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Come la decarbonizzazione può essere il volano dell’economia

Secondo l’organizzazione sindacale guidata da Paolo Pirani occorre sfruttare al meglio le risorse disponibili creando catene del valore e massimizzando gli investimenti sulle filiere. Inviata una lettera ad dicastero della Transizione ecologica con le proposte della Uiltec rivolte al Piano per la Transizione Energetica Sostenibile per le Aree Idonee

La Uiltec si è rivolta al ministero della Transizione ecologica in merito alla consultazione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile per le Aree Idonee. Il piano in questione, denominato Pitesai, prevede, tra le altre cose, una procedura integrata di Valutazione Ambientale Strategica ed in questo contesto il sindacato dei lavoratori tessili, dell’energia e della chimica ha scritto di essere iscritto nella lista degli stakeholder che verranno consultati dal dicastero stesso.

Il Pitesai rappresenta uno strumento per l’utilizzo delle aree per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi: oltre alla disamina dettagliata del quadro normativo, dell’ambito di applicazione, delle tecnologie e del quadro attuale delle istanze, nonché la definizione dei criteri normativi e dei vincoli, va garantita la coerenza con gli altri documenti atti a governare la transizione energetica, per la definizione di una strategia integrata di sostenibilità che garantisca lo sfruttamento delle risorse minerarie nel rispetto degli standard e degli obiettivi definiti dal cosiddetto Accordo di Parigi, nonché la definizione puntuale delle azioni programmatiche.

È necessario chiarire i termini ed i limiti giuridici: il documento è di tipo programmatico, e prende in considerazione le attività di definite da leggi dello Stato che, come chiarito dal documento preliminare in merito allo scenario di apertura di nuove zone minerarie marine, subiranno cambiamenti attraverso un Decreto Direttoriale. Gli effetti sul quadro normativo attuale e le eventuali modifiche da prevedere vanno dunque definiti in questa fase. Con riferimento alle attività marine, andrebbe contestualizzato il limite della fascia di rispetto delle 12 miglia nautiche dalle coste e dalle aree marine e costiere protette, per chiarire i vincoli e gli effetti del Pitesai anche sugli accordi con gli altri Stati. Vi sia una garanzia di interventi mirati ed oculati per una vera strategia di razionalizzazione dell’upstream del Paese che non generi solo uno stop indiscriminato delle attività di coltivazione di idrocarburi, e magari un conseguente aumento indiretto dell’import: è necessario definire come la diminuzione della dipendenza energetica, così come riportato nelle proiezioni 2020-2040, e la diminuzione della domanda, legata, secondo lo scenario Pniec, all’efficientamento energetico incideranno sul mix energetico e le conseguenze di tali azioni.

Con riferimento all’aumento dei canoni concessori di 25 volte dalla data del 01 giugno 2019, il legislatore ha previsto la possibilità per i concessionari di dismettere le concessioni meno redditizie o di ridurne l’estensione al fine di garantire un ritorno economico. Quest’ultima attività è stata effettuata solo considerando la nuova tassazione, pur essendo inquadrata nell’ottica della valorizzazione dei beni pubblici e della conseguente sostenibilità ambientale (ha riguardato il 48% circa delle concessioni in terraferma, 47 a terra e 1 a mare). È necessario definire dei meccanismi di salvaguardia di tipo economico- finanziario per garantire l’utilizzo delle aree soprattutto onshore precedentemente ipotizzate per coltivazione di idrocarburi e, a valle dell’aumento dei canoni concessori, considerate ad oggi investimenti non più vantaggiosi da parte dei concessionari affinché la restituzione al territorio di aree impegnate da vincoli minerari non generi effetti di incuria dal punto di vista ambientale o complicazioni dal punto di vista socio-economico.

È necessario introdurre delle garanzie sulle tempistiche per la dismissione delle piattaforme marine e degli impianti onshore, così che possano funzionare da volano economico per l’economia locale- con la creazione di posti di lavoro anche in filiere diverse. È necessario salvaguardare i livelli occupazionali con garanzia di upskilling/reskilling, dato che nel rapporto preliminare si esclude che la razionalizzazione delle aree idonee alle attività minerarie possa avere un impatto sull’occupabilità. È necessario prevedere un intervento per snellire le pratiche autorizzative e normative al fine di garantire bonifiche e ripristino stato ante operam, ovvero il passaggio da suolo consumato a suolo non consumato. È necessario, inoltre, definire tempistiche certe di realizzazione e/o di ripristino ambientale (soprattutto nel caso di pozzi già sottoposti a chiusura mineraria o non produttivi, sterili o con titoli minerari non più vigenti), al fine di garantire l’efficacia degli investimenti ed il recupero di suolo.

