Il segretario del Partito democratico ha subito messo le mani avanti, sostenendo che Mario Draghi dovrà guidare il governo fino alle prossime elezioni politiche. Questo, secondo Paolo Cirino Pomicino, significa che l’attuale presidente del Consiglio non sarà il nome su cui punterà il Pd quando si dovrà scegliere il prossimo Capo dello Stato
Nei tre governi di questa legislatura la guida del governo è stata affidata a personaggi estranei al Parlamento di cui uno, Mario Draghi, di grande autorevolezza economico-finanziaria. Due scelte che testimoniano la grave crisi politica in cui sprofonda da tempo l’Italia.
Nessuna democrazia parlamentare al mondo ha mai chiamato al governo qualcuno fuori dal Parlamento. In questo quadro politicamente depresso ci sono importanti partite di potere tra cui innanzitutto il Quirinale. Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha subito messo con durezza le mani avanti dicendo che Draghi deve guidare il governo sino alle elezioni politiche del 2023 e quindi il Pd non voterà mai Draghi al Quirinale.
La partita dunque è aperta e vedrà impegnate anche forze estranee alla politica ed al Paese. L’altra grande partita di potere aperta è la governance delle risorse del Recovery Plan in cui si distinguono due piani. Il primo è quello di rilanciare l’economia del Paese che langue da 25 anni per responsabilità diffuse viste che si sono alternate maggioranze diverse ed opposte. Il secondo è quello del potere vero e proprio non solo finanziario ed economico ma anche di quale intreccio si formerà tra partiti e/o leader e gruppi economici.
In questa lotta di potere non si intravede ancora un lumicino di una politica alta capace di mettersi sulle spalle il destino di un Paese che sta scivolando lentamente in un ruolo di colonia fatto di consumatori e di produttori per conto terzi. La speranza però non deve abbandonarci e deve spingere tutti ad accendere i riflettori con serietà e senso dello Stato.