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La Russia prepara l’invasione? Ecco le armi al confine con l’Ucraina

Oltre alle manovre navali nel Mar Nero, in Crimea sono arrivati cinquanta tra caccia, bombardieri e velivoli da attacco al suolo. Via terra, verso il confine con l’Ucraina, viaggiano carri armati, obici e mezzi per lo sminamento. Ci sono anche gli S-400, sistemi radar e assetti da guerra elettronica. Insomma, la Russia ha tutto l’occorrente per un’invasione. Anche se…

Testare l’amministrazione di Joe Biden, garantire l’afflusso di acqua alla Crimea oppure prepararsi a una vera e propria invasione. Esperti e analisti di tutto il mondo si stanno interrogando da settimane sulle ragioni che muovono la Russia al più grande dispiegamento di forze al confine dell’Ucraina dal 2014. Ben 100mila unità secondo l’Unione europea. Circa 107mila secondo il governo di Kiev. Ma a spaventare gli osservatori occidentali è soprattutto la natura del dispiegamento, che copre pressoché tutte le componenti utili a un conflitto aperto in Europa orientale.

La narrativa di Mosca non nasconde le manovre in atto, ma le giustifica tra esercitazioni militari e la risposta a ciò che presenta come attività ostili ai propri confini, aggiungendovi la consueta esigenza di proteggere i russi presenti nell’est dell’Ucraina. Si sommano a ciò le accuse rivolte alla forze di Kiev, colpevoli per i russi di cercare un pretesto al confine per ottenere maggiore appoggio occidentale.

Intanto però, si susseguono i video di ulteriori mezzi in afflusso dalla Russia verso il confine. L’attenzione maggiore degli ultimi giorni è per le manovre navali nel Mar Nero. Non solo navi, tuttavia, considerando che è stato lo stesso Distretto militare del sud della Difesa di Russia a comunicare esercitazioni di “oltre cinquanta caccia, bombardieri e aerei d’attacco sul Mar Nero con lanci di missili e bombardamenti”. Trattasi di caccia Su-27 e Su-30, bombardieri Su-24 e Su-34 e aerei d’attacco al suolo Su-25. Un video diffuso su Twitter tre giorni fa mostra esercitazioni lungo le coste della Crimea per i carri armati T-72, i veicoli da sminamento UR-77 e i veicoli da trasporto anfibio UR-80.

A Krasnodar, Russia meridionale, a pochi chilometri dalla Crimea, altri video hanno ripreso sistemi S-400 in movimento verso nord. Due settimane fa, immagini circolate su Twitter riprendevano un convoglio con lo stesso sistema in movimento dal Caucaso. L’S-400 è tra le punte di diamante delle capacità russe per creare zone A2AD (sigla che sta ad indicare Anti-Access-Area-Denial), volte ad annullare la proiezione di strumenti militari da parte di attori esterni. Tra i nuovi convogli degli ultimi giorni ci sono i blindati BPM-97 e i veicoli R-166 per assicurare le comunicazioni in scenari di guerra elettronica. Ulteriori video mostrano il viaggio del sistema radar Protivnik-GE, funzionale ad avere contezza dei movimenti in aria.

A inizio aprile, dall’oblast di Pskov, al confine con l’Estonia, è stato ripreso un treno diretto verso sud, con a bordo gli assetti della 76esima divisione delle truppe aviolanciate, una delle più celebri divisioni delle forze russe, capace di proiettare rapidamente in scenari complessi veicoli armati. Altri video mostrano convogli con obici e semoventi, come i 2S19 Msta-S, ma anche carri da fanteria BMP-2, carri T-72 e lanciarazzi pesanti “Uragan” (BM-27). A certificare il potenziamento di truppe sono arrivate le immagini satellitari dei campi russi tra Crimea e zone al confine con l’Ucraina, come quelle che hanno ripreso l’ammassamento di mezzi sul campo di Pogonovo, a circa 200 chilometri dal confine.

Il 4 aprile, il comandante dell’Esercito ucraino Ruslan Khomchak spiegava che la Russia aveva dispiegato 28 battaglioni tattici tra il confine con l’Ucraina e la Crimea, per un totale di circa 20mila unità, da aggiungere a tremila unità, tra istruttori e consulenti, dispiegate all’interno dei territori del Donbass in supporto alle forze separatiste. Il Daily Mirror ha rivelato le stime della Difesa di Kiev, che parlerebbero adesso di 1.300 veicoli da combattimento, 3.700 droni, 1.300 pezzi d’artiglieria e 380 sistemi di lancio missilistico.

Mosca continua a minimizzare, negando ogni intento offensivo e (come di consueto) ogni coinvolgimento diretto nella regione del Lugansk-Donetsk. Ma la situazione situazione al confine resta incandescente. L’ultimo bollettino della missione Osce che verifica il rispetto degli accordi di Minsk ha registrato, tra la sera del 16 aprile e il 18 aprile, 267 violazioni del cessate-il-fuoco nel Donetsk e 65 nella regione di Luhansk. I numeri delle ultime settimane sono incredibilmente alti, soprattutto rispetto alla media del 2020, che aveva fatto registrare un calo drastico delle violazioni rispetto all’anno precedente.

Nel Donetsk, la maggior parte delle violazioni si concentra a nord del capoluogo, lungo la linea di confine tra la regione di Avdiivka (controllata da Kiev) e i territori separatisti. Negli ultimi report sono però aumentate anche le violazioni a sud, verso il mar di Azov, lì dove le forze russe potrebbero tentare un’avanzata per garantire acqua alla Crimea o, addirittura, per arrivare alla continuità territoriale. Tra le violazioni sugli armamenti, la missione dell’Osce ha riscontrato un sistema missilistico terra-aria nelle aree controllate dal governo della regione di Donetsk e otto probabili cannoni anti-carro in un’area di addestramento dei separatisti.

A tutto questo si aggiungono le manovre esercitative della Russia in altre aree “sensibili”, come quelle condotte con la Bielorussia a fine marzo. Culmineranno a settembre con la massiccia Zapad-2021, da inserire in un’alternanza di esercitazioni che consente alla Russia una presenza militare pressoché continua sul territorio di Minsk. È più recente notizia delle esercitazioni dei mezzi terrestri della Flotta del Baltico nell’enclave di Kaliningrad.



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