Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Perché investire nella Difesa. Parla Tripodi (FI)

Conversazione con Maria Tripodi, capogruppo FI in Commissione Difesa alla Camera, a margine dell’incontro con i rappresentanti dell’industria di settore: Leonardo, Fincantieri, Iveco Defence Vehicles, Lockheed Martin e Aiad. “Le aziende chiedono prima di tutto una maggiore attenzione, da tradursi in investimenti certi e maggiore celerità nell’approvazione dei provvedimenti”

Investire nella Difesa per rilanciare l’economia nazionale e accrescere il peso dell’Italia nel mondo. È così che Maria Tripodi, capogruppo di Forza Italia presso la Commissione Difesa della Camera, sintetizza a Formiche.net l’incontro che giovedì ha promosso su “Industrie della difesa, una forza per il Paese”. Insieme ad Antonio Tajani e al sottosegretario Giorgio Mulè, vi hanno preso parte tra gli altri il presidente di Leonardo Luciano Carta, l’ad di Fincantieri Giuseppe Bono, l’ad di Iveco Defence Vehicles Claudio Catalano, il direttore Europa e Nato di Lockheed Martin Luigi Piantadosi, e il segretario generale dell’Aiad, Carlo Festucci. “È stato un utile spazio di confronto – ha spiegato Tripodi – un dibattito molto franco sulle esigenze del comparto”.

Quanto conta il dialogo tra politica e industria in questo particolare settore?

Tantissimo. È fondamentale tutelare tutto il comparto industriale nazionale, dalle grandi aziende a quelle piccole, con tutta la filiera collegata.

Perché?

Perché è un comparto strategico per il Paese. Maggiori investimenti in questo campo si traducono in maggiori capacità per le Forze armate, in crescita economica e posti di lavoro, ma anche nel rafforzamento del ruolo dell’Italia nel contesto internazionale e nel rapporto con i partner stranieri. In tal senso, ho tenuto particolarmente a promuovere questo incontro perché credo che, essendo al governo, il nostro sottosegretario Giorgio Mulè possa dare un ottimo contributo e offrire quelle risposte che magari, fino ad oggi, non sono arrivate.

Quali input arrivano dal comparto industriale?

Si percepisce il fatto che le aziende chiedono prima di tutto una maggiore attenzione, da tradursi in investimenti certi e maggiore celerità nell’approvazione dei provvedimenti, tutte cose che facilitano il loro lavoro. Non dimentichiamoci che, se parliamo di industria della Difesa, non facciamo riferimento solo alla produzione che realizza, ma anche a decine di migliaia di posti di lavoro su tutta la filiera. In sintesi, le richieste del comparto corrono su due direttrici: un maggiore rafforzamento del sistema-Paese nel suo complesso; e una riconsiderazione di questo settore in quanto strategico per il Paese.

L’ultima legge di bilancio ha introdotto uno strumento pluriennale ad hoc per la Difesa. Il ministro Guerini ha promesso impegno per confermarlo nelle prossime finanziarie. Pensa che si possa fare?

Credo che il ministro Guerini stia facendo un ottimo lavoro su questo filone. Potenziare gli investimenti diretti al comparto industriale, e alla Difesa nel suo insieme, rappresenta un volano di sviluppo, di crescita e di rafforzamento di postura internazionale, come certificato dal Documento programmatico pluriennale. Vedo dunque in modo favorevole lo strumento introdotto con l’ultima legge di bilancio, e ho sensazioni ottime sugli anni a venire. L’ultimo Dpp ha certificato un incremento percentuale consistente rispetto ai precedenti documenti programmatici.

Spesso, superando il cerchio degli “addetti ai lavori”, risulta difficile spiegare perché occorre investire nella Difesa. È il famoso gap sulla “cultura della Difesa”. Come superarlo?

Si deve raccontare la verità. Il politico, prima degli altri, deve avere contezza del valore della Difesa. Purtroppo, siamo stati abituati da anni di narrativa distorta da parte di ambienti ideologizzati. Se ne esce raccontando la verità, e cioè che investire alla Difesa serve alle Forze armate, alla nostra sicurezza e alla nostra economia, producendo un ritorno importante su tutto il sistema-Paese. Non parliamo solo di materiali d’arma, ma anche di mettere in sicurezza la salute dei cittadini. La pandemia lo ha confermato. Io faccio sempre l’esempio del trasporto in biocontenimento dei positivi al Covid-19. Ecco, questo è possibile solo con le tecnologie delle nostre Forze armate, prodotte dalla nostra industria.

Un’ultima battuta sull’Afghanistan. Lei ha criticato le parole del ministro Di Maio per annunciare il piano di ritiro…

Penso che, quando si parla di politica estera, occorra mantenere sempre un approccio sobrio e istituzionale. Un evento come il ritiro dall’Afghanistan non può essere rivendicato da una parte politica. È una decisione maturata all’interno della Nato, di cui l’Italia è membro importante, e sarebbe opportuno comunicarla sobriamente. In tal senso, ho notato con soddisfazione che lo ha fatto il ministro della Difeso. Personalmente, conservo una visione estremamente rispettosa di quello che il Paese e le Forze armate hanno fatto negli ultimi vent’anni per costruire un nuovo Afghanistan. Oltre agli aiuti e all’addestramento delle forze afghane, abbiamo pagato un grande contributo in termine di caduti.

×

Iscriviti alla newsletter