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L’Italia delle infrastrutture c’è. Il segnale che serviva nel report della Camera

Non è vero che l’Italia è un Paese immobile e atrofizzato. Al netto del Pnrr oggi ci sono progetti e cantieri per oltre 300 miliardi e togliendo la parentesi del lockdown dello scorso anno, la spesa per gli investimenti è in costante aumento. Ma occhio al fabbisogno, dove sarà essenziale il contributo del Pnrr

Se c’è un periodo in cui si può assistere a un vero rinascimento infrastrutturale è proprio questo. Il Pnrr recante la firma di Mario Draghi che vale 248 miliardi, è da qualche giorno sul tavolo di Ursula von der Leyen, prossimo all’esame da parte della Commissione europea. Dentro, come noto, c’è un po’ di tutto. Ma è proprio questo il punto, per la buona riuscita dell’operazione che può valere non meno di tre punti percentuali di Pil al 2026, occorre capire dove e come mettere le mani per non vanificare l’immane sforzo.

Un aiuto arriva dal servizio studi della Camera, il cui servizio studi ha elaborato un corposo rapporto, visionato da Formiche.net, nel quale viene fatto il punto sulla realizzazione e lo stato di avanzamento delle infrastrutture considerate strategiche per l’economia e il benessere del Paese.

UN PERIMETRO LUNGO 305 MILIARDI

Tanto per cominciare, la dimensione del discorso. Ad oggi il costo complessivo delle infrastrutture strategiche e prioritarie programmate ammonta a 305 miliardi di euro. Di questi, ben 262, circa l’86%, sono riferiti a infrastrutture prioritarie, ovvero a programmi e interventi prioritari individuati con i Def 2015, 2017, 2019 e 2020 e a interventi infrastrutturali da sottoporre a commissariamento. Dunque, il governo deve partire dal fatto che il monte-infrastrutture per i prossimi anni va ben oltre lo stesso Recovery Plan italiano.

Per quanto riguarda i restanti 42,9 miliardi (il 14%) sono riconducibili a infrastrutture strategiche non prioritarie, ovvero a quelle infrastrutture non inserite nei documenti sopra citati. C’è un dato interessante, poi, tra le pieghe delle quasi 150 pagine del rapporto. E cioè che rispetto al 2019, il costo delle infrastrutture monitorate risulta in aumento di circa 32,3 miliardi. Questo vuol dire che l’Italia, seppur timidamente, ha intrapreso la strada dei cantieri e delle opere.

LO STATO AVANZA

Un secondo aspetto che emerge dal rapporto, è il progressivo aumento del peso pubblico nel finanziamento delle infrastrutture strategiche. “Le risorse complessivamente disponibili al 31 dicembre 2020 ammontano a 205 miliardi, il 67% del costo previsto, e il fabbisogno residuo, necessario per completare le infrastrutture programmate, ammonta a circa 100 miliardi (33%)”, si legge. Il contributo pubblico rappresenta l’83% (169,6 miliardi) e quello privato il restante 17% (35,3 miliardi). A ottobre 2019, su un ammontare di risorse disponibili di 199 miliardi, il contributo pubblico rappresentava il 78% (155 miliardi) e quello privato il 22%, segno di un’avanzata dello Stato nel finanziamento delle grandi opere.

Secondo gli economisti, “la minore disponibilità di risorse private, relative principalmente a autostrade e aeroporti, è da ricondurre principalmente alle problematicità legate all’affidamento in concessione di nuove tratte autostradali o al rinnovo di concessioni in essere e all’esigenza di verifica delle strategie di sviluppo di alcuni dei principali scali aeroportuali nazionali anche a seguito della crisi epidemiologica da Covid-19”.

OBIETTIVO PORTI E FERROVIE

Stringendo il campo, gli investimenti italiani in infrastrutture correranno essenzialmente su due binari: le ferrovie e i porti. “L’analisi evidenzia la centralità delle ferrovie alle quali spetta quasi la metà del costo complessivo (128,497 miliardi su 262,321 miliardi totali)”, si legge nel rapporto.

Non mancando di sottolineare come “la netta prevalenza delle infrastrutture ferroviarie non sorprende in quanto è un risultato conforme alle linee programmatiche del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che mirano a uno sviluppo di sistemi integrati di trasporto per una mobilità sostenibile, a lunga percorrenza e locale, anche al fine di ridurre l’inquinamento nelle città e procedere nel percorso di decarbonizzazione”. C’è però un problema. E cioè che alla voce ferrovie, su 128 miliardi di spesa, c’è un fabbisogno del 52%, oltre 66 miliardi. Soldi che lo Stato ad oggi non ha e che da qualche parte deve reperire. E qui entra in gioco il Pnrr.

TRA FABBISOGNO E PNRR

Come detto c’è un problema di fabbisogno per completare i piani di investimento, sia per quanto riguarda l’intero piano sia al capitolo ferrovie. Un gap che solo un buon uso del Pnrr può colmare. “Saranno fondamentali le risorse che verranno rese disponibili a valere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza al fine di rendere, entro il 2026, il sistema infrastrutturale più moderno, digitale e sostenibile, in grado di rispondere alla sfida della decarbonizzazione indicata dall’Unione europea con le strategie connesse allo European Green Deal”, chiarisce il rapporto.

D’altronde, nello stesso Pnrr, a fronte di risorse complessive pari a 191,5 miliardi, circa 24,77 miliardi sono destinati a investimenti sulla rete ferroviaria e in particolare a progetti per il completamento dei principali assi ferroviari ad alta velocità ed alta capacità, all’integrazione fra questi e la rete ferroviaria regionale e alla messa in sicurezza dell’intera rete ferroviaria.

L’ITALIA SULLA (BUONA) STRADA

Non è finita. C’è un messaggio recondito che accompagna l’intero lavoro elaborato dal servizio studi. E cioè che l’Italia non è ferma, ingessata, se l’argomento sono le infrastrutture. “Il settore delle opere pubbliche nell’ultimo biennio ha avviato una nuova fase operativa e di spesa. Secondo i dati dell’Istat aggiornati al 2 aprile 2021, dopo le flessioni del triennio 2016-2018 la spesa per investimenti della Pubblica amministrazione è tornata crescere, del 9,5% nel 2019 e del 6,7% nel 2020”.

Non ci sono dubbi, “si tratta di un dato importante vista la pesante caduta nel secondo trimestre causata dalla crisi pandemica e dal lockdown. Dopo la crescita del 6,7% nel primo trimestre del 2020, la spesa per investimenti ha registrato una contrazione dell’11,3% nel secondo trimestre, ma nel terzo e quarto trimestre dell’anno la spesa ha ripreso a crescere, rispettivamente del 18,6% e 14,7%. Anche gli investimenti fissi lordi in costruzioni degli enti locali, dopo le pesanti contrazioni del 2016 e del 2017, sono tornati a crescere del 14,9% nel 2019 e del 2,3% nel difficile 2020”. Se il buongiorno si vede dal mattino…

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