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L’impegno politico non fa bene (ai like). Il caso Ferragni/Fedez

Di Domenico Giordano

I “Ferragnez” – che nella classifica stilata da Sensemakers a gennaio 2021 occupano la prima e la quinta piazza tra i “top 15” influencer italiani con oltre 67 milioni di interazioni – con due post (sul vaccino alla nonna e sul Ddl Zan) hanno sconvolto la routine delle pubblicazioni “leggere”, a scapito dell’umore degli utenti dei social. Tutti i dati nell’analisi di Domenico Giordano, Arcadia

Nelle ultime due settimane le incursioni delle social star nel campo minato della politica italiana hanno rianimato la discussione sulla crescente tendenza degli influencer a condizionare, prima e molto di più degli attori politici, l’agenda del dibattito pubblico.

Gli esempi sono tanti, però qui è utile dirottare la lente sulla coppia “Ferragni&Fedez” – nella classifica stilata da Sensemakers a gennaio 2021 si prende la prima e la quinta piazza tra i “top 15” influencer italiani con oltre 67 milioni di interazioni – che con due post in successione ha sconvolto la routine delle pubblicazioni “leggere” riuscendo ad accendere i riflettori su temi totalmente diversi e distanti l’uno dall’altro.

Il 2 aprile è Chiara Ferragni, in un post su Instagram, a rianimare prepotentemente la discussione sulla gestione della campagna di vaccinazione, nel caso di specie quella della Regione Lombardia. Alla Ferragni, mettiamola giù semplice, è stato sufficiente denunciare la strana coincidenza tra l’inizio delle sue critiche social per il ritardo nella convocazione della nonna ottantenne del marito e l’immediata chiamata dei sanitari per farle il vaccino. Il post, manco a dirlo, diventa virale in poche ore, superando più di 1.200.000 di mi piace e generando una mole di oltre 30.000 commenti.


Il giorno successivo, invece, è Fedez che lancia in pasto alla rete un diverso argomento, all’apparenza meno polarizzante rispetto al tema delle vaccinazioni, ma che riesce a eguagliare e superare per viralità i numeri ottenuti dalla Ferragni, con oltre 3.5 milioni di visualizzazioni e 2.652 di commenti.

Per sostenere il DDL “Zan” contro l’omotransfobia in discussione al Senato dopo l’approvazione alla Camera, Fedez invita in diretta, sempre su Instagram, proprio Alessandro Zan parlamentare veneto del Partito Democratico, relatore della proposta di legge che combatte le violenze e discriminazioni contro donne, gay e disabili.

 

Come era prevedibile anche in questo caso, quella che doveva essere almeno in apparenza un’innocua diretta si trasforma in poche ore in un campo di battaglia, un terreno di scontro tra le due opposte fazioni social, che possiamo classificare, pescando a piene mani dalla dicotomia varata da Umberto Eco, tra apocalittici e integrati.

E, prima ancora di vedere come dopo le due pubblicazioni sia anche mutato il mood della rete nei confronti di “double F”, è il caso di rimarcare una singolarità non emersa nei tanti commenti e riflessioni scritti nei giorni successivi da diversi analisti e comunicatori di professione.

Infatti, i due argomenti, il DDL Zan e la campagna di vaccinazione, per quanto collocati agli antipodi, a ben guardare, hanno un terreno comune: si tengono assieme perché entrambi ancorati al bias informativo nel quale rimangono intrappolati la Ferragni e Fedez. Nei rispettivi post, infatti, la coppia ha avvertito la premura di dover precisare che loro non parlavano a vanvera perché si “erano informati prima!”. Insomma, per mettersi al riparo dalle critiche dell’una o dell’altra parte e, al tempo stesso, per trasferire in un campo diverso da quello di provenienza la medesima credibilità alle rispettive scelte, sono finiti vittime della stessa distorsione cognitiva. La tagliola di chi pensa che quante più informazioni vengono recuperate su un argomento, tanto più quella decisione sarà oculata e inattaccabile. Ma non sempre è così, anzi, spesso capita l’esatto contrario.

“Ho molto riflettuto nelle ultime settimane se espormi e dire la mia su una situazione molto delicata e più grande di me o no, ma dopo di questo ho deciso di farlo. Ho letto molto, mi sono informata cercando di ascoltare pareri diversi di gente che reputo esperta e con opinioni”.

