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Italia-Libia, la storia è della nostra parte. Parla l’amb. Trupiano

L’ultimo ambasciatore italiano nella Libia di Gheddafi spiega perché il Trattato del 2008 è la base su cui ricostruire i rapporti tra i due Paesi. Il primo passo? La riapertura del consolato a Bengasi

Francesco Paolo Trupiano, ultimo ambasciatore d’Italia nella Libia di Muammar Gheddafi, si dite “per nulla sorpreso” dal fatto che il rilancio dei rapporti tra i due Paesi passi dal Trattato di cooperazione, amicizia e buon vicinato, sottoscritto a Bengasi del 2008 (e a cui la legge numero 9 del 6 febbraio 2009 ha dato esecuzione). Riattivarlo è fondamentale, ha detto il premier del governo di unità nazionale libico Abdulhamid Dabaiba al presidente del Consiglio Mario Draghi indicando anche da dove partire: “Una delle questioni più importanti da riattivare è l’Accordo di amicizia del 2008, a cominciare dalla costruzione dell’autostrada”.

In una celebre foto di quella firma di 12 anni e mezzo fa si vede l’ambasciatore Trupiano alla destra dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: “Gli stavo indicando dove mettere la sua firma”, spiega oggi a Formiche.net.

Era il 30 agosto 2008 e il giorno successivo l’ambasciatore annotava quanto segue sul suo diario: “Al di là di ogni enfasi retorica, si tratta di accordo storico in quanto tocca proprio la storia dei due [P]aesi. Un capitolo di questa storia, iniziato nel settembre del 1911 s’è chiuso ieri, dopo quasi un secolo”.

Il diario è diventato poi un libro, “Un ambasciatore nella Libia di Gheddafi” per Greco&Greco editori, in cui l’ambasciatore Trupiano rivela come “ancora in mattinata, durante l’ultimo incontro prima della firma, Gheddafi ha rimesso in discussione il testo pazientemente concordato a Roma”. Più avanti, sempre nelle pagine del 31 agosto 2008, scrive: “Dopo le intese con Stati Uniti, Regno Unito, Francia e la chiusura del contenzioso per le infermiere bulgare, il Trattato con l’Italia completa il processo i pieno reinserimento della Libia nel contesto internazionale”. E ancora: “Gheddafi può ora bandire di aver chiuso i conti con il suo stesso passato”.

A storia e passato l’ambasciatore Trupiano fa grande riferimento oggi: “Dobbiamo far contare la storia”, dice. “La presenza italiana in Libia, dall’immediato dopoguerra, è sempre stata forte. Anche nelle fasi difficili, comprese quelle più recenti. E se vogliamo sfruttare la parte storica del rapporto tra i due Paesi non possiamo che ripartire dal Trattato del 2008”, che ha nella cosiddetta Autostrada della pace l’elemento più forte anche a livello simbolico. Un’intesa che, ricorda Trupiano “era nata dalla volontà di Gheddafi di rinegoziare l’accordo del 1956”.

Il caso vuole che oggi a Tripoli ci siano anche Kyriakos Mītsotakīs, primo ministro della Grecia, Paese in cui Trupiano è stato ambasciatore subito dopo l’esperienza di sei anni (dal 2004 al 2010) in Libia. “Lì abbiamo interessi in comune”, diceva l’ambasciatore riferendosi a Italia e Grecia. “A partire dall’energia – pensiamo alle mire di Ankara che preoccupano Atene – e dai flussi migratori”.

Se il primo punto nell’agenda italo-libica è il Trattato del 2008, qual è il secondo? Secondo l’ambasciatore Trupiano il prossimo obiettivo dell’Italia è “la riapertura del consolato generale a Bengasi”. Il nostro Paese ha sempre mantenuto aperta l’ambasciata a Tripoli, guidata da due anni da Giuseppe Maria Buccino Grimaldi (al suo secondo incarico nella capitale libica visto che nel 2011 fu lui a sostituire Trupiano). Trupiano ricorda ancora benissimo l’assalto al nostro consolato – “incendiato, vandalizzato” – nel 2006, in cui persero la vita 11 libici. “La Libia è divisa storicamente in due zone diverse. E anche in Cirenaica noi ci siamo sempre stati. C’è ancora un edifico di proprietà del Demanio italiano”, ricorda.

Con il governo di Dbeibah sembra caduto anche il veto tripolino che negli ultimi tempi aveva suggerito all’Italia cautela su Bengasi. La strada verso la riapertura del consolato nella città della Cirenaica sembra oggi un po’ più in discesa.



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