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I nuovi oceani sono tra le stelle. Scrive Giorgio Saccoccia

Di Giorgio Saccoccia

Il nuovo oceano da navigare, oggi, è lo spazio. La sua vastità ci attira e intimorisce al contempo. Allontanarci dal nostro porto, la Terra, richiede gli stessi ingredienti che hanno reso possibile l’epoca delle grandi scoperte cinquecento anni fa. Scrive (sulla rivista Airpress) Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana

L’era delle grandi scoperte geografiche viene storicamente fatta coincidere con il passaggio dal Medioevo al Rinascimento. L’esplorazione, realizzata con coraggio e ingegno inediti attraverso la navigazione degli oceani, divenne strumento di crescita culturale ed economica senza precedenti, aprendo nuovi orizzonti politici e scenari evolutivi inimmaginabili prima di allora.

La bussola, l’astrolabio, la cartografia introdotti allora, diventano oggi le tecnologie e i sistemi delle sonde robotiche, come Mars 2020 o Exomars 2022, dei rover planetari come l’americano Perseverance o l’europeo Rosalind Franklin, degli strumenti scientifici che studiano la superficie e il sottosuolo lunare e marziano, come il Marsis italiano che scoprì nel 2018 acqua liquida e salata nel sottosuolo marziano o l’incredibile trivella italiana che preleverà fino a due metri di profondità campioni del “pianeta rosso” per analizzarli in loco.

Sono gli strumenti dell’esplorazione, gioielli tecnologici, capolavori d’ingegneria. Servono a conoscere e preparare l’ambiente che presto l’essere umano potrà raggiungere e ispezionare direttamente, per cominciare un nuovo capitolo della nostra storia. La fiducia e la benevolenza dispensate dai nobili di un tempo, le loro risorse rese disponibili agli esploratori in cambio di lontane proprietà sconfinate e di gloria imperitura, hanno ceduto il passo alle iniziative e al sostegno delle agenzie spaziali, quali l’Asi, la Nasa e l’Esa, che concepiscono e realizzano programmi come Artemis (tornare sulla Luna per restarci) e Mars sample return.

Le agenzie valutano la fattibilità delle missioni di esplorazione; ne progettano le architetture; scelgono le industrie, le tecnologie, gli strumenti che ne renderanno possibile l’attuazione; raccolgono le risorse finanziarie necessarie attraverso i governi che rappresentano; realizzano accordi di collaborazione internazionale per abilitare gli sviluppi sinergici tra Stati, l’unica via per trasformare in realtà progetti così complessi e innovativi, che necessitano di un impegno e di una creatività globale, senza confini, federata nell’unico orizzonte di una crescita virtuosa, sotto l’egida della ricerca scientifica e tecnologica orientata a importanti obiettivi comuni.

La scoperta nel Medioevo di una via economica e rapida per le merci e le spezie trova un analogo al giorno d’oggi nella prospettiva di una economia inaspettata e sostenibile, proiettata al di fuori del nostro Pianeta. La produzione di materiali, di farmaci impossibili sulla Terra, l’estrazione di risorse rare, il trasferimento tecnologico dall’innovazione spaziale a una infinità di applicazioni terrestri, il turismo e la logistica spaziale, nuove opportunità per scienza e ricerca, nuovi modelli di business derivanti dall’utilizzo di risorse e di dati raccolti lontano dal nostro pianeta: sono solo alcune delle opportunità che, come avvenne grazie ai nuovi sentieri tracciati nell’era delle grandi esplorazioni, attirano oggi investimenti e progetti privati, rendendo l’esplorazione spaziale non più solo il traguardo di scienziati e istituzioni, ma un nuovo fenomeno di attrazione di capitali privati, avviamento di iniziative commerciali inedite, crescita imprenditoriale.

Come per l’era delle grandi esplorazioni, le conquiste avvennero e avverranno procedendo con coraggio ma anche con cautela, un passo dopo l’altro: lo spazio è una sfida per l’essere umano. Abbiamo iniziato con l’orbita terrestre, “colonizzata” dagli anni Settanta in poi con le prime infrastrutture abitate, fino al successo della Stazione spaziale internazionale (Iss) e ai primi progetti di stazioni commerciali. L’Italia ha un ruolo di leader da sempre in questa impresa, con i suoi moduli pressurizzati, i suoi prodotti unici, come la “Cupola”, la finestra sul cosmo della stazione, e poi l’esperienza di volo degli astronauti, le tecnologie, gli esperimenti scientifici, la ricerca.

Adesso tocca alla Luna, al progetto di avamposto nella sua orbita con il Lunar Gateway che fungerà da porto logistico e operativo per le missioni dalla Terra alla superficie lunare. Ancora una volta sarà l’Italia a fornire elementi-chiave per la sua abitabilità con l’idea che questi moduli, queste tecnologie possano essere componenti di sistemi utilizzabili anche per discendere e risalire dalla Luna e per “urbanizzarne” la superficie, grazie ad architetture modulari e di facile espansione, che abiliteranno operazioni di complessità sempre maggiore, necessarie per realizzare l’infrastruttura capace di ospitare una presenza umana permanente sul nostro satellite.

In parallelo le missioni robotiche su Marte, guidate o contribuite dal nostro Paese, tracceranno la via per il prossimo grande balzo per l’umanità che, partendo dall’esperienza dell’esplorazione lunare, si spingerà ancora una volta ben oltre i confini del conosciuto, perpetrando quello che abbiamo imparato a fare sin da quando ci siamo avventurati oltre l’orizzonte visibile, con le vele dispiegate all’ignoto. Esploriamo (siamo esseri umani), sapendo che le scoperte supereranno le ambizioni del singolo esploratore. E saranno gli occhi e la mente di altri, dei nostri figli, a svelare straordinari segreti, grazie all’apertura di sentieri mai percorsi prima: ciò che stiamo facendo oggi con l’esplorazione spaziale. La magia di un viaggio infinito, immenso come lo spazio, possibile solamente se voluto e condiviso da chi, come noi, crede nella ricerca e nel futuro. E l’Italia, questo viaggio, lo percorre da sempre.

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