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Basta martoriare il Codice degli appalti. La ricetta di Clarich

Per il professore ordinario di diritto amministrativo della Sapienza, è uno specchietto per le allodole pensare di realizzare i progetti del Pnrr solo rivedendo o addirittura cancellando del tutto il Codice dei contratti pubblici, modificato da 28 leggi e leggine dalla sua approvazione nel 2016

Tra le riforme previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) presentato dal governo alla Commissione europea a fine aprile è inclusa anche quella del Codice dei contratti pubblici.  Già uno dei prossimi decreti legge annunciati dal governo introdurrà  modifiche urgenti all’insegna della semplificazione.  In autunno verrà poi presentata una delega legislativa per avviare una riforma più organica.

Va ricordato che questo Codice è uno dei testi normativi più “martoriati” a memoria d’uomo. Ventotto leggi e leggine intervenute dopo la sua approvazione nel 2016 hanno introdotto aggiustamenti, sospensioni, deroghe, deroghe alle deroghe, ecc.. Da ultimo, il cosiddetto decreto Sblocca Cantieri del 2019 e il decreto legge sulle semplificazioni varato l’estate scorsa hanno continuato con questo metodo che traumatizza le stazioni appaltanti non in grado di tenere il passo con tante novità. Il regolamento attuativo elaborato da una commissione di esperti lo scorso anno è congelato, così come ritardano numerosi atti previsti dal Codice per metterlo a regime.

Gli esiti dei tentativi di accelerare e semplificare le procedure di gara con effluvi di norme sono stati deludenti. Una recente indagine dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) sui contratti di partenariato pubblico e privato dimostra come i problemi maggiori non sono rappresentati dal quadro delle regole.

L’indice va puntato soprattutto sulla scarsa competenza, professionalità ed esperienza delle stazioni appaltanti. Oggi esse sono troppe (circa 32.000) e non sono in grado di redigere bandi e gestire le procedure senza incappare in errori formali, anche marchiani, che danno il destro alle aziende più agguerrite di ricorrere ai giudici amministrativi.

Il Codice prevede un sistema complesso di “rating” delle stazioni appaltanti volto a consentire di gestire le gare solo a quelle più qualificate.  Per ora non si è fatto nulla date anche le resistenze delle pubbliche amministrazioni a sottoporsi a un giudizio. Uno studio recente di esperti della Banca d’Italia sottolinea l’urgenza di intervenire sul punto.

Fondamentale sarà poi l’inserimento nei ruoli delle pubbliche amministrazioni di competenze tecniche e giuridiche adeguate, anche per cogliere la sfida del digitale.  A questo fine saranno determinanti le nuove modalità di svolgimento dei concorsi annunciate dal ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta.

In ogni caso, è uno specchietto per le allodole la tesi per cui i progetti inclusi nel Pnrr possono essere realizzati solo rivedendo o addirittura cancellando del tutto il Codice dei contratti pubblici.

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