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Codice appalti, una riforma con intelligence. Scrive Caligiuri

La riforma del codice degli appalti avrà enormi ripercussioni sulla sicurezza nazionale. I nostri 007 hanno più volte sottolineato il rischio delle infiltrazioni mafiose nelle opere pubbliche, facilitate da connivenza e farraginosità della Pa. Un appello al presidente Mario Draghi di Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di intelligence

Il problema del codice degli appalti non è una questione qualsiasi. Dobbiamo, pertanto, utilizzare l’opportunità e le indicazioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per innovare le regole e modernizzare il nostro Paese attraverso importanti infrastrutture.

Siamo abituati a vedere languire nei nostri territori innumerevoli opere pubbliche, e probabilmente negli ultimi decenni una delle poche a essere realizzate è stata il porto di Gioia Tauro. (Giovanni Negri, “Il paese del non fare. Dal ponte sullo Stretto al giubileo. Viaggio nell’Italia delle occasioni mancate”, 1999). Insediamento che dopo un quarto di secolo non ha apportato alcun beneficio sostanziale allo sviluppo del territorio, se non alla ‘Ndrangheta.

Il potere del cemento è stato sempre trainante nella crescita dell’economia nazionale. Si è quindi venuto a consolidare un sistema che gestisce le grandi opere pubbliche con imprese che poi diversificano i loro interessi nell’informazione, nelle banche e nel calcio. Rendendosi indispensabili alla politica e anestetizzando un intero Paese (Alberto Statera, “Il termitaio. I signori degli appalti che governano l’Italia”, 2009)

Il tema delle infiltrazioni criminali nell’economia del Nord è da anni oggetto di studio. Quello su cui non ci si sofferma molto è il “bisogno di mafia” che esprimono questi territori, che per mantenere le condizioni economiche e realizzare per tempo le opere pubbliche subiscono senza denunciare, si voltano dall’altra parte o sono disponibili nel raccordare i comuni interessi (Federico Varese, “Mafie in movimento. Come il crimine organizzato conquista nuovi territori”, 2011).

Una parte di Sud, nell’accezione calabra, è stata recentemente considerata “una terra perduta”. La vicenda della Salerno-Reggio Calabria conferma e rilancia su scala nazionale questa definizione, mettendo in risalto le connivenze e i reciproci interessi tra grandi imprese del Nord e imprese mafiose del Sud. Si crea un sistema di reciproca convenienza che riduce i costi economici e penalizza i diritti (Antonello Mangano, “Zenobia. Dalla Salerno-Reggio Calabria ai cantieri del Nord. Il laboratorio dei rapporti tra ‘ndrangheta e imprese”, 2013).

Cosa potrebbe succedere adesso nella gestione degli appalti in questo periodo pandemico? Il nostro è un Paese che da venticinque anni ha come struttura sociale portante la corruzione, senza alcuna sostanziale differenza tra destra e sinistra. (Giorgio Galli, “Il golpe invisibile. Come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo stato di diritto”, 2015).

La lettura di questi libri possono essere utili per contestualizzare l’argomento del codice degli appalti, che è stato emanato sulla base di direttive europee direttamente applicabili che tendevano a garantire la concorrenza e che noi abbiamo curvato sull’anticorruzione.

Per la sua estrema rilevanza nell’economia, questo aspetto incide in modo evidente anche sulla sicurezza nazionale, diventando un argomento importante nelle attività dell’intelligence. Negli altri Paesi il settore della esecuzione delle opere sembra offrire esempi differenti, mentre da noi la lentezza e la problematicità degli interventi provocano una continua emergenza.

La recente voragine su una strada di Roma sottolinea infatti una storia non nuova, per ricordare la quale si potrebbe fare riferimento anche al caso Moro. Ricordava Mario Moretti: “Chiarire alcuni particolari rischia di diventare un falso problema. C’è la volontà di accumulare indizi dietrologici per dimostrare che c’è una manovra oscura. Prenda l’esempio di Via Gradoli. È di una banalità sconcertante, ma è noto a tutti che è così. Nel senso che un gabinetto che si rompe non può essere imputato a nessuno, se non ai palazzinari romani che fanno male le case. E questo è un fatto noto”.

