L’alleanza di destra insieme può arrivare al 65%, mentre il Movimento 5 Stelle ora è profondamente travagliato sul suo futuro. Sta al Partito democratico di Letta essere ben saldo e in grado quasi di dettare i termini dell’alleanza, soprattutto in materia economica. Nel segno comunque della discontinuità su alcune situazioni cruciali per il governo Draghi. Il corsivo di Giuseppe Pennisi
Enrico Letta ha il difficilissimo compito di fare diventare il Partito democratico un partito “a vocazione maggioritaria” oppure farlo essere il perno di una coalizione, il Nuovo Ulivo, “a vocazione maggioritaria”.
È un’impresa molto ardua in un contesto in cui i sondaggi affermano che, ove si votasse oggi, l’alleanza di centrodestra potrebbe ottenere circa il 65% dei seggi nelle due Camere e in quanto il suo principale potenziale partner, il Movimento Cinque Stelle (M5S), è profondamente travagliato su quello che deve essere il suo futuro, a breve, medio e lungo termine. Se il M5S è “in bilico” tra movimento quasi peronista al tempo stesso di sinistra, di destra e di centro, il Pd deve essere ben saldo ed in grado quasi di dettare i termini dell’alleanza, soprattutto in materia economica.
Come ho già scritto su questa testata, conosco Letta da circa trenta anni e ho grande stima delle sue capacità. Dato che ho circa venticinque anni più di lui, mi permetto di dargli un paio di consigli non richiesti.
Il suo obiettivo, peraltro non facile, può essere raggiunto unicamente nel segno della discontinuità. Anche il Pd è, per molti aspetti, in bilico, tra netto supporto al programma del governo Draghi – un programma che ha unicamente due obiettivi: domare il Covid-19 e rimettere in moto la crescita – e nostalgie del governo Conte 2 quando il partito aveva un numero maggiore di ministri, di sottosegretari e di incarichi anche potenziali nelle aziende a partecipazione statale.
La discontinuità deve essere netta. Se un “capocorrente” di sorta del Pd presidente di una Regione si oppone, anche apertamente, alla strategia vaccinale del governo, deve essere smentito da chi è alla guida del partito e, se del caso, essere deferito ai probiviri e ove necessario espulso, anche se ciò implica una scelta che potrebbe comportare il rischio di una scissione su base locale.
La lotta alla pandemia da parte del governo Draghi verrebbe, poi, rafforzata da una presa di distanza dalla precedente gestione commissariale, che, a torto o a ragione, si proclama affine ed espressione del Pd. C’è un’inchiesta giudiziaria in corso. Naturalmente, giuridicamente e moralmente, vale la presunzione di innocenza. È unicamente una questione di opportunità nell’ardua fase della ricostruzione del partito.