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Oltre la Super Lega, le riforme di cui ha bisogno il calcio

Di Pietro Paganini e Raffaello Morelli

Per riformare il calcio serve cedere potere politico e finanziario. Ma Uefa e associazioni nazionali non sembrano interessate o capaci di produrre alcuna riforma. Spetterebbe proprio a loro visto che rappresentano gli interessi dei cittadini europei oltre che dei tesserati. L’analisi di Pietro Paganini e Raffaello Morelli

Il fallimento precoce della Super Lega europea (di calcio) dimostra l’urgenza di riformare il sistema europeo del calcio per riaffermare l’etica sportiva e la pratica atletica, e promuovere il potenziale commerciale attraverso l’affermazione dell’individuo e della libera iniziativa. Ecco una diagnosi controtendenza con una proposta molto semplice.

Il calcio europeo è finanziariamente inefficiente (in bancarotta), moralmente debole, atleticamente stremato. La pandemia ha peggiorato una situazione già grave le cui cause devono essere ricercate nell’incapacità dei campionati nazionali e della Uefa di riconoscere il problema e cambiare.

Per riformare il calcio serve cedere potere politico e finanziario. Ma Uefa e associazioni nazionali non sembrano interessate o capaci di produrre alcuna riforma. Spetterebbe proprio a loro visto che rappresentano gli interessi dei cittadini europei oltre che dei tesserati. Si lascia così, spazio ai proprietari delle squadre che hanno strumenti e risorse di intervenire secondo, e non può essere altrimenti, i propri interessi e logiche. Ma anche tra i proprietari risposti a rischiare e ci sono gli gli oligarchi a cui al rischio preferiscono tramare con le elite.

Il calcio europeo deve essere riformato. I fatti recenti dimostrano la confusione e non hanno risolto il problema. La Super Lega e i campionati nazionali possono coesistere, ma si collocano su piani diversi.

È stata sufficiente la promessa di un finanziamento più corposo alla prossima Champions League, infatti, di quanto offrisse una banca d’affari americana (JP Morgan) perché la progettata Super Lega europea di calcio si sciogliesse. Sono stati gli stessi fondatori a fare fallire il progetto. La pressione dei tifosi (lobby dal basso come viene definita) e le minacce delle varie federazioni nazionali e internazionali (minacciate a loro volta dall’uscita dei grandi club) lasciano il tempo che trovano.

La Super Lega  può essere un’operazione commerciale che persegua un nuovo modello di business con finalità di profitto, che comportano dei rischi. Non tutti però, sono pronti a prenderseli. La Super Lega può essere un’operazione strategica per valorizzare dei brand attraverso un modello di business nuovo per l’Europa (non per gli Usa): vendere il calcio a 7.6 miliardi di persone (10 miliardi nel 2050), servendosi di regole commerciali più avanzate rispetto ai campionati nazionali e internazionali attuali.

Le competizioni tradizionali ora sono obbligate a fare una scelta. Non potranno continuare a campare su un modello di business vetusto, commercialmente e finanziariamente inefficiente. Un modello che negli ultimi anni è riuscito a sopravvivere attraverso la commistione di interessi geopolitici e  finanziari, come i mondiali in Qatar, o l’ingresso in Europa di gruppi mediorientali che in cambio di riconoscimenti politici e reputazioni finanziano il calcio aspirante commerciale (fallito) europeo.

Gli attuali campionati nazionali vanno ripensati rendendoli più sostenibili, e forse più aderenti ai così detti valori dello sport che il calcio moderno ha abbandonato da tempo (bisogna esserne consapevoli). Continuando così, i campionati nazionali restano nel limbo dei debiti, governati da molti speculatori (proprietari), burocrati (federazioni), e atleti strapagati rispetto alle possibilità dei club e quindi obbligati ad una programmazione sportiva e televisiva inefficiente.

Nel mezzo di questo scontro tra poteri di oligarchi plutocrati da una parte, e i burocrati delle federazioni dall’altra, alleati con i proprietari di club  tenuti in vita dagli espedienti pubblici e privati che il calcio di oggi offre, i tifosi sono restati a guardare, prigionieri di un’informazione che, ormai non solo in questo caso, neppure è capace di informare sui fatti evitando di far cascare nelle trappole ideologiche e di valutazioni emotive senza razionalità.

Il Calcio è la metafora della vita scriveva G.Brera. La vicenda Super Lega è la metafora di questa Europa. Siamo incapaci di accettare il cambiamento e ancor meno di progettarlo. Continuiamo a proiettare nel presente e nel futuro il passato idealizzandolo, senza riconoscere che le cose possono cambiare ma cominciando dal capire come farlo e con quali obiettivi.

I club inglesi hanno aderito alla Super Lega per uscirvi immediatamente con il contentino di una promessa economica che consenta loro di campare ancora per qualche tempo nonostante il sistema in cui operano sia sostanzialmente inceppato.

Club, media, tifosi italiani hanno denunciato il colpo di stato ma non hanno ancora analizzato razionalmente le opportunità di innovare il percorso dei campionati tradizionali.  Hanno agito di pancia, con le stesse modalità con cui in Europa affrontiamo i temi sociali, dell’ambiente, dell’economia.

Così i tifosi hanno evitato il golpe oligarchico ma si ritrovano un calcio finanziariamente in pessime acque.

Piuttosto, scopriamo che le nuove generazioni, per fortuna, si affacciano ad altri sport più che per praticarli, per farne consumo su tv e social. Guarda caso, tra questi ci sono le grandi Super Leghe americane.

Si sostiene, a priori, che l’Europa non è l’America. Sarà forse vero, ma senza provare come si fa? Sicuramente l’Europa non guarda avanti come l’America, continua a vivere nel passato che non c’è più. Insegue un mondo perfetto che non esiste. Per andare avanti bisogna avere il coraggio di sbagliare. Quello che ci manca. Ovviamente stando sempre attenti a non cadere nelle trappole delle soluzioni oligarchiche ed ad attuare davvero quello che insegna da decenni il metodo sperimentale liberale fondato sul cittadino.



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