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Se la Cina tifa per l’autonomia strategica Ue (e fa pressing sulla Merkel)

Colloquio tra Xi e Merkel. Il presidente cinese auspica che l’Ue raggiunga una vera autonomia strategica. Darnis (Fsr/Iai) spiega perché, con Biden e un’accelerazione transatlantica in vari Paesi (anche l’Italia di Draghi), Pechino non può più sperare che i 27 siano equidistanti tra Stati Uniti e Cina

Chi tifa per l’autonomia strategica europea? Xi Jinping. Il presidente cinese ha avuto un colloquio telefonico oggi con la cancelliera tedesca Angela Merkel, nel quale ha esortato Germania e Unione europea a compiere sforzi congiunti per proteggere e promuovere “lo sviluppo sano e stabile” della loro cooperazione per dare più certezza e solidità a un mondo instabile. Sostenendo che lo sviluppo della Cina è stata un’opportunità per l’Unione europea, ha invitato i 27 “a esprimere un giudizio corretto in modo indipendente e a raggiungere una vera autonomia strategica”.

Pechino decide dunque di fare leva su Berlino, auspicando che l’accordo sugli investimenti con l’Unione europea raggiunto alla fine dell’anno scorso non venga bocciato dal Parlamento europeo. La spiegazione sta nelle parole del presidente Xi citato da Cctv: “Per cinque anni consecutivi la Cina è stata il principale partner commerciale della Germania. Ci auguriamo che la Germania rimanga aperta e allarghi la cooperazione tra le aziende dei nostri Paesi”.

Le ricostruzioni dei media statali cinesi citano l’impegno cinese a collaborare su cambiamenti climatici e multilateralismo oltreché contro il “nazionalismo vaccinale”. Ma non fanno riferimento alle recenti sanzioni e contro-sanzioni tra Unione europea e Cina né all’accordo di fine 2020. Il presidente Xi avrebbe detto soltanto: “L’anno scorso abbiamo avuto svariati colloqui e abbiamo svolto un ruolo di primo piano nelle relazioni Cina-Germania e Cina-Unione europea. E siamo stati in grado di fare qualcosa di importante e significativo”.

Formiche.net ha raggiunto telefonicamente Jean-Pierre Darnis, ricercatore associato della Fondation pour la recherche stratégique di Parigi, docente all’Université Côte d’Azur di Nizza e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali. L’esperto ha appena pubblicato un rapporto per il centro studi francese dal titolo “L’Union européenne entre autonomie stratégique et souveraineté technologique : impasses et opportunités”.

Secondo Darnis le parole del presidente Xi mostrano “un certo nervosismo da parte della diplomazia cinese. Dopo aver attaccato ricercatori in Francia e altrove, spinto anche i più moderati su posizioni più dure verso Pechino e fatto sì che i sostenitori di un approccio mercantilistico alle relazioni con la Cina finissero nell’angolo, ora appare in difficoltà. Una Cina più legata a Confucio sarebbe stata certamente più attendista”, aggiunge.

“L’autonomia strategica vista dai cinesi era ed è una buona operazione perché può portare a maggior distaccamento dell’Europa dagli Stati Uniti”, continua. “Xi preme su questo lato seguendo un classico pragmatismo cinese. Ma probabilmente ha anche capito che questa interpretazione dell’autonomia strategica europea come ‘terza via’ poteva essere valida sotto l’amministrazione Trump. Ora le cose sono cambiate. È arrivato Joe Biden e si è vista un’accelerazione transatlantica nei vari Paesi europei – anche in Italia con l’avvento di Mario Draghi. Così oggi si parla di un’autonomia europea che sia compatibile con la Nato e con la politica estera e di sicurezza tradizionale. Non si parla più, dunque, di equidistanza tra Stati Uniti e Cina. Perfino il presidente francese Emmanuel Macron sta rivedendo le sue posizioni rielaborando il concetto di autonomia strategica riportandolo sugli orizzonti classici dell’Europa”, conclude Darnis.

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