300 disegni di legge) per irrigidire le regole di accesso alle urne. Già dal mese scorso un gruppo ristretto di compagnie – tra cui Coca-Cola, Delta Airlines e JP Morgan – si sono opposte alla prima legge di questo tipo, passata in Georgia, che limita pesantemente la possibilità di votare in anticipo o per posta.
Per il Partito democratico statunitense e il movimento Black Lives Matter si tratta di misure che colpiscono sproporzionatamente gli elettori di colore e sono pensate per garantire il successo elettorale dei repubblicani a partire dalle prossime midterms nel 2022. Il GOP ha attaccato aggressivamente le succitate compagnie; l’ex presidente Donald Trump e il leader dei repubblicani al Senato Mitch McConnell hanno ingiunto a loro di “star fuori dalla politica” e hanno invitato gli americani a boicottarle.
Man mano che la temperatura si innalzava, sempre più compagnie e dirigenti hanno risposto all’appello della Black Economic Alliance e di un nutrito gruppo di dirigenti afroamericani, tra cui Kenneth Chenault (già a capo di American Express) e Kenneth Frazier (CEO di Merck). Questi ultimi sono i promotori della dichiarazione apparsa mercoledì 14 aprile sotto forma di annuncio pubblicitario sul New York Times e sul Washington Post.
La dichiarazione condanna “qualsiasi legislazione o misura discriminatoria che limita o impedisce a qualsiasi avente diritto al voto di avere un’opportunità equa e imparziale di esprimere un voto”. Non esplicita nessun disegno di legge in particolare ed è pensata per essere bipartisan; nelle parole di Frazier “queste non sono questioni [partitiche], sono le questioni che si imparano a educazione civile”.
Tra i firmatari di questo ultimo documento figurano centinaia di nomi di grandi compagnie – tra cui Amazon, Apple, BlackRock, General Motors, Goldman Sachs, Google, Netflix e Starbucks – e manager che hanno preferito firmare a titolo personale, tra cui Warren Buffett (Berkshire Hathaway) Jane Fraser (Citigroup), oltre sessanta studi legali e diverse celebrità hollywoodiane come Samuel L. Jackson e Katy Perry.
Nella lista non figurano Nike e Walmart, che hanno preferito non esporsi. Il New York Times scrive che Coca-Cola, Delta e JP Morgan hanno preferito non firmare e azzarda l’ipotesi che il loro cambiamento di idee sia dovuto alle pressioni ricevute dai repubblicani, tra cui il boicottaggio e la minaccia di lawmaker della Georgia di abrogare un’agevolazione fiscale che fa risparmiare milioni di dollari alla Delta, acquartierata nella capitale Atlanta.
Sulla scia di quanto avvenuto tra Coca-Cola, Delta e la Georgia, molte corporazioni si stanno anche impegnando a livello locale, osteggiando i ddl in questione negli Stati in cui sono basate. Ford e GM hanno esplicitamente condannato i legislatori del Michigan, Hewlett Packard si è scagliata contro quelli del Texas e un gruppo di aziende che include CVS, Allstate, Farmers Insurance e Enterprise Holdings hanno fatto lo stesso in Arizona.
La situazione è sintomatica di profonde divisioni nella società americane, culminate l’estate scorsa nel movimento di protesta Black Lives Matter dopo la morte del cittadino afroamericano George Floyd per mano di un poliziotto bianco, Derek Chauvin, sotto processo proprio in questi giorni.
La risonanza sociale di BLM ha impattato trasversalmente i mondi della politica, del business, dello spettacolo e dello sport. Il movimento, intersecatosi con la politica quando è stato raccolto dai democratici, ha portato anche realtà come corporazioni, attori e squadre sportive ad agire in supporto agli americani di colore, spesso svantaggiati alle urne. Diverse squadre della National Football League e della National Basketball Association, per esempio, hanno trasformato i loro stadi in centri di votazione per le presidenziali di novembre 2020.
La questione è diventata pesantemente politicizzata. Generalmente i democratici – e il presidente Joe Biden – credono che si debba fare di più per combattere il “razzismo sistemico” che permea gli States. Molti repubblicani invece vedono le proteste di BLM come manifestazioni di delinquenti e credono che l’ex presidente Donald Trump abbia perso le ultime elezioni per via di brogli elettorali, uno dei motivi dietro alle restrizioni promosse dai lawmakers del GOP.
In seguito alle proteste delle singole compagnie di cui sopra, diversi leader repubblicani hanno accusato le corporazioni di parteggiare per i democratici. Ma anche se le pressioni da parte repubblicana hanno sortito l’effetto voluto del caso della Georgia, la dichiarazione apparsa il 14 aprile rappresenta il più vasto coordinamento di compagnie sull’argomento.