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Quali prospettive per le infrastrutture strategiche di mobilità italiane

Di Patrizia Giangualano

Nuovo appuntamento con il web talk di Task Force Italia che oggi ospiterà Claudio De Vincenti, presidente di Aeroporti di Roma. I temi principali dell’incontro online anticipati a Formiche.net da Patrizia Giangualano, advisor governance e sostenibilità membro Cda di Leonardo, Astm e Sea Aeroporti

Questa sera il web talk di “rilanciare il potenziale dell’Italia” ” organizzato da Task Force Italia, guidata da Valerio De Luca, in partnership con l’Accademia internazionale per lo Sviluppo economico e sociale (Aises), Universal trust e Global investors alliance si focalizzerà sul tema del settore aereo e sulle modalità per gestire le profonde crisi di redditività e di liquidità, causate dal Covid, che probabilmente non saranno più affrontabili con gli ordinari mezzi regolamentari e di mercato.

Si discuteranno gli aspetti di ripresa e salvataggio a fronte della cosiddetta “twin digital, green acceleration” al centro del recovery fund e le possibili opportunità per rendere più efficace ed efficiente la gestione del settore.

Il settore del trasporto aereo incide per circa il 4% sul Pil, ed è possibile sommare un ulteriore 13% se si considera l’indotto del turismo. Si stima che per ogni milione di passeggeri trasportati si generino tra gli 800 ed i 1.200 nuovi occupati diretti sull’aeroporto, oltre a quelli indiretti. Un impatto positivo sul territorio per molti altri settori, stimolati dalla presenza di un aeroporto che ne aumenta l’attrattività e la competitività.

La crisi Covid ha portato i gestori aeroportuali a sostenere costi fissi non sopprimibili e spese rese obbligatorie per l’attuazione delle misure di sanità pubblica richieste dal Governo, a fronte di ricavi quasi azzerati per i voli cancellati. Si rischia di impattare non solo l’intero comparto del trasporto aereo, ma anche i settori e le filiere direttamente connesse

L’intervento del governo italiano ha portato l’inserimento, all’interno della legge di Bilancio, di un Fondo con una dotazione di €500mln destinato alla compensazione e sostegno dei danni subiti dai gestori aeroportuali e dalle altre imprese del settore aeroportuale.

Tuttavia, in questo scenario, i soli aiuti statali difficilmente potranno garantire una veloce ripresa del settore. Inoltre, l’elevato numero degli operatori rischia di dissipare le risorse a disposizione, oltre al pericolo di non assicurare un’equa ed efficace distribuzione delle stesse tra i diversi operatori.

Claudio De Vincenti neo presidente di Aeroporti di Roma ne discuterà con operatori e esperti del settore. Simone Basili, responsabile infrastrutture & settore pubblico di Intesa SanPaolo, Gianluca Brancadoro, commissario straordinario Alitalia e Università di Teramo, Patrizia Giangualano, advisor governance e sostenibilità membro Cda di Leonardo, Astm e Sea Aeroporti, Paolo Taticchi, professore Strategia e sostenibilità University College London.

Probabilmente in questo periodo nessun settore economico sta attraversando una fase delicata e complessa quanto il trasporto aereo. L’aviazione è una delle industrie più duramente ed estesamente colpite dalla crisi pandemica. La Iata (associazione internazionale delle compagnie aeree) ha previsto che la drastica contrazione della domanda conseguente al lockdown genererà mancate entrate per il settore pari a 419 miliardi $ e perdite per 84,3 miliardi $ nel 2020.

Con i bilanci di questa stagione assembleare e i nuovi scenari verificheremo le effettive perdite conseguite e le previsioni di ripartenza, anche se studi e di settore già anticipano che una ripresa sul livelli pre-Covid difficilmente si registrerà prima del biennio 2023-2024

Il Covid-19 ha causato in questo settore una crisi senza precedenti con una riduzione media dell’ordine dell’80% dei voli nel mondo. Alla contrazione media del 70% del traffico rispetto al 2019 a causa dei ripetuti periodi di lock-down e restrizioni alla mobilità si devono sommare una sempre minore propensione al viaggio ed al turismo e nuove tendenze ambientaliste per sviluppare il trasporto ferroviario sulle lunga distanza.

