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Prima grana per il ritiro dall’Afghanistan. La sicurezza degli 007 della Cia

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Gli Stati Uniti ritireranno le truppe dall’Afghanistan il prossimo 11 settembre. Ma rimane un grosso problema: la Cia, come ammesso dal direttore Burns

Era il 26 settembre del 2001, 15 giorni dopo gli attentati contro le Torri gemelli. Gary Schroen e altri sei operativi della Cia raggiungevano, a bordo di un elicottero di fabbricazione russa, un Mi17, la valle del Panjshir, nel Nord dell’Afghanistan. Iniziavano a collaborare con l’Alleanza del Nord preparando l’arrivo delle prime forze armate a stelle e strisce di lì a pochi giorni.

A distanza di 20 anni dall’attentato qaedista contro gli Stati Uniti, l’esercito americano lascerà l’Afghanistan. Accadrà l’11 settembre 2021, quattro mesi più in là rispetto ai piani negoziati dall’ex presidente Donald Trump, che aveva fissato il ritiro il 1° maggio.

Il ritiro comporterà “rischi significativi”, ha spiegato il direttore della Cia, William Burns, in audizione alla commissione Intelligence del Senato, sottolineando la possibilità di una riduzione della capacità di raccogliere informazioni e di rispondere tempestivamente alle minacce.

Ma non è tutto. Jeff Stein, reporter esperto di intelligence con un passato a Newsweek e Washington Post, ha dedicato un articolo sulla sua testata SpyTalk alle conseguenze per la Cia del ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. E ha sottolineato come l’intelligence rischi di ritrovarsi da sola tra talebani, Stato islamico e gruppi come la Rete Haqqani.

“Nessun posto dove scappare, nessun posto dove nascondersi”, scrive l’esperto ricordando che oggi la Cia è di stanza a Kabul e alla base area di Bagram. Difficile affidarsi alle forze di polizia o all’esercito afgano per la sicurezza: troppi i casi di corruzione. Remota anche la possibilità di forze antiterrorismo “offshore” in Asia centrale o Pakistan, come spiegato da Asfandyar Mir, postdoctoral fellow a Stanford, all’Economist.

“Una volta [era] un incubo, ora un disastro umanitario in Afghanistan è una possibilità fin troppo reale”, continua Stein rievocando i ritiri da Saigon e Mogadiscio. Il rischio, spiega, è che il ritiro americano scateni il panico nel Paese. Un ritiro degli Stati Uniti “avrebbe un enorme impatto morale in Afghanistan tra gli afgani e il governo in generale, quasi un panico se gli Stati Uniti decidessero di andarsene, perché il loro principale sostenitore è andato via”, ha spiegato Seth Jones, direttore del Transnational Threats Project al Center for Strategic and International Studies. Si pensi alla società civile a cui gli Stati Uniti hanno dato spazi politici. Si pensi alle donne. “Non ci sono fiumi per far portare i boat people in un mare vicino, come quando Saigon crollò nel 1975, né elicotteri per far volare diplomatici statunitensi disperati, membri della Cia e i loro amici afgani dall’ambasciata americana alla sicurezza delle portaerei offshore”, scrive Stein.

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