Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Nel dopo Merkel la relazione Italia-Germania sarà più forte. Della Vedova spiega perché

Intervista con il sottosegretario agli Esteri di ritorno da Berlino. “Condivido l’idea coraggiosa di Biden di aprire un negoziato al Wto” sui brevetti. “Ma non si risolve dall’oggi al domani”. Sull’asse Parigi-Berlino: “È interesse di tutti allargare all’Italia viste anche le prossime elezioni tedesche e francesi”. E sull’accordo con la Cina: “Serve una riflessione”

Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri, è da poco rientrato da Berlino. Qui ha incontrato membri del governo di Angela Merkel (i ministri di Stato Michelle Müntefering e Michael Roth) e alcuni esponenti delle forze politiche. Tra questi, Franziska Brantner e Omid Nouripour, portavoce dei Verdi rispettivamente per la politica europea e quella estera, e Jürgen Hardt e Norbert Röttgen, figure di spicco della Cdu, il primo portavoce della politica estera del partito della cancelliera, il secondo presidente della commissione Esteri del Bundestag.

Non possiamo non partire dal braccio di ferro tra la cancelliera Merkel e Joe Biden su vaccini e revoca brevetti. Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha appoggiato la proposta del presidente statunitense.

Si tratta di un tema con aspetti tecnici non banali. Condivido l’idea coraggiosa di Biden di aprire un negoziato al Wto. Ciò che è accaduto finora grazie agli investimenti delle multinazionali del farmaco è stato miracoloso. In prospettiva, però, dobbiamo essere pronti a nuove situazioni di questo tipo. Dunque, servono regole nuove più chiare. Ma non è una cosa che si risolve dall’oggi al domani. Anche perché significa avere impianti e capacità produttive all’altezza.

L’avvento di Biden a Washington e di Draghi a Roma rappresentano un’occasione per l’Italia per pesare di più nell’Unione europea e tra Francia e Germania?

Credo che da una parte la Brexit e dall’altra il cambio radicale di attitudine da parte dell’amministrazione statunitense nei confronti dell’Europa dopo i quattro anni di Donald Trump rappresentino una straordinaria occasione per rafforzare l’alleanza euroatlantica. Sappiamo che ci sono temi che rimangono sul tappeto, come gli investimenti nella difesa e il commercio. Ma sappiamo anche che verranno affrontati con una logica di confronto.

E l’Italia?

In questo senso, nel suo primo discorso al Senato il presidente Draghi ha sottolineato che il suo è un governo atlantista ed europeista. Un linguaggio che era diventato un po’ desueto, dopo gli anni più recenti, quando c’erano stati sbandamenti anche su Russia e Cina da parte dei primi governi di questa legislatura. Credo sia interesse di tutti, a partire dai tedeschi, allargare il pacchetto di mischia alla guida dell’Unione europea all’Italia. A maggior ragione all’Italia guidata da una figura importante come quella di Draghi, visto anche che nei prossimi mesi Francia e Germania saranno alle prese con le campagne elettorali.

Nella sua visita a Berlino ha incontrato anche alcuni esponenti dei partiti politici. La cancelliera Merkel lascerà la politica a settembre in occasione delle elezioni. Che impressione ha avuto dei preparativi per il post Merkel?

Un’impressione che potremmo tradurre usando una tipica espressione italiana: 1X2. È una partita straordinariamente aperta che parte da un presupposto definitivo, ovvero il ritiro dalla scena di Merkel; che ha un secondo presupposto quasi definitivo, cioè che non ci sarà un’altra grande coalizione tra socialdemocratici e cristianodemocratici; che ha un terzo elemento quasi acquisito, ossia la presenza dei Verdi al governo. Con quale formula di governo, invece, è questione ancora molto aperta. Dai colloqui che ho avuto posso dire che il prossimo governo tedesco, a maggior ragione se conterrà i Verdi, avrà un importante slancio europeista e punterà molto sul rapporto economico, politico e culturale con l’Italia.

Parliamo di Cina. Nei giorni scorsi la Commissione europea ha annunciato che gli sforzi per la ratifica dell’accordo sugli investimenti sono sospesi. Qual è la posizione del governo italiano?

La posizione del governo Draghi su questo tema e nei confronti della Cina parte dalla posizione europea. Personalmente penso che una riflessione andasse fatta anche alla luce del fatto che i tempi sono accelerati. Biden, infatti, ha un approccio più politico nei confronti della Cina e mette i diritti umani in cima alla sua agenda. Cosa che fanno anche i Verdi tedeschi e questo implica un atteggiamento da parte loro molto robusto nei confronti di Cina e Russia. Anche questo è un indizio sulla Germania post elezioni, che si preannuncia più attenta ai diritti umani e con un accentuato spirito europeista.

La ratifica dell’accordo ora è sospesa. Che cosa ci aspetta? Servirà riaprire le trattative che pur hanno richiesto sette anni?

Vedremo, non è che necessariamente debbano passare tutti questi anni. Serve una riconsiderazione dei termini del negoziato molto seria. In questo, la fase elettorale tedesca, essendo la Germania parte importante della constituency europea e partner economico più importante per la Cina tra i 27, può richiedere qualche settimana in più.

Capitolo Russia. Dalla recente ministeriale Esteri del G7 è emersa con forza la proposta di Regno Unito e Stati Uniti di una coalizione di democrazie in grado di affrontare su un piano multilaterale, come auspicato da Biden, l’ascesa dei regimi. È favorevole?

Rispetto al relativismo di Trump, questo nuovo engagement di Biden sui temi fondativi del mondo libero e democratico, e dunque dell’Unione europea, rappresenta un cambio passo molto positivo. Del resto, nella famosa conferenza stampa in cui si parlò anche di Erdogan, il presidente Draghi sottolineò il perimetro valoriale comune tra Italia, Unione europea e Stati Uniti. Ciò non significa chiudere le relazioni con i Paesi non democratici, ma che l’interesse comune del mondo occidentale passa attraverso la promozione dei valori di libertà e democrazia. È un approccio molto lungimirante, che sarà terreno di incontro ma anche di confronto tra Unione europea e Stati Uniti.

A tal proposito ci sono diverse ipotesi sul tavolo. Si parla di allargare il G7 e farlo diventare un D10, dove “d” sta per democrazie. Ma anche di “geometrie variabili” in base ai temi in oggetto: per esempio, perché coinvolgere l’Australia ma non Israele quando si tratta di tecnologia? Pensa si debba istituzionalizzare questo tipo di dialogo?

Non so se la formula giusta sia l’istituzionalizzazione. Ma certo la sostanza deve essere quella di prevederla.

×

Iscriviti alla newsletter