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La città nel new normal dopo il virus. Più sicura, sostenibile e connessa

Le città sono state “dimezzate” dalla pandemia. Questo scenario può essere un’occasione di rilancio, che trasformerà i luoghi urbani in chiave digitale e green, scrive Michelangelo Suigo, direttore Relazioni esterne e comunicazione Inwit

Per usare le parole di Matthew Haag, giornalista del New York Times, “Remote work is here to stay”. Il giornalista newyorkese ha infatti spiegato che Manatthan, una volta esaurita l’epidemia di Covid, non sarà più la stessa. Gli Headquarters di alcune delle principali aziende americane, come Spotify, Salesforce, o MediaMath, stando alle ultime decisioni aziendali, difficilmente ritorneranno a riempirsi. Le strategie e le politiche aziendali, sviluppate per affrontare il new normal, sembrano destinate a diventare anch’esse un elemento di normalità: smart working e forme ibride di lavoro a distanza hanno modificato profondamente l’attuale assetto urbano di New York.

Un anno dopo lo straordinario esodo di lavoratori dai loro uffici alle loro case, causa Covid-19, quella che sembrava una parentesi da chiudersi in breve tempo sta diventando un elemento strutturale della nuova normalità. Manhattan, da sempre uno degli osservatori privilegiati per comprendere lo sviluppo delle dinamiche urbane, mostra un volto nuovo, rimodellato dai vantaggi che imprese e dipendenti hanno colto con il remote working: riduzione dei costi e maggiore flessibilità. Banda ultralarga e 5G consentono a lavoratori ed aziende di rimanere in contatto, collaborando, riuscendo ad essere comunque produttivi, pur senza affrontare grandi spostamenti.

Haag ha evidenziato che oggi il 90% degli impiegati newyorkesi non sta lavorando in presenza. Percentuale che in futuro potrebbe attestarsi su valori simili o comunque di poco inferiori. Alcune delle principali aziende di Manhattan, che contano quasi 20.000 dipendenti ciascuna, hanno già annunciato che un ritorno totale del lavoro in presenza è un’eventualità assai remota. Questo esodo, se da un lato ha permesso ad aziende e collaboratori di migliorare la propria condizione economica e sociale, dall’altro lato ha avuto ripercussioni sul mercato immobiliare e sul bilancio cittadino.

Il mercato immobiliare, infatti, ha registrato un calo del 16% con una conseguente flessione delle entrate fiscali sulla proprietà di circa 2,5 miliardi di dollari per il prossimo anno. Lo scenario newyorkese porta a chiederci se questo cambio di paradigma negli assetti urbani rappresenti un unicum riscontrabile solamente nel contesto economico sociale statunitense. La domanda è, viste le analogie socioeconomiche tra le due sponde dell’Atlantico e le comuni conseguenze pandemiche, se lo stesso fenomeno possa verificarsi in Europa e in Italia. Se poniamo la nostra attenzione sulla città di Milano, a ben vedere una delle grandi città italiane costruite sul settore terziario, e mantenendo la dovuta attenzione a non cadere in semplicistiche comparazioni, si notano emblematiche analogie con quello che accade a Manhattan.

Partendo dai dati del report “Città dimezzate”, pubblicati dal Sole 24 Ore, registriamo come nel capoluogo lombardo, a settembre 2020, periodo che per condizioni si avvicinava di più ad una situazione di normalità, la percentuale di dipendenti che lavorava in presenza oscillava tra il 5 e il 60%, per una media complessiva di circa il 50%. Mentre l’afflusso settimanale medio dei lavoratori nei vari uffici cittadini è stato inferiore del 30% rispetto al periodo pre-pandemico. Dello stesso segno anche i dati riguardanti la mobilità: i flussi medi di traffico hanno registrato un -15% rispetto l’anno precedente; la situazione di crisi non ha risparmiato il trasporto pubblico, che denuncia un -50%.

Dai dati emerge una città sensibilmente cambiata, con più vuoti e meno persone tra e nei suoi palazzi. Questo scenario, che sembra prefigurare un futuro complesso, può rappresentare un’occasione di rilancio. Le città di domani dovranno infatti adattarsi alle nuove esigenze emerse in questi mesi, ripensando i luoghi urbani in chiave digitale e green. Chi per esigenze lavorative continuerà a vivere in città, valutando di lavorare da casa oppure in nuovi spazi come i coworking o in aree pubbliche opportunamente attrezzate, dovrà poter disporre di un’infrastruttura altamente tecnologica, già predisposta alla rivoluzione del 5G.

L’obiettivo è offrire ai cittadini non solo una migliore qualità lavorativa, ma anche tutti quei servizi necessari per poter vivere appieno la città. Si pensi ad esempio ai vantaggi di una pubblica amministrazione o di una sanità digitalizzate, capaci di dare risposte in tempi rapidi, oppure ad un nuovo modello di mobilità, in grado di allentare la pressione del traffico sui centri storici, restituendoli ad abitanti e turisti. Insomma, la città che ci prepariamo a vivere, probabilmente sarà meno popolata e con meno impiegati negli uffici, ma non per questo meno vivibile. Anzi, sfruttando l’occasione che ci viene data da questo momento di congiuntura, potremo finalmente soddisfare la crescente domanda di una città sicura, sostenibile e connessa.



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