Sugli appalti, si è creato un sistema di regole sul quale occorre necessariamente porre mano, in quanto non è funzionale agli obiettivi: non facilita la realizzazione delle opere e non impedisce la corruzione e le infiltrazioni. L’attuale legislazione è quindi difficilmente difendibile.

Dall’altra parte si invoca l’efficacia del modello del “Ponte Morandi” e la circostanza che il codice degli appalti sia stato dettato dalla “logica del sospetto”. Sul ponte di Genova c’è da dire che è stato concluso in 20 mesi tra l’assegnazione dell’appalto e l’inaugurazione, superando regole e procedure. Per come vanno le cose in Italia è davvero un risultato apprezzabile.

Per completezza, dobbiamo pure ricordare che la rimozione dei detriti ha richiesto un anno dal crollo, che si è accertata una oggettiva connivenza tra interessi di “Atlantia” e insufficienti controlli del ministero dei trasporti, che esiste un accordo con il quale lo Stato, attraverso Cassa Depositi e Prestiti, si accinge a versare 19,2 miliardi di euro per riprendersi la concessione di Autostrade prima ancora che si apra il processo per i 43 morti del disastro.

Inoltre, potrebbe essere utile concentrarsi sulle ditte che hanno lavorato nei subappalti e nel movimento terra, verificandone relazioni dirette e indirette.

Non è la logica del sospetto ma del coraggio intellettuale a cui faceva riferimento Pier Paolo Pasolini: “non ho né prove, né indizi”. Appunto per questo occorre chiarire la “logica del sospetto”, anche con attività preventive dell’intelligence.

Infatti, operare con il chiaro pregiudizio giuridico di commettere comunque illeciti demotiva anche i più volenterosi e onesti dirigenti della PA, imprenditori e professionisti. È ugualmente vero che ci sono innumerevoli condanne in via definitiva per turbativa d’asta, corruzione, concussione, infiltrazioni mafiose ed altro nel settore delle opere pubbliche. La “logica del sospetto” va assolutamente bandita, ma della “logica della realtà” occorre pure prendere atto.

Allora, in queste condizioni cosa si può fare? Guardare allo stato reale delle cose, che proverei a riassumere in due punti.

Primo. Interi settori della realizzazione delle opere pubbliche sono da anni ormai fortemente condizionati dalla criminalità organizzata in tutto il Paese. Proprio sulla Salerno-Reggio Calabria esiste un rapporto di intelligence inserito nella Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia del 2008 che dimostra la profondità di queste infiltrazioni.

Secondo. Le regole legislative attuali non sono in gran parte funzionali nè alla realizzazione delle opere nè a impedire degenerazioni. Occorre partire da queste evidenze per ricercare rapidamente dei correttivi. È un aspetto centrale del quale, secondo me, dovrebbe occuparsi direttamente Mario Draghi.

Mi permetto quindi di rivolgermi personalmente a Lei, Signor Presidente, invitandola, con consulenti competenti a livello europeo, a proporre una efficace normativa sul codice degli appalti.

La presenza al suo fianco del sottosegretario ai Servizi Franco Gabrielli, tra l’altro già Capo della Protezione Civile, sarà certamente utile per valutare l’impatto delle norme sulla sicurezza nazionale. E questo sia nell’ambito interno che in quello internazionale, con riferimento alla feroce guerra normativa che è in atto e che potrebbe già orientare a monte i risultati degli appalti.

Sono situazioni certamente difficili, ma solo in condizioni di emergenza possono essere assunti provvedimenti che in tempi normali non sono consentiti.

La riforma della scuola, che è quella che lei ha frequentato, venne avviata da Giovanni Gentile nel 1923 e deliberata in nove mesi. C’era Mussolini al governo, a quel tempo appoggiato da Giovanni Giolitti e Benedetto Croce.

Lei non è certo Mussolini ed ha referenti diversi. Ma ha le capacità per lasciare un segno positivo in un settore da cui dipende in modo rilevante il nostro futuro.



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