In verità questa loro premura è anche il termometro di una tara culturale italiana, sfortunatamente ancora assai radicata e che non è circoscritta ovviamente solo al terreno politico, che porta a guardare con sospetto e sufficienza tutti coloro che azzardano un’opinione seppur di buon senso, unicamente perché non sono muniti di una patente corporativistica, di questo o quell’albo, ordine, collegio, cricca o casta. Tant’è che l’impegno politico, in Italia, per un lungo periodo è stato tale solo se professato in forza di un’ideologia o di una bandiera di partito e chi si collocava oltre questo schema binario era etichettato come un qualunquista o al più un cacciatore di visibilità.

Coloro che intervenivano nel dibattito pubblico senza una specifica patente auto-legittimante, venivano demoliti a prescindere, derisi e messi alla berlina. Del resto su Youtube continua ancora a macinare inesorabilmente visualizzazioni l’intervista del 2009 a Piero Fassino nel quale attacca Beppe Grillo e le sue prime incursioni politiche: “Se vuol fare politica fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende”.

A distanza di anni, però quell’atteggiamento sembra ancora non essere tramontato del tutto. Così Lorenzo Pregliasco, che di recente ha coniato l’espressione “politica – Netflix” per descrivere la crescente capacità degli influencer di condizionare fortemente l’agenda politica mediante la presenza sui social, ritiene necessario che costoro “devono esporsi in modo qualificato, c’è sicuramente un elemento di spontaneità che è positivo, ma allo stesso tempo possono non essere del tutto attrezzati. Dall’altra parte ci aspettiamo che la politica prenderà in prestito sempre più il linguaggio degli influencer” .

Mentre è sempre Pregliasco che ci ricorda come in rete, in particolare sui social, c’è sempre spazio per l’indignazione degli utenti. Allora, a valle di tutto conviene testare le possibili oscillazioni del mood della coppia “Ferragni&Fedez” facendo ricorso a LiveInsights di Blogmeter.

Nel bimestre 1° febbraio – 1° aprile, quindi prima dei due post del 2 e del 3 aprile, il mood della Ferragni e di Fedez era decisamente positivo, 55% per lei e 50,53% per lui con una media di menzioni e di engagement per entrambi a dir poco ragguardevole, 5,72 milioni e 19,498 milioni, grazie soprattutto alle pubblicazioni legate all’arrivo della secondogenita della coppia, la piccola Vittoria.
Per quanto riguarda invece il terreno digitale delle discussioni la parte maggiore viene generata e consumata non su Instagram, che incide dal 4 al 5%, piuttosto da Facebook, e Twitter, e a seguire blog e siti di informazione.

Il dato invece cambia allargando la forchetta temporale dal 1° febbraio alla settimana successiva le pubblicazioni del 2 e 3 aprile e precisamente fino al 12 di aprile. In questo caso, sia Chiara Ferragni che Fedez scontano le due polarizzazioni generate dai rispettivi post.
Inevitabilmente cresce la media delle menzioni che passa da 29 mila a poco meno di 39 mila, e quella dell’engagement che dai 12 sale fino ai 14 milioni, al pari inevitabilmente crescono le fonti, la cui media passa da 565 a 660.

Di conseguenza il mood positivo espresso in rete si abbassa per entrambi sotto quota 50, per Chiara Ferragni la perdita totale è di quasi 6 punti, passando da 55,06 a 49,53%, mentre, quella di Fedez è più contenuta in quanto dal 50,53 scende al 47,16%. Prima di andare a vedere invece i territori digitali che hanno accolto e fatto profilare le discussioni è curioso notare una leggera ma significativa variazione del genere degli utenti che hanno generato il mood finale, che potrebbe essere legato in qualche misura alla discussione avuta con Alessandro Zan sul DDL contro l’omostrasfobia.
Rispetto al periodo precedente (dall’1.02 all’ 1.04.2021), infatti, l’universo maschile che ha partecipato alle discussioni è in leggero incremento di due punti percentuali passando dal 38 al 40%.
Infine, con lievi scarti percentuali anche in questo periodo più lungo la parte maggioritaria delle discussioni viene catalizzata da Facebook, poi Twitter e siti e blog con una residua presenza su Instagram.



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