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Sofagate, foto di un declino. L’opinione di Alessandro Butticè

L’immagine di Ursula von der Leyen imbarazzata e in piedi di fronte al dittatore turco, e al presidente del Consiglio dell’Ue è l’immagine di quello che è diventata oggi la Commissione Europea. In un’Eu dove vige la legge del più forte. Che non è quella dello stato di diritto. Un commento del generale in congedo della Guardia di Finanza Alessandro Butticé, per anni uno dei portavoce della Commissione Europea

Quello della tristissima scena della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in piedi senza un posto dove sedersi, di fronte al Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e al poco galante, ma anche poco presidente di quel Consiglio dell’Unione Europea che dovrebbe rappresentare nel mondo i valori europei, Charles Michel, entrambi comodamente seduti, passerà alla storia come il “sofagate”.

Michel, col candido stupore di cui solo i belgi – che amo profondamente, pur conoscendone i limiti che ogni popolo ha, al pari dei tanti che abbiamo noi italiani – ha dichiarato di essere rattristato dall’episodio. La ragione della sua tristezza sarebbe il fatto che “questa situazione ha messo in ombra l’importante e benefico lavoro geopolitico che abbiamo svolto insieme ad Ankara e di cui spero che l’Europa raccolga i frutti”. Ma è una tristezza alla quale il Presidente del principale sindacato dei funzionari dell’Ue, l’italiano Cristiano Sebastiani, ha replicato con durezza attraverso una lettera aperta. Con la quale ha a sua volta manifestato il suo personale dispiacere di dovere informare il Presidente del Consiglio dell’Ue che “l’unico risultato di questa “situazione” che ha fatto notizia nel mondo è il diffuso sentimento di ‘vergogna’, come ha giustamente sottolineato il gruppo del Partito Popolare Europeo al Parlamento Europeo”.

Perché quello della vergogna, accentuata dall’assenza di una parola di scuse da parte di Charles Michel rivolta a Ursula von der Leyen, e con essa a tutte le donne, ma anche agli uomini europei, é sicuramente la cifra che meglio descrive questa pagina nera dell’Ue. Che secondo Sebastiani, e non solo, “rimarrà per sempre negli annali e nelle menti di tutti». Vergogna, appunto. Che, come il ridicolo, «non uccide, ma mette a disagio”. Chi ha almeno il pudore di provarla. E speriamo che il noto grande ego di Charles Michel non gli impedisca almeno di provarla. Evitandogli di confermarsi il piccolo uomo che molti gli hanno addebitato di essere.

VERGOGNA DELL’UE E NON SOLO DEL SULTANO TURCO

Il convitato di pietra di questa sceneggiata europea, anche se nella veste di ospite della visita, è stato senza dubbio il presidente turco. Sul quale non voglio aggiungere altri commenti ai tanti già scritti in proposito. Considero il migliore quello, realista, asciutto e privo di ogni ipocrisia, fatto dal nostro presidente del Consiglio. Mario Draghi ha definito senza mezzi termini il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan per quello che è: un dittatore. Sia pure democraticamente eletto. Aggiungendo però che è un dittatore col quale dobbiamo avere a che fare. E questo è.

Quello che ad avviso di chi scrive più rattrista di questa “situazione” (come la definisce Michel) sono invece le responsabilità interne all’Ue ed alle sue istituzioni. Sicuramente permeabili al dividi et impera utilizzato da tanti. E non solo dai turchi.

Istituzioni che hanno dimostrato essere state incapaci di evitare lo schiaffo del sultano a valori fondamentali dell’Unione Europea. Complice, ovviamente, la cialtroneria dimostrata da chi quell’incontro l’ha organizzato (o avrebbe dovuto farlo) anche dal punto di vista protocollare. E le responsabilità, per chi ha un po’ di esperienza nell’organizzazione di simili eventi, non sono certamente solo turche.

Le posizioni assunte da Charles Michel, dal suo entourage e dal suo comunicato stampa, come denunciato da Sebastiani, “hanno cercato di giustificare ciò che è chiaramente ingiustificabile, ed hanno solo peggiorato la situazione”.

“Come osa varcare l’ultima frontiera del ridicolo affermando, di fronte a un disastro protocollare di tale portata, che questa visita è stata “il risultato di una meticolosa preparazione e di un lavoro diplomatico svolto nel corso di molti mesi?”.

Un’inchiesta è stata aperta per stabilire come sia potuto accadere questo incidente diplomatico. E dovrebbe verificare quali siano stati gli errori e le responsabilità. Nell’organizzazione di una visita nella quale, secondo il ministro degli Esteri turco, è stato scrupolosamente rispettato il protocollo “proposto dalle istituzioni europee”. Ed il ministro turco non è smentito dalla nota interna del capo del protocollo del Consiglio, il francese Dominique Marro. Dalla quale appare evidente che all’incontro preparatorio del 5 aprile, tra il servizio di protocollo presidenziale turco e l’Ue, era presente solo il protocollo del Consiglio. Assente invece la delegazione dell’Unione europea, co-organizzatrice della riunione. Con l’eccezione del responsabile della sicurezza regionale. Delegazione che fa capo all’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza, il socialista spagnolo Josep Borrell. Per la Commissione Europea era presente invece solo un addetto alla sicurezza di Ursula von der Leyen. L’assenza del servizio di protocollo della Commissione potrebbe essere compresa se giustificata dal desiderio di ridurre spese inutili. Forse nell’illusione che il protocollo del Consiglio non debba avere bisogno della presenza dei colleghi della Commissione per ricordare ai turchi che la loro Presidente ha diritto ad un posto adeguato alla sua alta funzione dove potersi sedere.

