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Come fermare la disinformazione che corre sui social. Scrive Razzante

I rimedi per trasformare l’ecosistema digitale in un ambiente sano, sicuro, democratico, inclusivo e solidale non possono essere solo di natura repressiva. Le proposte di Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e curatore del volume “La Rete che vorrei” (Franco Angeli)

I social si confermano ogni giorno di più un giano bifronte: strumenti preziosissimi per l’esercizio di libertà fondamentali come quella di manifestare il pensiero e di coltivare ad ogni livello la dimensione della socialità, ma anche ambienti altamente tossici nei quali assistere a soprusi, violazioni dei diritti della personalità e lesioni dell’onore, della reputazione e dell’immagine di persone, associazioni, confessioni religiose, istituzioni. Il raggiungimento di un equilibrio tra libertà e responsabilità in Rete è una sfida avvincente che nessuno potrà mai dire di aver vinto una volta per sempre. L’utilizzo del web è animato da una perenne tensione tra l’ottimizzazione delle opportunità e l’imponderabilità dei rischi. E i rimedi per trasformare l’ecosistema digitale in un ambiente sano, sicuro, democratico, inclusivo e solidale non possono essere solo di natura repressiva. Le leggi sono chiamate ad introdurre principi di riferimento per i gestori delle piattaforme e per i produttori di contenuti, ma sono necessari altri strumenti per scongiurare il rischio che il web e i social diventino ricettacolo e veicolo di fake news e sfogatoi di incontrollate pulsioni individuali. Anzitutto occorre un’autodisciplina da parte degli utenti, chiamati a condividere con prudenza informazioni non vagliate e non verificate o opinioni potenzialmente lesive dei diritti altrui. In secondo luogo è indispensabile potenziare la leva educativa, formativa e culturale in senso lato per far crescere la consapevolezza del ruolo che la Rete può avere nello sviluppo equilibrato delle nuove generazioni e nel consolidamento della democrazia.

In piena pandemia social, store online, motori di ricerca hanno garantito servizi essenziali o diritti diventando più “umani” ma anche più potenti, le Tv hanno acquistato nuova centralità, le imprese, la pubblica amministrazione, i cittadini hanno allargato la loro dimensione digitale in modo impensabile. Si sono create nuove opportunità ma anche nuovi divari; c’è stata una overdose tecnologica che ha spazzato via vecchie consuetudini ma anche aperto la strada ad abusi e/o dipendenze. La disinformazione galoppa. Come trovare un nuovo equilibrio?

Ora che s’intravvede l’uscita dal tunnel della pandemia, le piattaforme web e social saranno chiamate ad un ulteriore sforzo di autoregolamentazione per adattare i loro modelli di business alle esigenze degli altri attori della filiera di produzione e distribuzione dei contenuti. Inoltre, dovranno impegnarsi a tutelare maggiormente i diritti degli utenti, cittadini e imprese, al fine di assicurare il superamento di quel Far West che tuttora, in alcuni casi, sembra dominare l’ecosistema digitale.

Muovendosi su scala planetaria, Facebook, Twitter e gli altri social sono in grado di canalizzare i flussi informativi in una direzione predeterminata che, nel caso di specie, è quella della selezione e rimozione di contenuti ritenuti falsi o quanto meno non supportati da evidenze scientifiche e non riconducibili a fonti istituzionali.

Secondo un rapporto dell’Osservatorio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), infatti, più della metà dei giornalisti, nel corso di quest’ultimo anno, si è imbattuta in notizie non veritiere, principalmente veicolate tramite i social network: la percentuale dei post e dei tweet riguardanti il Coronavirus è stata maggiore per le fonti di disinformazione rispetto a quelle di informazione. Twitter ha fatto sapere di aver cancellato in un anno circa 22.400 tweet contenenti notizie false.

Di recente, il Movimento di Difesa del Cittadino ha denunciato il fatto che le bufale viaggiano specialmente sui social media, sostenendo che un ambiente così ampio e frequentato da giovani non possa proporre contenuti affidabili, verificati e certificati, in quanto in età adolescenziale si tende maggiormente a dare per vero ciò che si legge, senza un’attenta verifica preventiva.

Twitter ha fatto sapere che attuerà un vero e proprio “check” di ciascuna notizia pubblicata relativa ai vaccini: i criteri della piattaforma, infatti, prevedono che le informazioni veicolate sul social siano chiare e veritiere. Le informazioni considerate distorte saranno verificate dai membri del team di Twitter e notificate agli autori, i quali potranno ottenere un massimo di cinque ammonizioni.

In ultima analisi, il nostro Ministero della Salute, per proporre una comunicazione chiara e trasparente e combattere la situazione attuale, ha implementato sul sito istituzionale una pagina in cui si analizzano tutte le fake news più ricorrenti, che sono prontamente smentite sulla base di evidenze scientifiche.

E’ bene quindi ricordare, in momenti storici come questo, che bisogna affidarsi esclusivamente ai messaggi veicolati dalle Istituzioni, lasciando un ruolo marginale, se non nullo, ad esperienze personali, pareri e punti di vista di terzi, diffidando sempre di messaggi virali sui social e astenendosi dal diffonderli ulteriormente.


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