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Qui comincia l’avventura… del Pnrr. Cosa bisogna fare adesso

Una cabina di regia a Palazzo Chigi e composta da ministri dovrebbe approfondire e migliorare le riforme, e il ministero dell’Economia dovrebbe guidare le altre amministrazioni nell’effettuare le analisi micro-economiche di valore progettuale mancanti al fine di verificare che le risorse verranno impegnate con efficienza ed efficacia. L’analisi di Giuseppe Pennisi

Qui comincia l’avventura… Chi ricorda il Signor Bonaventura, il primo e più originale fumetto italiano che dal 1917 al 1978 ha raccontato ogni settimana su Il Corriere dei Piccoli una vicenda comico-satirica della borghesia italiana che, nell’arco di sessantun anni, cambiava? L’autore delle belle tavole era Sergio Tofano. Le avventure del Signor Bonaventura diventarono anche oggetto di pièces teatrali e di film, nonché anche di serie televisive.

Perché ricordarsene oggi? Al vostro chroniqueur il Signor Bonaventura e le sue avventure sono venute in mente mentre passeggiava a Montecitorio e a Palazzo Madama tra deputati e senatori visibilmente lieti che il “tormentone” – come si dice in gergo giornalistico – del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sia terminato. Invece, è proprio ora che comincia l’avventura.

Ricordiamoci che prima del Consiglio dei ministri di sabato sera, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dovuto fare appello alla clemenza della Corte – c’è chi ha ricordato la shakespeariana quality of mercy – rivolgendosi direttamente alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E si era ancora in una fase molto preliminare di conversazioni informali poiché l’interlocuzione vera e propria comincerà solo il 2 maggio, dopo la ricezione ufficiale del documento a Bruxelles. Per la interlocuzione si prevedono due mesi nei corsi dei quali la Commissione europea preparerà le proprie valutazioni per l’organo decisionale: il Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea. In quell’organo siedono capi di Stato e di governo non proprio favorevoli e che hanno dubbi sulla capacità del governo Draghi di realizzare le riforme previste: basta leggere l’ultimo numero di The Economist o il quotidiano economico tedesco Handelsblatt del 27 aprile. La strada è lunga e tutta in salita.

Lo si constata leggendo il Pnrr inviato alle Camere dopo il notturno Consiglio dei ministri. Consiste di tre parti distinte. La premessa, carica di visione e protesa verso il futuro, è verosimilmente scritta dal presidente del Consiglio in persona. Un’altra parte, sparsa qua e là nel documento, riguarda le riforme: nella stesura precedente erano una mezza dozzina di pagine, in quella attuale sono una quarantina, molte delle quali probabilmente scritte, o riscritte, da dirigenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base di materiale provenienti da singoli dicasteri, inserendo forse un accento più riformatore dell’originale. Ciò è evidente soprattutto in materia di giustizia, concorrenza e istruzione. La terza parte sono i “progetti” presentati in modo poco differente del modo in cui erano stato articolati dal governo Conte, senza alcuna analisi economica e densi di contraddizioni su cui ci vorrebbero molte pagine per illustrarle.

La Commissione europea sa della difficile situazione a Roma, dove si è lavorato in queste settimane per rendere accettabile un documento le cui versioni precedenti non lo erano affatto ma i cui autori siedono in Consiglio dei ministri nell’ambito di una grande coalizione di emergenza nazionale. Quindi, ha risposto positivamente alle richieste di clemenza della Corte. Come ha acutamente osservato Salvatore Zecchini su questa testata quali che siano le imprecisioni e le debolezze di questa stesura (tutte migliorabili) è comunque l’ancora di salvataggio a cui appigliarsi perché è la sola che abbiamo.

Il Consiglio europeo è una Corte molto meno clemente in cui è diffusa l’opinione che in Italia, si considerano gli impegni più o meno alla stregua di benevoli suggerimenti. Specialmente in materia di riforme. In tema di concorrenza, ad esempio, in tanti anni non si è riusciti a smontare l’oligopolio delle concessioni balneari e del commercio ambulante. In tema di giustizia, inoltre, ci si chiede perché in Italia non si può giungere a quella separazione delle carriere tra inquirenti e giudicanti che è prassi in tutto il mondo occidentale. In tema di welfare, serpeggiano i dubbi sulla molteplicità di istituti, le loro duplicazioni e la marcata inefficienza delle politiche attive del lavoro.

In tema di sanità, ci si chiede dopo l’alta letalità evidenziata dalla pandemia, non sia il caso di destinare maggiori risorse al comparto e di prevedere un riassetto della rete di medici di base. In tema di istruzione, ci si domanda se il nodo siano la borse di studio e di ricerca e la formazione dei dirigenti scolastici. Nel campo delle reti ferroviarie ci su domanda se c’è una domanda per alcune nuove tratte di alta velocità che consentono pochi risparmi di tempo di percorrenza perché attraversano parti di Italia con numerose piccole e media città, comportando quindi tante fermate. E via discorrendo.

Cosa fare? A mio avviso, una cabina di regia a Palazzo Chigi e composta da ministri dovrebbe approfondire e migliorare le riforme. Il ministero dell’Economia e delle finanze dovrebbe guidare le altre amministrazioni nell’effettuare le analisi micro-economiche di valore progettuale mancanti al fine di soddisfare se stessi e gli italiani che le risorse verranno impegnate con efficienza ed efficacia. Si dovrà poi disegnare un sistema di monitoraggio per assicurare che riforme ed investimenti vengano realizzati nei tempi previsti.

Solo in questo modo potremo avere il premio che il Signor Bonaventura otteneva al termine di ogni sua avventura.


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