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007 nello Spazio. La nuova frontiera dell’intelligence Usa

Il National Intelligence Council degli Stati Uniti ha pubblicato il nuovo rapporto sui “Global Trends”. Nel mondo più conteso che ci attende da qui al 2040, ci sarà anche una maggiore competizione spaziale. Il confronto di testa è con la Cina (a partire dalla navigazione satellitare), ma il quadro è destinato a complicarsi, con l’emersione di altri attori e l’ascesa dei grandi privati dello Spazio

La contesa tra Stati Uniti e Cina si sposta nello Spazio. Nel giro di pochi anni il Dragone d’Oriente diventerà il principale competitor degli Usa anche oltre l’atmosfera, tra orbite affollate (e pericolose), armi spaziali e un’esplorazione interplanetaria che rispolvera i toni della Guerra fredda. È quanto prevede il National Intelligence Council degli Stati Uniti, che ieri ha pubblicato la settima edizione dei suoi “Global Trends”, un report rilasciato ogni quattro anni per diffondere tra la comunità americana di difesa e sicurezza una maggiore consapevolezza della possibile evoluzione degli scenari globali. “A more contested world” è il sottotitolo dell’edizione 2021, contenente una sezione specifica per lo Spazio, e nel complesso rivolto a un orizzonte temporale che arriva al 2040.

TECNOLOGIE EMERGENTI…

Tra un paio di decenni, spiega il report, “il contesto spaziale combinerà tecnologie emergenti con la maturazione delle capacità attuali per supportare la commercializzazione e introdurre nuove applicazioni”. Sul lato dei servizi, le tecnologie nel campo della comunicazione, navigazione e osservazione saranno “ubique”, aumentando le capacità, abbassando i costi e incrementando l’efficienza dei servizi offerti. “Gli sforzi sia dei governi, sia degli attori privati, stabiliranno nuovi domini della competizione spaziale, in particolare tra Stati Uniti e Cina”.

… E NUOVE ESPLORAZIONI

L’esplorazione tornerà a rappresentare un terreno di confronto. L’epoca della grande collaborazione per la Stazione spaziale internazionale (che ha messo fine alla competizione tra Usa e Urss della Guerra fredda) sembra destinata a essere breve parentesi. “Entro il 2040 – si legge sui Global Trends – un numero crescente di Paesi starà partecipando all’esplorazione spaziale come parte di sforzi cooperativi”. Eppure, l’apertura del programma Artemis verso la Luna ai Paesi “like-minded”, e il parallelo impegno della Cina verso lo stesso satellite naturale (con tanto di intesa con la Russia), dimostrano che sarà a tinte competitive. I Paesi che parteciperanno alle nuove avventure “acquisiranno prestigio, opportunità per avanzamenti scientifici e tecnologici, nonché potenziali benefici economici”. I governi, prevede l’Intelligence Usa, “rimarranno la prima fonte di finanziamento per supportare le attività di esplorazione su larga-scala”. Eppure, “il ruolo di realtà commerciali crescerà enormemente”.

LA COMPETIZIONE CON LA CINA

Segue la sentenza: “Entro il 2040, la Cina sarà il rivale più significativo degli Stati Uniti nello Spazio, in competizione sul fronte commerciale, civile e militare”. Pechino, spiega il report, “continuerà a perseguire una strada di sviluppo tecnologico indipendente rispetto a quella che coinvolge Stati Uniti ed Europa, e avrà il suo gruppo di partner stranieri che parteciperanno nelle attività spaziali a guida-cinese”. Tra tutti i progetti del Dragone (e sono tanti), il report cita il programma Beidou, ideato per garantire un sistema autonomo di navigazione e puntamento satellitare concorrente al Gps americano. Con il lancio dello scorso giugno, la costellazione è arrivata a 35 satelliti; 27 sono nella media orbita terrestre, cinque in orbita geostazionaria, e altri tre ad orbite geosincrone più inclinate. Il programma, che ha fatto il suo debutto in orbita nel 2000, è arrivato alla terza generazione. Contando le altre due, i satelliti Beidou sono ben 55, tutti per un sistema di navigazione e puntamento satellitare a copertura globale. Il servizio, in altri termini, è paragonabile a quello fornito dal Gps americano, dall’europeo Galileo e dal russo Glonass. Servizi come questo, spiega l’Intelligence americana, “saranno usati in giro per il mondo come un alternativa alle opzioni occidentali”.

IL CONFRONTO MILITARE

Ci sono poi gli aspetti prettamente militari, alla base della nascita, nel 2019, della US Space Force, affiancata dallo Space Command e da un’apposita agenzia incaricata di seguire gli aspetti di procurement. “I servizi spaziali potenziati e le nuove tecnologie – si legge nel report – saranno disponibili per applicazioni militari come per usi governativi e commerciale”. Dunque “assetti spaziali nazionali saranno particolarmente bramati, visto che i governi restano preoccupati circa la possibilità che i servizi commerciali e di altri governi possano essere negati in caso di conflitti”. Tra le righe l’invito a una maggiore difesa degli assetti in orbita, da cui ormai dipende gran parte della nostra vista, compresa la maggior parte degli assetti militari. Su AsianTimes, l’esperto Brandon J Weichert ha spiegato ieri come il rischio di una “Space Pearl Harbor” sia tutt’altro che remoto, nonché come la difesa degli assetti orbitanti (a partire dal Gps) sia essenziale in caso di confronto con la Cina.

MANOVRE IN ORBITA

Anche perché le attività in orbita diventeranno “di routine”. Entro il 2040, spiegano i Global Trends, “i governi condurranno attività di manutenzione, assemblaggio e produzione in orbita normalmente, abilitate da un alto grado di automazione e dalla produzione additiva, così da supportare i sistemi spaziali nazionali e gli sforzi internazionali”. Ci saranno anche “le società commerciali”, capaci di offrire servizi di “riparazione, rilevamento remoto, trasferimento, rifornimento e rimozione dei detriti”. I servizi in orbita verranno utilizzati per aggiornare i satelliti, estendere la loro vita operativa e consentire la realizzazione di nuovi tipi di strutture spaziali. Sono capacità che gli Stati Uniti (e le altre potenze) stanno già testando. È di un anno fa la manovra con cui un drone spaziale (Mev) ha agganciato un satellite a 36mila chilometri di quota (Intelsat 901) e ne ha cambiato l’orbita, estendendone così la vita operativa. Come notava Marcello Spagnulo su queste colonne, la foto (storica) di quella operazione è tra “gli emblemi della geopolitica dello Spazio”.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Infine, i Global Trends notano la capacità disruptive, anche per lo spazio, dell’Intelligenza artificiale. “Permetterà un uso innovativo dei servizi spaziali, assistendo le operazioni di grandi costellazioni satellitari e aumentando le capacità di space situational awareness”, con cui si intende la capacità di comprendere tutto ciò che accade in orbita. L’Intelligenza artificiale “sosterrà inoltre la fusione e l’analisi di enormi volumi di dati, di alta qualità e in continua collezione, guidati da sistemi spaziali e di terra iperconnessi”.



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