È necessario ipotizzare e definire meccanismi virtuosi che favoriscano la gestione dei siti contaminati prediligendo la bonifica alla messa in sicurezza operativa e permanente, con particolare attenzione ai Siti di Interesse Nazionale (Sin). È necessario valutare e definire la possibilità di valorizzazione in chiave non estrattiva delle strutture minerarie offshore in dismissione da upstream petrolifero sulla base degli studi già condotti da RSE S.p.A. sulle Fer- in particolare solare, eolico, moto ondoso e correnti marine: sviluppo di eventuali progetti che amplino gli scenari di utilizzo (impianti per la produzione energetica offshore, sfruttamento per stoccaggio gas naturale e/o CO2 et similia) – garantendo la messa in sicurezza delle opere interconnesse. È necessario prevedere un monitoraggio sulla coltivazione dei giacimenti, affinché vengano rispettati i tempi di estrazione senza creare possibili dinamiche di dissesto e vengano garantite tutte le corrette operazioni di manutenzione per minimizzare le possibili cause di inquinamento o l’incorrere di ulteriori problematiche per la biodiversità, sia essa in ambito terrestre o marino, nonché per le risorse idriche, per i beni culturali e per la salute umana.

Si potrebbe promuovere l’utilizzo del Pitesai per il monitoraggio ed il miglioramento continuo dei risultati a livello di sostenibilità ambientale, economica e sociale, al fine di garantire la massimizzazione dell’efficienza degli investimenti attraverso l’uso di tecnologiche e tecniche all’avanguardia, atte a minimizzare gli impatti per la salute dell’uomo e per la tutela dell’ambiente. Il Pitesai, così come ad oggi presentato, è uno strumento programmatico che definisce lo status quo delle aree reputate idonee alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in Italia; affinché sia efficace ed applicabile, e si generi una virtuosa valorizzazione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, si reputa necessaria una visione strategica integrata dello sfruttamento delle risorse minerarie per garantire un mix energetico realistico e compatibile con gli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi. L’utilizzo degli idrocarburi, infatti, deve essere previsto; si deve intervenire sui processi produttivi affinchè questi siano compatibili con gli obiettivi fissati dal Pniec, integrandoli con lo sviluppo delle tecnologie già oggetto di ricerca per l’abbattimento delle emissioni di gas di tipo serra e climalteranti.

Urgente rimane la definizione di una strategia integrata che non veda le fonti di produzione e gli effetti ad essa associati per compartimenti o tipologia, bensì che punti ad una visione complessiva per il bilanciamento intersettoriale. È necessario promuovere le attività di riutilizzo delle strutture esistenti, previa messa in sicurezza dei sistemi ed adeguamenti necessari, per la produzione di energia da Fer, così come lo sviluppo su scala industriale di tutti gli impianti testati e le tecnologie in grado di favorire la transizione energetica ed il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica. In questo scenario, risulta fondamentale la definizione del ruolo del gas naturale, ad oggi considerato alternativa del carbone e back up delle Fer, nonché come materia prima per la produzione di idrogeno blu con cattura di CO2. Le linee guida, la strategia e le tempistiche di intervento, le eventuali modifiche sul quadro normativo attuale per lo sfruttamento delle risorse minerarie statali devono essere chiarite ed integrate all’interno del documento, per trasparenza e tempestività di individuazione degli strumenti correttivi nel caso di necessità di miglioramento. La razionalizzazione effettuata sulla base dell’aumento dei canoni di concessione deve necessariamente essere seguita dalla programmazione di interventi economici e finanziari nelle aree oggetto di istanze ritirate, con meccanismi di incentivi sugli investimenti per i concessionari affinché sia ne garantito lo sviluppo, nell’ambito della produzione di energia o in altre filiere creando occupabilità e ritorni economici sul territorio.

È quanto mai da scongiurare che tali interventi diventino motivo di blocco di produzione di energia sul territorio nazionale, andando ad aumentare la dipendenza dall’import nel futuro: il processo di decarbonizzazione deve diventare un volano per l’economia, un motore per lo sviluppo tecnologico e per la sostenibilità sociale, sfruttando al meglio le risorse disponibili con la creazione di catene del valore e la massimizzazione degli investimenti sulle filiere, perché non sia meramente una delocalizzazione della produzione di energia in altri Stati con aumento della pressione sui cittadini. Si auspica un intervento immediato per lo snellimento delle procedure autorizzative per la messa in sicurezza, per la bonifica, e per il ripristino dei siti (onshore ed offshore) non solo per l’aumento della percentuale di suolo non consumato, ma per evitare i danni eventuali legati alla mancanza di corretta manutenzione.



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