“La visita dei locali è stata breve e le sale riunioni e da pranzo non erano accessibili, nonostante le nostre richieste, perché ritenute troppo vicine all’ufficio del presidente Erdoğan”, si legge con sorpresa nella nota di Marro. Il candore del capo del protocollo del Consiglio diventa però sconcertante quando sembra volersi e potersi giustificare affermando che “se fosse stata visitata la sala del tête-à-tête, avremmo suggerito ai nostri ospiti di sostituire, per cortesia, il divano con due poltrone per il Presidente della Commissione”.

Per risultare persino irritante quando afferma che «è stato il presidente del Consiglio europeo a suggerire di includere anche il presidente della Commissione nella fotografia dei due presidenti per illustrare l’incontro». Dando l’impressione di suggerire che Ursula von der Leyen debba persino ringraziare la graziosa concessione del galantuomo belga, del fatto che la Presidente della Commissione Europea, da sempre guardiano dei trattati e di tutti i valori fondamentali che l’Ue rappresenta nel mondo, oltre che per oltre mezzo miliardo di cittadine e cittadini europei, sia apparsa nelle foto assieme ai due signori presidenti.

Qualcuno pagherà per questo incidente diplomatico che molti considerano un affronto ai valori fondamentali dell’Unione? Oltre che ad Ursula von der Leyen, e di fatto a tutte le donne europee.

LA DECADENZA DEL RUOLO DELLA COMMISSIONE HA SEGNATO L’INIZIO DELLA CRISI DELL’UE

Ma al di là della speranza che qualcuno paghi davvero per lo smacco subito, in quella foto che ha fatto il giro del mondo resta impressa l’immagine più simbolica decadenza dell’Unione Europea. Cominciata – e va detto forte e chiaro – col progressivo decadimento del ruolo della Commissione Europea. Dopo l’epoca d’oro di Jacques Delors. Alla quale ha dato il più grande contributo, durante ben due mandati, José Manuel Durão Barroso. Che passerà alla storia per aver abbassato la Commissione Europea al ruolo di Segretariato esecutivo del Consiglio. Quando invece dovrebbe essere l’unica istituzione, assieme al Parlamento Europeo, che rappresenta davvero i cittadini. Quale custode super partes e garante dei veri interessi e valori comuni europei. A cominciare dallo stato di diritto. E non quelli di bottega –legati a interessi politici e di clientela elettorale nazionale – dei governi degli Stati Membri. Abituati da sempre a nascondere le proprie responsabilità e incapacità dietro la foglia di fico di Bruxelles. Governi nazionali che sono rappresentati dal Consiglio. E i sovranisti nostrani, se veramente patrioti come dicono di essere, dovrebbero ricordarsi che maggiore potere al Consiglio significa da sempre maggiore potere ai governi dei soliti paesi che più di altri sanno far valere i propri interessi. Anche se non sempre sono quelli dei loro cittadini. Figuriamoci quindi quelli dei cittadini degli altri Paesi. All’insegna di quell’euro-egosimo sovranista che sta distruggendo il progetto europeo.

L’IMMAGINE DELLA VERGOGNA PER PICCOLI UOMINI DALL’EGO SMISURATO

Quell’immagine della tedesca Ursula von der Leyen imbarazzata e in piedi di fronte al dittatore (anche se eletto democraticamente) turco, ed al Presidente del Consiglio dell’Ue è l’immagine di quello che è oggi l’Unione Europea. Schiava della legge del più forte, che non è quella della legge è uguale per tutti e a vantaggio di tutti. Non può quindi passare inosservato neppure il particolare non irrilevante che il capo della Delegazione Ue in Turchia sia un diplomatico tedesco. Di quella Germania vicina alle elezioni che conta milioni di elettori di origine turca. Ma neppure il fatto che il presidente del Consiglio dell’Ue, che ha dimostrato di coniugare un grande ego a scarsa galanteria, abbia il passaporto di un piccolo paese. Ego e passaporto che ricordano molto quelli del portoghese Barroso. Cui molti addebitano la colpa di avere abdicato al suo ruolo di guardiano indipendente dei Trattati e dei valori Ue. Per ricoprire quello di super segretario, se non di valletto, dei governi più forti. Quegli stessi che lo hanno sostenuto per un decennio. Durante il quali ha reso loro non pochi servizi. Prima di essere assunto, al termine del secondo mandato, da Goldman Sachs. Senza apparente vergogna personale. Seppure con il più grande biasimo di chi ancora crede nell’ideale e nel sogno europeo.


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