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È l’ora delle scelte per la parità vera (lo dice la Costituzione)

Tiziana Ferraio, con il suo testo “Uomini è ora di giocare senza falli”, ci pone dinanzi ad un bivio che ha il sapore di richiamo Shakespeariano: essere o non essere? Domanda che chiaramente non si limita ad individuare il dualismo tra essere femministi o maschilisti, ma apre ad un approccio consapevole e responsabile rispetto al tema piuttosto che bearci di apparire tali

Se c’è da considerare, come punto di partenza, un principio fondamentale della nostra carta pilastro in ordine alla parità (qualunque essa sia) si tratta, senza dubbio, dell’articolo 3. La musicalità e l’armonia concettuale della terza enunciazione (terza solo per ordine sistematico, ma primo come tutti i 12 principi fondamentali) sono in pieno stile a mo’ di colonna sonora del compianto maestro Ennio Morricone.

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Già dopo aver letto questa frase ci si può accorgere di come, nel lontano dopoguerra, i costituenti avessero pensato e immaginato la nuova società italiana non solo per l’immediato presente, ma soprattutto del futuro. Il tutto con una vision programmatica ben precisa: obiettivo continuo e ciclico per chi si fosse vestito, temporaneamente e temporalmente, del potere normativo.

Siamo nel 2021 e le falle sistemiche in materia di parità sono ancora molteplici. Non che non si siano fatti passi in avanti rispetto al come (quasi tutte) le società nel periodo post-bellico risentissero dell’impianto patriarcale, ma sicuramente siamo tutti chiamati rispettivamente a fare di più. La cosa più difficile, in effetti, è fare delle leggi in grado di ispirarsi, formalmente e sostanzialmente, al principio costituzionale della parità. Uno degli ultimi casi più importanti sul piano politico-normativo è stato, ad esempio, il mancato adeguamento della legge elettorale pugliese rispetto al quadro nazionale in materia di doppia preferenza di genere: cosa che ha costretto il governo centrale ad attivare i poteri sostitutivi come Costituzione impone.

La radice del tutto quale sarebbe?

“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Questa frase rappresenta, metaforizzando in chiave prossemica, il dovere-obbligo che la nostra società ha nei confronti di sé stessa: tendere all’elevazione su direttrici essenziali, tutte complementari l’una all’altra, ovvero, immaginando vasi comunicanti tra loro, dignità lavorativa, parità di chance e trattamento, libertà e pluralismo. Al di là della questione di principio, irrinunciabile, “conta l’esempio che si dà in famiglia… non conta la perfezione, ma la giusta responsabilità di ognuno”. Questa frase, perfetta in termini di collegamento rispetto al tema, è di Tiziana Ferrario; chiave di volta, quest’ultima, del suo ultimo libro Uomini è ora di giocare senza falli” (Chiarelettere editrice, 2020). Un’opera letteraria da manuale per conoscere, sul piano dell’attualità, la tendenza alla misoginia ed il maschilismo che permea le società contemporanee.

Tiziana Ferraio, con il suo testo, ci pone (come “società avanza”) dinanzi ad un bivio che ha il sapore di richiamo Shakespeariano: essere o non essere? Domanda che chiaramente non si limita ad individuare il dualismo tra essere femministi o maschilisti, ma apre ad un approccio consapevole e responsabile rispetto al tema piuttosto che bearci di apparire tali.

La risposta da cercare dentro di sé non è, quindi, se propendere per l’uno o per l’altra tendenza (appunto femminismo o maschilismo) benché l’autrice del libro innanzi citato renda bene la provocazione per rifletterci su riportando le diverse esperienze di leader, personalità politiche e di capi di stato più importanti dell’ultimo decennio: da Obama a Trudeau, da Timmermans a papa Francesco ed altri ancora.

La scelta femminista per il maschio moderno vuol significare spogliarsi una volta per tutte della costruzione/costrizione socio-ideologica in cui, ancora oggi, si mantengono in vita palesi storture, disparità di trattamento, chance, ecc. Il concetto chiave, non solo condivisibile ma assolutamente ispiratore, è il perno educativo su cui si può ripensare il modello di società: sul piano scolastico, politico, economico, giudiziario (per citare solo alcuni dei numerosi ambiti sociali). Questioni tutte che ci pongono un’ultima riflessione sul tema partendo da alcuni interrogativi solo apparentemente banali o dalla risposta scontata.

La nostra Costituzione è in realtà femminista essendo la madre i tutte le regole (ammesso che all’epoca fosse sentita la questione a livello di metodologia elaborativa del testo costituzionale)? Sono esistiti solo padri costituenti nel senso che il termine si presterebbe di per sé ad un inquadramento lessicalmente neutro? Se la prima domanda ha riposta positiva, allora, la seconda ha un senso lato e perciò ampio. Se, invece, alla prima domanda si dà una risposta negativa significa che la seconda delle domande è alquanto auto-limitativa nel non considerate tra i padri costituenti anche le madri costituenti.

Ciò perché, a ben vedere, dovremmo ricordare che nell’assemblea costituente del 25 giugno 1946 ci furono 21 donne (Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Gallico Spanto, Angela Gotelli, Angela M. Guidi Cingolani, Leonilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Livia Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana Togliatti, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce Longo, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, M. Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio) delle quali 5 parteciparono alla commissione incaricata di elaborare la Costituzione italiana.

Se questa è la genesi e la radice storico-politica, allora, la nostra Costituzione andrebbe ritenuta una carta nel senso più elevato ed al contempo più prossimo all’essere umano in quanto tale; senza implicazioni sul genere e di genere, ma coniugando e congiungendo in sé stessa tutte le diversità (unicum che, come direbbe Sesto Pomponio, sarebbe un vero e proprio enomenon). Una carta fondamentale fatta da padri e da madri, insieme e sullo stesso identico piano, che ebbero la forza di pensare ad una società che si proiettasse lontano rispetto a quella violentata dalla cupidigia umana del tempo di poco prima. La nostra società ne è la figlia sicuramente un po’ scapestrata, ma pur sempre di questi genitori. Diversità, quindi, che non deve essere significativa di differenze.

Questo la politica deve evitarlo con le leggi. Sempre ammesso che gli elettori facciano il proprio. Pena la disparità ed il soggiogamento di relazione tra il governante ed il governato. Cosa non tanto lontana da ciò che succede negli ambiti della vita sociale quotidiana ove contrassegnati dalla misoginia a cui, però, non va dissociato il rovescio della medaglia: l’ignoranza delle buone maniere (a prescindere dallo studio).

Educarsi come sistema-Paese su questo fronte, parafrasando ciò che ben dice Tiziana Ferrario nel libro, può fare la differenza piuttosto che le differenze. Ma per permeare la società contemporanea e spingerla verso la direttrice delle pari opportunità vere servono persone di buona volontà.


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