Sono già oltre l’atmosfera i quattro astronauti protagonisti della missione “SpaceX Crew 2”. È la prima volta che l’accesso alla Stazione spaziale internazionale avviene con una navicella già utilizzata (a giugno 2020), tra l’altro sospinta dalla base di Cape Canaveral da un razzo (il Falcon 9) con un primo stadio anch’esso già utilizzato. È la rivoluzione targata Elon Musk
SpaceX ce l’ha fatta (ancora). Nella mattinata italiana di oggi, il razzo Falcon 9 è partito dalla base di Cape Canaveral, in Florida. A bordo, sulla capsula Crew Dragon, quattro astronauti: il francese Thomas Pesquet, gli americani Robert Shane Kimbrough e Megan McArthur, e il giapponese Akihiko Hoshide. Quattro veterani delle missioni oltre l’atmosfera, ma tutti al debutto su una navicella commerciale. L’arrivo sulla Stazione spaziale internazionale (Iss) è atteso intorno alle 10:30 italiane di domani.
La capsula è la stessa che utilizzarono nell’estate dello scorso anno Douglas Hurley e Robert Behnken per la missione “Demo 2”, l’evento “Launch America” che restituì agli Stati Uniti l’autonomia nell’accesso all’avamposto orbitante per i propri astronauti dopo nove anni di dipendenza dalla russa Soyuz, inevitabile dal 2011, anno di dismissione dello Space Shuttle.
Lo scorso novembre, la navicella è entrata a tutti gli effetti in operatività, con il primo lancio di quattro astronauti verso l’avamposto orbitante: gli astronauti Nasa Michael Hopkins, Victor Glover e Shannon Walker, e l’astronauta della Jaxa Soichi Noguchi. Fu il primo lancio della storia con quattro persone su un unico veicolo a superare l’atmosfera. Quello di oggi è il secondo viaggio di questo tipo, ma il primo con una navetta riutilizzata, tra l’altro sospinta in orbita dal primo stadio del Falcon 9 che fu utilizzato (anch’esso) per quella prima missione. La capsula che trasportò Hurley e Behnken è difatti correttamente rientrata a terra con loro due a bordo, lo scorso due agosto, con lo splashdown nel Golfo del Messico.
Il volo di oggi segna però un’altra prima volta, quella di un astronauta europeo sulla Crew Dragon. È toccato a Thomas Pesquet, destinato anche al comando della Iss nel corso della sua permanenza a bordo. Nei prossimi mesi sarà la volta del tedesco Mattias Maurer, ultimo ingresso della “classe del 2009” nel corpo astronautico europeo, per poi attendere, il prossimo anno, il ritorno in orbita per Samantha Cristoforetti.
Per Elon Musk si tratta di una conferma, a pochi giorni dalla vittoria nell’importante gara della Nasa che ha selezionato la sua SpaceX per realizzare il vettore che permetterà all’uomo (e alla prima donna) di arrivare sulla Luna. Sarà lo spazioplano StarShip, che già conta diversi esemplari testati (alias, esplosi) nello stabilimento di Boca Chica, in Texas. È anche così, a colpi di esplosioni, che Musk ha rivoluzionato lo spazio, accettando il rischio e mettendo in conto (all’interno di ampi investimenti) di procedere per tentativi. Finora tutto questo ha premiato SpaceX, nota soprattutto per i suoi razzi “riutilizzabili”, che continuano a registrare record anno su anno.
L’azienda detiene anche il record di satelliti messi in orbita con un unico lancio (60), nell’ambito dell’ambiziosa costellazione Starlink, ideata per portare Internet a banda larga in tutto il mondo, con al momento oltre 1.300 satelliti oltre l’atmosfera. Con la vittoria nella gara “Human Landing System”, SpaceX si prepara a essere protagonista anche nella corsa alla Luna. Il contratto assegnato dalla Nasa sfiora i 3 miliardi di dollari e fa parte del programma Artemis, lanciato dall’amministrazione targata Donald Trump con l’obiettivo di riportare l’uomo (e la prima donna) sulla Luna entro il 2024. La presidenza di Joe Biden ha già confermato di voler proseguire il programma, anche con la nomina a guidare la Nasa per Bill Nelson, già senatore e astronauta, sostenitore da sempre dei programmi esplorativi dell’agenzia. Per la Nasa, l’attuale amministrazione ha chiesto un budget per il 2021 pari a 24,7 miliardi di dollari, un aumento del 6,3% rispetto allo scorso anno con 325 milioni in più per Artemis (sugli 850 del 2020).
Segue il trend degli ultimi anni, con il crescente ruolo dei privati, ben determinati a investire nello Spazio e, dunque, a godere di ampi ritorni. A prescindere dal contratto Nasa sul sistema di allunaggio, SpaceX d’altra parte continuava a sviluppare la sua StarShip. Qualche osservatore (malizioso) ha notato che la selezione “Human Landing System” è stata forse inevitabile, considerando che l’agenzia americana rischiava di vedere un’azienda privata riportare l’uomo sulla Luna prima di lei.