Il crollo dei volumi di passeggeri ha comportato impatti non solo sulle attività aviation (riferite alle operazioni di volo ed ai servizi connessi) ma anche a quelle relative ai servizi commerciali per i passeggeri nelle strutture aeroportuali, con la conseguente riduzione dei ricavi derivanti da un lato dai diritti aeroportuali e, dall’altro, dalle attività commerciali presenti nelle strutture a terra. A questo poi si deve poi aggiungere anche il forte impatto registrato nel trasporto merci (cargo).

Dall’altra parte va anche ricordato che il trasporto aereo è da qualche tempo considerato il bad boy del settore trasporti per quanto riguarda il contributo al cambiamento climatico. Le emissioni globali di CO2 del trasporto aereo sono cresciute del 70% rispetto al 2005 e anche se l’evoluzione tecnologica consente di volare oggi con aerei molto più efficienti in termini di consumi (mediamente 1,5% di incremento di efficienza l’anno) di 20-30 anni fa, questi miglioramenti sono stati totalmente vanificati da tassi di crescita del traffico, nel periodo, nettamente superiori (intorno al 4% annuo fino al 2019, Iata).

Questo stato di cose ha generato un diverso clima sociale e politico attorno all’industria del trasporto aereo, testimoniato da movimenti d’opinione che alimentano il flight shame e da governi pronti a varare misure fiscali e finanziarie meno concilianti rispetto al passato.

Un primo tema rilevante è quello rappresentato dal programma Corsia, un’iniziativa Icao (organismo Onu che regola l’aviazione commerciale) pensata per rendere climaticamente neutrale, a partire dal 2020, la crescita del trasporto aereo: le emissioni di CO2 relative a tratte intercontinentali e superiori ad un determinato un livello di base dovranno essere compensate dalle compagnie aeree acquistando carbon credits oppure utilizzando carburanti green.

Icao aveva stabilito che il livello di base delle emissioni oltre il quale sarebbe scattato l’obbligo di compensazione sarebbe derivato dalla media degli anni 2019-2020. Con la crisi Covid – e la conseguente drastica riduzione del traffico aereo avvenuta nel 2020 – questa soglia è scesa, esponendo le compagnie aeree a maggiori oneri di compensazione.

Iata ha sostenuto che l’utilizzo della media 2019-2020 avrebbe scaricato sui vettori “un onere economico inappropriato”, un virtuosismo ecologico che il settore già dissanguati dalla crisi, con costi di compensazione della CO2 pari a circa 15 miliardi $ (S&P Global) nei successivi anni non avrebbe potuto permettersi.

La posizione avvallata dalla Commissione europea ha creato nel fronte ambientalista (associazioni come Wwf, Carbon Market Watch, Environmental Defense Fund, ma anche istituzioni scientifiche come l’Oko Institut di Berlino) non poche opposizioni basate sulla convinzione che la modifica voluta dalle compagnie aeree ritarderà notevolmente il percorso di riduzione delle emissioni e darà loro una sorta di salvacondotto ambientale, al prezzo di mettere in crisi la loro credibilità nei confronti di opinione pubblica e investitori e, di conseguenza, la loro “licenza sociale di operare”.

Su questa posizione critica influisce ovviamente l’elevato deficit climatico a lungo termine delle compagnie. In effetti nell’ultimo decennio le compagnie aeree hanno prodotto un saldo sociale negativo di 90 miliardi $ a causa della quasi totale assenza di meccanismi che le costringano a compensare le emissioni.

La “vittoria” di Iata e dei vettori potrebbe però non essere così netta, almeno in Europa, dove le pressioni ambientaliste stanno contemplando la rivisitazione delle agevolazioni fiscali di cui il settore gode da sempre e alcuni interventi di salvataggio di compagnie aeree sono stati concordati solo a fronte di inediti impegni climatici.

