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La variante indiana colpisce anche la Via della Seta

Di Arduino Paniccia e Vas Shenoy

L’8 maggio si terrà il vertice Ue-India per rilanciare i legami e rispondere all’espansionismo cinese. L’analisi di Arduino Paniccia, presidente di ASCE Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia, e Vas Shenoy, presidente dell’associazione Sakshi (Napoli)

La battaglia dell’India contro la seconda ondata della pandemia Covid-19 sta oscurando la importante conferenza tra i leader di Unione europea e India, prevista per l’8 maggio prossimo in Portogallo. La gravità della situazione ha costretto gli organizzatori a riprogrammare l’incontro online.

Questo vertice Ue-India, evento chiave per la presidenza di turno portoghese, contemplava anche l’incontro di persona con il primo ministro indiano Narendra Modi, al quale avrebbe fatto poi seguito la missione di quest’ultimo a Parigi e, probabilmente, in altre capitali europee, per definire un approccio più incisivo e concreto di Francia e Germania al Quad.

La “variante indiana” del coronavirus ha costretto anche il primo ministro britannico Boris Johnson a cancellare per la seconda volta quest’anno la sua visita in India, dopo quella prevista a gennaio, quando, subito dopo la Brexit, invitato a Nuova Delhi in qualità di ospite d’onore per i festeggiamenti relativi alla nascita della Repubblica Indiana, fu costretto ad annullare la partenza a causa del peggioramento della situazione pandemica nel Regno Unito.

In ogni caso, l’Unione europea sta mostrando una forte solidarietà con l’India e ha annunciato l’invio di aiuti per contenere la seconda ondata e inoltre, affiancandosi alla dottrina Biden, non solo si avvicina alle proposizioni del Quad ma, insieme alla Nato, inizia a ridefinire una strategia inclusiva dell’Indo-Pacifico e per imporre un ordine basato sul rispetto delle regole internazionali.

Il primo ministro portoghese Antonio Costa ha definito il vertice il “gioiello della corona” della sua presidenza. Costa, di origini indiane, prevede importanti progressi sul lungo negoziato per l’accordo di libero scambio Ue-India, in discussione dal lontano 2007, e punta a sbloccarne i temi centrali (connettività, infrastrutture digitali e trasporti) nel corso del summit.

Nel consesso, con molta probabilità, saranno affrontate anche le questioni relative all’implementazione e al lancio del 5G, con tutte le preoccupazioni emerse negli ultimi tempi per la sicurezza relative alle società di telecomunicazioni cinesi che forniscono apparecchiature e tecnologia. L’agenzia Reuters ha recentemente riportato che il governo di Modi sta valutando un incentivo di un miliardo di dollari cash per ogni azienda che deciderà di produrre chip in India.

La spesa per il lancio del 5G è certamente imponente, l’Ue dovrebbe stanziare oltre 350 miliardi di dollari e l’India circa 70, con molti punti interrogativi sia sul fronte della proprietà intellettuale, sia sulla possibilità di mantenere una chiara indipendenza, in una filiera ad alto contenuto tecnologico e dalla assoluta predominanza cinese.

Tutto ciò contrasta, tuttavia, con la firma, forse troppo affrettata, nel dicembre 2020, dell’accordo globale sugli investimenti tra l’Ue e la Cina (Cai), peraltro seguita da un’irrituale inversione di marcia, con dure dichiarazioni sulla violazione dei diritti umani nella Repubblica popolare cinese nello Xinjiang, nella Mongolia interna e a Hong Kong.

Il 19 aprile scorso, il Consiglio europeo ha definito strategica la cooperazione con la regione indo-pacifica, tanto che il ministro degli Esteri portoghese Augusto Santos Silva ha affermato che il miglioramento di tali relazioni è il mezzo per riequilibrare legami troppo vincolanti con Pechino, rilevando anche che, di fatto, l’Ue è già il primo partner commerciale dell’India.

La maggiore cooperazione Ue-India può portare anche a investimenti congiunti anche in Paesi terzi strategici per entrambi i partner. Se i finanziamenti Ue non dovessero coprire tutti gli investimenti necessari a tale scopo, grandi gruppi privati indiani, come Tata e Adani, con il clamoroso e redditizio successo commerciale in Africa e nel Sud-Est Asiatico, potrebbero affiancarsi con una formula mista, incoraggiando i governi africani ad abbandonare la loro dipendenza dai progetti finanziati dai cinesi. Ciò rappresenterebbe un possibile nuovo strumento di politica estera comune indo-europea anche per contenere l’iniziativa cinese Bri, una nuova Via del cotone alternativa alla Via della seta.

Un altro elemento chiave degli interessi di Nuova Delhi e Bruxelles è rappresentato dalle fonti di energia rinnovabile. L’India ha un importante programma di progetti fotovoltaici ed eolici e l’impegno da parte di grandi gruppi del settore privato per diventare carbon neutral entro il 2050. La recente spinta sull’idrogeno genererà iniziative sostenibili per il processo di decarbonizzazione. L’International Solar Alliance, con sede a Nuova Delhi, ha, tra l’altro, accolto l’Italia quale Stato membro tra i 124 già aderenti. Tutte queste azioni avranno l’importante risultato di combattere concretamente il cambiamento climatico.

In sintesi, nella strategica regione Indo Pacifica, certamente l’India è l’unica democrazia di dimensioni tali da rappresentare un perno di riferimento per Stati Uniti, Nato e Ue e, con le rapide evoluzioni della geopolitica globale, molti Paesi europei hanno stretto con essa rapporti più consistenti: la Francia è già parte integrante della Indian Ocean Rim Association (Iora) e anche l’Italia ha infittito le sue relazioni diplomatiche ed economiche.

La proiezione marittima francese può essere implementata da altri Paesi dell’Unione europea per garantire la sicurezza nel teatro indo-mediterraneo allargato.

Il vertice portoghese deve quindi proiettarsi aldilà delle ombre della pandemia, dando segnali incisivi a tutti i partecipanti che il lavoro di squadra è il metodo per garantire la crescita globale sostenibile e la sicurezza per gli anni a venire.



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