La Francia e l’Austria, in occasione degli aiuti concessi rispettivamente a Air France (7 miliardi €) e Austrian Airlines (450 milioni €), hanno collegato il pacchetto di salvataggio ad alcune condizioni ambientali: miglioramento dell’efficienza dei consumi di carburante delle flotte, riduzione delle emissioni generate da voli interni (promuovendo l’uso alternativo del treno), fino all’impegno ad utilizzare carburanti ecologici.

L’Olanda invece ha approvato un pacchetto di sostegno a favore di Klm di 3,4 miliardi € soggetto a impegni di riduzione del numero di voli notturni da Schiphol e di dimezzamento delle emissioni di CO2 per passeggero/km entro il 2030.

Anche le misure di politica economica che si vanno definendo a livello europeo stanno spingendo verso una trasformazione strutturale di marca ecologica. Bisogna a tal proposito ricordare che il settore dipende fortemente dal sostegno pubblico, in termini di esenzioni fiscali dall’Iva e dall’imposta sul kerosene (quest’ultima valutata 27 miliardi €/anno, secondo uno studio commissionato dalla Commissione europea).

Inoltre, le compagnie aeree ottengono gratuitamente l’85% dei permessi di emissione della CO2 nell’ambito del mercato europeo del carbonio (quello relativo alle emissioni prodotte dai voli intra-UE, fuori dal programma Corsia).

La promulgazione del Green Deal e del piano di rilancio dell’economia europea Next Generation EU sembrano andare nella direzione di un deciso cambio di passo. La Commissione europea a inizio luglio 2020 ha annunciato l’intenzione di tagliare i permessi gratuiti di emissione di CO2 e ridurre l’impronta di carbonio per l’aviazione con il pacchetto RefuelEU.

Questo mira ad aumentare l’offerta e la domanda di carburanti per l’aviazione sostenibile realizzati a partire da biocarburanti avanzati o prodotti in grado di utilizzare fonti di energia rinnovabile e ha avviato consultazioni pubbliche su iniziative che mirano a massimizzare l’impatto della tassazione nel conseguimento degli obiettivi climatici dell’Ue, tra cui la revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia. Il piano di Recovery Fund europeo indica nella fiscalità green una delle fonti che maggiormente potrebbero contribuire al suo finanziamento.

Mentre da un lato l’Ue lavora per appesantire gli oneri ambientali delle compagnie aeree, dall’altro progetta di mobilitare ingenti investimenti per spostare quote di traffico dal volo alla ferrovia, sempre in nome di una migliore performance climatica.

Nel giugno scorso 24 paesi europei hanno concordato l’elaborazione di un piano di rafforzamento del trasporto ferroviario internazionale al fine di renderlo più competitivo sulle medie-lunghe distanze rispetto al trasporto aereo, richiamando l’obiettivo della neutralità climatica previsto dal Green Deal e il continuo aumento delle emissioni di gas serra del settore trasporti.

Il 2021 è stato designato dalla Commissione europea come l’Anno europeo delle ferrovie, con l’obiettivo di evidenziare i vantaggi del trasporto ferroviario in quanto modalità di trasporto sostenibile, intelligente e sicura. L’obiettivo dichiarato è aumentare la quota di passeggeri ferroviari per i viaggi compresi tra 300 e 800 km, contrastando così i voli a corto raggio.

In questo scenario quale futuro per il trasporto aereo? È evidente che gli operatori del settore si trovano nella difficile posizione di dover conciliare un impegnativo lavoro di rilancio del traffico con la necessità di uscire dall’angolo dei “negligenti ambientali” che quote sempre più ampie di opinione pubblica e istituzioni sembrano vogliano evidenziare. Non è detto che questi due obiettivi siano necessariamente divergenti. Molto dipende da come verranno approcciati.

Sarà certamente fondamentale che ciascun pezzo della filiera (compagnie aeree, aeroporti, fornitori di servizi di navigazione aerea, produttori di aeromobili) cominci a guardare ai problemi da affrontare in maniera integrata e con spirito di cooperazione, superando le tradizionali tensioni intra-competitive sul piano del business così come la gestione “a silos” di sfide ambientali in realtà profondamente interconnesse.

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